Libera tutti!

focus di Tullia Chionetti Intervista a Roberto De Benedittis, responsabile di Libera Libera tutti! Il progetto “E!state Liberi!...

focus
di Tullia Chionetti


Intervista a Roberto De Benedittis, responsabile di Libera
Libera tutti!
Il progetto “E!state Liberi!” propone ai giovani
di partecipare a campi di volontariato.
Perché anche così si combattono le mafie.

Oltre 10 mila soci, 275 “basi locali” distribuite in tutta Italia tra coordinamenti regionali, provinciali e presidi, centinaia di beni immobili confiscati e destinati per finalità sociale, 1.500 ettari di terreni coltivati dalle cooperative “Libera Terra” che oggi consentono a 150 persone di lavorare. Sono alcune delle cifre di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” secondo l’ultimo bilancio pubblicato (2012).
Costituita il 25 marzo 1995 da don Luigi Ciotti con alcune importanti associazioni nazionali, Libera vuole promuovere la lotta alle mafie, la legalità e la giustizia. I campi di servizio e formazione antimafia che si svolgono su terreni confiscati sono uno degli impegni specifici.
Il progetto E!state Liberi! è nato in modo “ufficiale” otto anni fa e sono circa seimila i giovani che la scorsa estate hanno scelto questa esperienza. Le date del 2014 sono pubblicate sul sito www.libera.it, con una novità: i campi internazionali, che vogliono affrontare tematiche più ampie sulle mafie transnazionali e l’antimafia globale e prevedono anche la partecipazione di singoli e gruppi provenienti dall’estero.
Le radici di E!state Liberi! affondano nel passato. Risale infatti al 1995 l’appello promosso da Libera che si apriva così: «Vogliamo che lo Stato sequestri e confischi tutti i beni di provenienza illecita, da quelli dei mafiosi a quelli dei corrotti. Vogliamo che i beni confiscati siano rapidamente conferiti, attraverso lo Stato e i Comuni, alla collettività per creare lavoro, scuole, servizi, sicurezza e lotta al disagio».
La richiesta venne sottoscritta da oltre un milione di italiani e questa proposta di legge di iniziativa popolare fu approvata in Parlamento il 7 marzo 1996, per diventare la Legge 109, sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie che, come spiegano i responsabili di Libera, prevede l’assegnazione dei patrimoni e delle ricchezze di provenienza illecita a quei soggetti – Associazioni, Cooperative, Comuni, Province e Regioni – in grado di restituirli alla cittadinanza, tramite servizi, attività di promozione sociale e lavoro. Di questo e del progetto E!state liberi! abbiamo parlato con Roberto De Benedittis, responsabile settore campi di Libera.

Come interviene Libera sui beni confiscati?

In genere l’Agenzia nazionale dei beni confiscati prende il bene in carico al momento del sequestro, finché, quando sopraggiunge la confisca definitiva, il bene è assegnato all’ente di riferimento, che in genere è il Comune dove si trova.
Poi viene attivata una procedura di bando pubblico per l’assegnazione, oppure il bene viene attribuito direttamente ad un ente pubblico, come il Ministero delle Finanze o l’Arma dei Carabinieri. Libera interviene quando all’associazione viene chiesto di mettersi a disposizione per gestire il bene in via provvisoria, prima che sia affidato a una cooperativa sociale.

Come vengono utilizzati i beni, una volta risistemati?
Ci sono tre tipologie di beni: più frequentemente si tratta di terreni agricoli, coltivati per poi produrre pasta, olio e vino. Poi ci sono anche molti immobili, che vengono utilizzati a scopo sociale: Cascina Graziella in provincia di Asti in Piemonte, per esempio, destinata ad ospitare donne in difficoltà, in una struttura a Castellamare di Stabia in provincia di Napoli si accolgono immigrati, a Lecco in Lombardia si seguono bambini Down.
Infine c’è la tipologia più complessa, cioè le vere e proprie aziende. In alcuni casi sono cantieri edili e, quando vengono affidati a una nuova gestione, le organizzazioni criminali tendono a intimidire, per questo purtroppo spesso falliscono.

Chi può partecipare ai campi di volontariato E!state Liberi!?
Per la maggior parte si tratta di giovani, ma non ci sono limiti di età. Una delle novità di quest’anno, inoltre, sono i campi per le famiglie. Per i minorenni sono organizzati campi appositi. Si accoglie un numero diverso di persone a seconda della capacità di ospitalità, in genere vanno dalle 15 alle 40 persone. Le iscrizioni chiudono quando si è raggiunto il numero massimo di partecipanti.

Quali attività svolgono i volontari?
La giornata tipo è divisa in tre momenti: durante il mattino, per almeno tre ore, si svolge l’attività manuale, o sui campi o nella risistemazione di un bene. Per il pomeriggio organizziamo momenti di formazione e approfondimento sul fenomeno delle mafie grazie a testimonianze dirette di chi ogni giorno si impegna in questa lotta. Infine la sera si incontrano le comunità locali, ad esempio tramite la conoscenza di associazioni del posto impegnate in attività sociali.

Occorre versare una quota?
La quota, di 140 euro a settimana, in alcuni casi può subire variazioni. Il contributo serve a garantire vitto, alloggio e assicurazione ai volontari e comprende la tessera di Libera, con abbonamento alla versione in pdf della rivista Narcomafie. Le spese di trasporto dal luogo di residenza al campo e ritorno sono invece a carico del partecipante.

Quali significati ha la presenza di volontari a lavorare sui territori confiscati alla mafia?
In primo luogo è un’esperienza di vicinanza alle cooperative che si mettono in gioco con coraggio. Poi, si ha una visione diretta di che cosa succede in questi territori. Infine, si vive un contatto con l’attività agricola, che tanti non hanno modo di sperimentare altrimenti. In genere i partecipanti tornano a casa con un grande entusiasmo: lo vediamo dalle e-mail che ci arrivano. Tanti di loro, dopo questa esperienza, si impegnano nel volontariato, nei presìdi di Libera o altrove. <



Racconto di un’esperienza
Nel loro diario pubblicato sul sito di Libera alcuni ragazzi che hanno vissuto un campo di servizio nei territori della cooperativa Valle del Marro nella Piana di Gioia Tauro raccontano la loro esperienza. Il gruppo era composto da 19 studenti e 5 accompagnatori, più 17 ragazzi arrivati dalla Toscana tramite l’associazione “Cambiamenti” di Firenze.
«Si tratta di una vera e propria full immersion di lavoro concreto e di formazione civile – ricordano – . Le attività sono state intense e variegate: sveglia presto al mattino per affrontare il lavoro nei campi o nei laboratori di trasformazione dei prodotti agricoli a stretto contatto con i lavoranti; pulizie dei locali della scuola ospitante; incontri formativi in aula con testimoni del posto; uscite serali con accompagnatore per conoscere la realtà locale.
Sono stati gli incontri con le persone che, attraverso le testimonianze appassionate vissute sulla propria pelle, hanno cercato di trasmettere l’importanza dei valori fondanti che consentono di definire giusta e libera una società.

Decisamente toccante la testimonianza di Stefania Grasso, figlia dell’imprenditore Vincenzo Grasso, ucciso dalla mafia per non essersi piegato alle logiche estorsive imperanti a Locri. Diventata referente nazionale per Libera dei familiari delle vittime di mafia, ha rimarcato l’importanza e il valore della memoria, perché anche attraverso la memoria si fa antimafia sociale».

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