UNA CRISI DOPO L'ALTRA

Ripartire dalla politica per offrire modelli possibili di sviluppo. Il compito dei giovani giovani per superare la crisi. Mentre scri...

Ripartire dalla politica per offrire
modelli possibili di sviluppo.
Il compito dei giovani
giovani per superare la crisi.



Mentre scriviamo, l’umanità si sta scherzosamente “preparando” alla fine del mondo profetizzata dai Maya migliaia di anni fa. Se leggerete questo articolo, significa che il 21 dicembre 2012 è filato liscio. Ma per molte persone una catastrofe planetaria (o comunque un cambiamento epocale, secondo altre interpretazioni) non sarebbe meno terrorizzante della situazione che stanno vivendo adesso a causa della crisi.
E non stiamo affatto esagerando. La perdita del lavoro sta gettando nel panico intere famiglie, con effetti che soprattutto adesso, a quasi 5 anni dall’inizio della “catastrofe” economica, sono evidenti in tutta la loro drammaticità. L’effetto domino dei tagli all’occupazione sta irrompendo con una forza sempre più devastante nelle case dei lavoratori travolgendo e spazzando via ogni certezza, ogni progetto. La povertà e la mancanza di prospettive – se non quella di finire per strada a elemosinare (come già in molti stanno facendo) – sono accolte e vissute con paura e disorientamento: formichine impazzite che hanno perso la bussola e cercano disperatamente qualcuno che indichi loro la strada, che le riordini in file operose.
Crisi

Dove trovo un altro lavoro?
“Sono disposto a non prendere lo stipendio per un anno, anche due, pur di non perdere il mio posto di lavoro – dice Sergio, giovane operaio padre di 2 figli, in cassa integrazione – Abbiamo messo qualche soldino in banca e, anche se con molte rinunce e sacrifici, possiamo sopravvivere per un po’ di tempo. Ma se il lavoro lo perdo che faccio? Dove lo trovo un altro? Ho paura, non dormo la notte, ho lo stomaco chiuso, sono nervoso e litigo spesso con mia moglie, anche lei preoccupata perché i risparmi stanno finendo e quello che guadagna facendo le pulizie non supera i 500 euro al mese”.
Sergio è angosciato perché la cassa integrazione sta per finire e la sua azienda, anche se continua ad annaspare, non può più farne richiesta. Stessa situazione per Giulia, 40 anni, impiegata, sposata e madre di due adolescenti. “Sono in cassa integrazione da 3 anni – racconta – Vado a lavorare in ufficio soltanto 3 pomeriggi a settimana. All’inizio tutto il tempo che avevo a disposizione mi ha mandata un po’ in crisi, poi però ho iniziato a dedicarmi a un’attività al computer che in futuro avrebbe potuto essere redditizia e mi avrebbe consentito di mettermi in proprio. Ma quest’attività non decolla e tra due mesi finisce la cassa; il titolare ci ha detto che non sa come fare, le cose non vanno bene. Mio marito fa il barista, sembra che il suo lavoro non sia a rischio, ma con due figli e l’affitto da pagare abbiamo bisogno di due stipendi”.
“Non ho paura di stringere la cinghia e fare sacrifici – continua Giulia –: l’abbiamo sempre fatto e ce la siamo sempre cavata, anche se vivere così a volte è proprio difficile. Mi terrorizza l’idea di non riuscire a trovare un altro lavoro. Questo pensiero mi ossessiona, cerco di distrarmi ma non ce la faccio”.

Sulla crisi di nervi
Provate ora a mettervi nei panni di Brenda, 35, che 8 anni fa ha lasciato la Romania per venire in Italia, allontanandosi dal figlio piccolo che non poteva portare con sé. Ha trovato lavoro come infermiera in una clinica privata, dove ha conosciuto Domenico, tecnico di laboratorio: si sono sposati e lei ha fatto venire in Italia il figlio (affidato alla nonna). Il ricongiungimento non è stato facile, ancora adesso hanno un rapporto conflittuale, il ragazzo non studia, è già stato bocciato due volte. Poi è nata una bimba, e per due anni la famiglia ha temuto per la sua vita perché aveva problemi di cuore: un’operazione dietro l’altra, la paura di perderla. Anni durissimi, finché la piccola ce l’ha fatta e adesso è fuori pericolo.
Via un problema, avanti un altro. Alcuni mesi fa Brenda è stata licenziata. Poco dopo, anche il marito. Tutti e due a casa, a litigare continuamente, a contare e ricontare i pochi soldi che hanno. La paura di non riuscire a sbarcare il lunario è diventata autentico panico. Brenda è crollata, quando parla gesticola troppo, senti ansia nella sua voce, non riesci nemmeno a capirla perché il suo italiano è peggiorato, è sempre arrabbiata col figlio, al punto che gli ha sequestrato il cellulare e gli impedisce di uscire. Dice che deve studiare, che deve imparare bene le lingue altrimenti non riuscirà a trovare lavoro. Vorrebbe addirittura mandarlo in Francia da una sua cugina. Anzi no, sta pensando di ritornare in Romania... Oppure di andare anche lei in Francia. “Che cosa devo fare?”, dice disperata. In casa volano urla e piatti, la bambina vomita, piange sempre e il fratello vorrebbe scappare.
Gente dignitosa che avrebbe bisogno di aiuto ma non osa chiederlo, anche perché non saprebbe a chi rivolgersi: alla parrocchia, alla Caritas, ai Servizi sociali? “Ma loro possono darci un lavoro?”, chiede Brenda… No Brenda, molto probabilmente no, ma possono farti sentire la loro solidarietà e vicinanza, perché tu, almeno, non ti senta troppo sola e disperata.

L'alternativa
Purtroppo non ci sono risposte immediate. Per correggere le “storture” che hanno provocato questa crisi occorre una politica lungimirante che ponga al centro il bene comune: da un lato, amministratori seri e corretti; dall’altro, cittadini che agiscano nella legalità, che siano cioè consapevoli che l’atteggiamento irresponsabile di alcuni (ad esempio di chi evade le tasse) ha conseguenze negative su tutti. È scontato dirlo?
“Ci sono persone che piangono miseria non perché sono in gravi difficoltà economica – dice Silvia, studentessa indignata – ma perché guadagnano di meno e non intendono rinunciare al tenore di vita che avevano prima. Così preferiscono comprarsi il Toyota piuttosto che pagare le tasse. Non è giusto”. No, non è giusto, e infatti la gente ha cominciato a stufarsi (non per niente sono raddoppiate le chiamate al 117 della Guardia di Finanza).
Possiamo fare tanto per cambiare le cose, e i giovani soprattutto – in questo mondo reso così piccolo dalla globalizzazione e dalla facilità degli spostamenti e delle relazioni internazionali – hanno la grande opportunità di guidare la svolta. Giovani competenti e preparati che sappiano conquistare ruoli dirigenziali e di potere e abbiano il coraggio di decidere, di compiere delle scelte, di non lasciarsi paralizzare dalla paura di sbagliare.
Intanto, siamo costretti a bere fino in fondo l’amaro calice di questa maledetta crisi.

Patrizia Spagnolo

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