I dinosauri del rock sono sempre vivi
di Claudio Facchetti A volte ritornano I dinosauri del rock sono sempre vivi Tanti li vorrebbero in pensione, ma loro vanno av...
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A volte ritornano
I dinosauri del rock sono sempre vivi
Tanti li vorrebbero in pensione, ma loro vanno avanti impavidi,
a dispetto dell’età che avanza.
D’altra parte, fanno ancora i pienoni
e vendono cd. Come dimostrano i
casi di U2, Pink Floyd e Queen.
Genesis |
Alcuni critici li vorrebbero morti
e sepolti, rinchiusi in un sarcofago e nascosti nelle stanze segrete di qualche
piramide... musicale. Sono i cosiddetti “dinosauri del rock”, specie in
via d’estinzione che, però, non ha nessuna voglia di estinguersi. A farne
parte, sono quei gruppi o cantanti che si portano sulle spalle milioni di album
venduti qualche decennio fa, quando la loro età era verde e dettavano legge
nelle classifiche internazionali, facendo magari anche la storia del rock.
Carriere dunque a cinque stelle, sia sotto il profilo creativo che
economico. Carriere che sono poi andate incontro a un tramonto, più o meno
veloce, dovuto a molteplici fattori: declino compositivo, scioglimenti e
fratture nelle band, crisi del mercato discografico, nuovi modi di ascoltare e
consumare musica, ecc.
Peter Gabriel |
Eppure, nonostante tanti venti contrari sulle loro rotte, proprio come la
classica Araba Fenice, tanti “dinosauri” sono spesso rinati dalle proprie
ceneri, facendosi forti di un brand capace ancora di concentrare
l’attenzione di milioni di appassionati. Tutta gente che garantisce
discrete vendite fisiche (i cd) e virtuali (iTunes o Spotify), ma soprattutto
che acquista i biglietti dei loro concerti, assicurando continui sold out
negli spazi (sempre grandi, dai palasport agli stadi) in cui si esibiscono,
come testimoniato l’anno scorso dai tour dei Rolling Stones e Peter
Gabriel, per citare due esempi.
Certo, sono artisti che giocano spesso sull’effetto “nostalgia”,
che pescano tanto dal loro consolidato repertorio e poco da quello più recente
quando l’hanno, ma sul palco ci stanno stare, offrono sempre ottimi spettacoli,
sanno suonare e richiamano tanta gente. Insomma, altro che “bolliti”, verrebbe
da dire.
Una
macchina perfetta
U2 |
A questa categoria, benché l’anagrafe li collochi in una fascia più
“giovanile” di altri colleghi, molti vorrebbero già infilarci gli U2. In
azione dal 1980, con alle spalle album che hanno cambiato la calligrafia del
rock, una volta entrati nel nuovo millennio non sono più riusciti a incidere un
cd che reggesse il paragone con quelli passati. Niente di davvero brutto, anche
con qualche colpo d’ala qui e là, ma l’antico furore sembrava smarrito, almeno
nei solchi. Già, perché invece la “macchina U2”, dal vivo, non ha mai smesso di
funzionare, con tour elefantiaci negli stadi pieni come uova e show sempre di
alto livello.
E con l’ultimo album, Songs of Innocence, uscito lo scorso
novembre, e l’annunciato seguito Songs of Experience (sempre che esca),
la storia si è ripetuta puntualmente. Difatti, i biglietti del prossimo tour indoor
dei quattro irlandesi sono bruciati nel giro di poche ore e addirittura sono
spariti in 15 minuti per le due date previste in Italia a Torino a
settembre. Non male per una band che, oltre tutto, ha ricevuto critiche
sommariamente buone per Songs of Innocence, ritenuto dai più migliore
dei due precedenti album. Forse, non è ancora arrivata l’ora della pensione per
Bono e soci.
Il
fiume infinito di note
Il libro dei Pink Floyd sembrava essersi definitivamente concluso nel 1995, all’uscita del doppio
live Pulse, che testimoniava la spettacolare tournée mondiale a supporto
dell’ottimo cd The division bell, uscito l’anno prima. Allora, non c’era
più in formazione il leader Roger Waters (aveva lasciato nel 1983), ma a tenere
dignitosamente in vita il “marchio di fabbrica” ci avevano pensato dal 1987 gli
altri tre componenti del gruppo, David Gilmour, Nick Mason e Rick Wright.
