Jesse Owens

di Elena Giordano Jesse Owens Carta d’identità Paese: Usa, Alabama Anno di nascita e morte: 1913-1980 Professione: atleta ...

di Elena Giordano

Jesse Owens

Carta d’identità
Paese: Usa, Alabama
Anno di nascita e morte: 1913-1980
Professione: atleta

       I fatti

Jesse è un atleta americano. Nero. Nonni schiavi, genitori lavoratori nelle piantagioni di cotone. Lui che fa? Corre e salta. In maniera eccelsa. Tanto da essere scelto per partecipare alle Olimpiadi del 1936 che si tengono – guarda caso – a Berlino. Lì, in terra germanica, siamo all’apoteosi del Terzo Reich, Hitler è l’idolo delle folle, ma la sua idea di razza ariana cozza con il colore della pelle di Owens. Che succede, a Berlino? L’atleta vince tutto: 100 metri, 200 metri, staffetta 4×100 e salto in lungo. Fa amicizia con un atleta tedesco. È vero, Hitler non gli stringe la mano, ma nemmeno in patria il presidente americano Roosevelt gli riserva un trattamento migliore. 

    Cosa ci dice Jesse?
Innanzitutto, che la condizione di partenza non deve essere quella di arrivo. I vostri genitori hanno un lavoro “normale” e voi volete invece arrivare a un lavoro “eccezionale”? Avete numeri e intelligenza per riuscirci. Attenzione, però: dovete e potete contare solo sulle vostre forze, senza attendere che su di voi piovano favori o scorciatoie. Questo significa allenarsi: ossia studiare, prepararsi, sacrificare anche ore al divertimento. Se siete certi che valga la pena, non lo sentirete come un grosso sacrificio.
Poi, Jesse ci ricorda che le differenze tra le persone (colore della pelle, altezza, lingua, religione, ecc.) non devono essere motivo di chiacchiera o giudizio. Al tempo di Owens, la Germania non era certo accogliente e coltivava l’ideologia della superiorità della razza germanica. Questo fatto non gli ha impedito comunque di presentarsi e di vincere.
La storia di Owens ci insegna anche che molto spesso il pregiudizio si annida vicino a casa nostra, mentre noi siamo propensi a credere di essere immacolati e puri. Se la Germania aveva un Hitler capace di condizionare il giudizio di un Paese intero in merito ai diritti delle persone di etnie differenti, non ci dobbiamo dimenticare che l’America degli stessi anni era ancora il Paese delle divisioni tra bianchi e neri. Divisioni forti, in certi Stati anche molto violente (avete presente il Ku Klux Klan?), che si trascinarono sino agli anni Sessanta e che ancora oggi covano sotto la cenere.
Oggi viviamo discriminazioni simili: gli immigrati e i profughi sono i nuovi “diversi” che, agli occhi di molti, portano malattie, rubano il lavoro, vivono come parassiti e ci vogliono convertire.
Le tante diversità sono una ricchezza, e non possono intaccare l’unità del genere umano.

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