Il gruppo
inglese non può prescindere da qualsiasi storia della musica moderna. Hanno
inventato un loro “suono”, unico e riconoscibile, che ha fuso insieme
psichedelia, rock, progressive e sperimentazione, esaltandolo, fin dai loro
esordi negli anni ’60, con spettacoli avveniristici per l’epoca, dove facevano
uso di proiezioni di diapositive, effetti luci, fumi. Un metodo di confezionare
i brani nei concerti che si è perfezionato e ingigantito sempre più, di pari
passo con l’aumento del loro successo, che oggi conta su oltre 270 milioni
di cd venduti.
Pink Floyd |
Tuttavia,
come detto, il terzetto aveva deciso di mettere la parola “fine” alla loro
storia nel 1995. A
chi sperava in un ritorno, si era dovuto accontentare della sporadica
apparizione del gruppo al completo, con Roger Waters, nell’occasione benefica
del Live 8 del 2005. Tre anni dopo, a spegnere ogni illusione, era
arrivata la triste notizia della morte di Rick Wright, sconfitto dal
cancro.
Ha dunque
destato sorpresa l’annuncio, alla fine dell’anno scorso, dell’uscita di un
nuovo cd dei Pink Floyd, The endless river. Ha spiegato Gilmour: «Ho
riascoltato delle vecchie registrazioni risalenti al periodo di The division
bell e ne sono rimasto colpito. Insieme a Nick, abbiamo recuperato quel
materiale e sovrainciso delle parti nuove. Da queste canzoni, emerge
soprattutto il talento di Rick, che troppe volte è rimasto nell’ombra della
band, mentre invece ha creato delle sonorità fondamentali».
Il doppio
album è quindi soprattutto un omaggio allo scomparso Wright, ma lascia un po’
di amaro in bocca. Fatte salve le lodevoli intenzioni, i brani, tutti
strumentali tranne uno, benché riveduti e corretti, non accendono quasi mai
l’antico fuoco. D’altro canto, se erano stati messi in un angolo, qualche
motivo ci sarà stato e non potevano certo diventare dei capolavori con
un’operazione di restyling.
Eppure, The
endless river, nonostante le diffuse perplessità suscitate tra la critica e
anche tra il pubblico, è volato in cima alle chart di mezzo mondo grazie
anche alla intatta e seduttiva forza del brand, alimentando la speranza
di un ritorno in concerto dei Pink Floyd, addirittura con il rientro di Roger
Waters. Un’ipotesi che Gilmour ha voluto subito allontanare: «Con Roger non ho
più nulla in comune. Questo album è l’ultima cosa di valore fatta da noi. Non
ci sarà altro». Manterrà la parola? Sotto il cielo della musica mai dire mai.
Queen |
Un altro
marchio che non perde fascino è quello dei Queen, mantenuto in vita dopo
la scomparsa dell’immenso cantante Freddie Mercury il 24 novembre 1991
dai suoi compagni di gruppo, il chitarrista Brian May e il batterista Roger
Taylor (il bassista John Deacon si è ritirato dalle scene nel 1997).
I due
musicisti lo hanno fatto con cadenze periodiche, pubblicando qualche raccolta
di successi e mettendo in piedi nel 2005 una proficua collaborazione con il
bravo Paul Rodgers al microfono. Una collaborazione che ha prodotto due
acclamati tour mondiali e un album, The cosmos rock, dalle buone
vendite. L’avventura Queen + Rodgers si è poi conclusa nel 2009.
Nel
novembre dell’anno scorso sono tornati a farsi vivi con l’ennesima antologia, Queen
forever, che conteneva però tre brani parzialmente inediti incisi
ancora con Mercury, di cui uno in duetto con Michael Jackson, altro scomparso
mito della musica pop. Un’operazione che ha sollevato qualche punto
interrogativo, visto che non sono sembrati propriamente imprescindibili e che
erano già stati pubblicati, con arrangiamenti diversi, come solista da Mercury.
È bastato
però per riaccendere i riflettori sulla magione della Regina, per dare risalto
non solo allo splendido passato ma anche al presente, ossia un tour mondiale in
pieno svolgimento stavolta con il vocalist Adam Lambert, uscito
vincitore qualche anno fa da X Factor USA, miglior clone possibile di
Mercury. Le date macinano un sold out dietro l’altro e danno ragione a
May e Taylor sui loro detrattori. L’effetto “nostalgia canaglia” colpisce
ancora.<