Battaglia di chitarre

musica di Claudio Facchetti Sempre sulle corde Battaglia di chitarre Il chitarrista dei Pooh ha voluto dividere il suo terz...


musica
di Claudio Facchetti



Sempre sulle corde

Battaglia di chitarre

Il chitarrista dei Pooh ha voluto dividere il suo terzo cd da solista con il fuoriclasse Tommy Emmanuel, re del “fingerstyle”.

È scaturito un lavoro in equilibrio tra diversi generi.



Sei corde, una vita. Si può riassumere così, in estrema sintesi, la splendida carriera di Dodi Battaglia, vissuta in gran parte con la chitarra tra le mani a ricamare accordi e assoli nei Pooh. Eppure, all’inizio, lo strumento che lo strega da bambino è la fisarmonica, che studia fino a dodici anni. Poi, a tredici, il colpo di fulmine: ascolta il gruppo inglese degli Shadows e s’innamora della chitarra elettrica.

Incomincia così a suonare in varie formazioni locali dell’area di Bologna, sua città natale, fino a quando, nel 1968, entra nei Pooh, al posto addirittura di due chitarristi. Ha solo 17 anni, ma grande tecnica, fantasia e cuore, qualità che lo accompagneranno nella lunga avventura con il popolare gruppo.

Non a caso, nel tempo, Dodi farà incetta di premi a livello nazionale e internazionale come chitarrista, mentre prestigiose marche musicali, come la Fender e la Maton, realizzeranno specifiche chitarre “firmate” da lui stesso.

Insomma, un musicista di talento che finora ha inciso come solista solo due ottimi album, Più in alto che c’è (1986) e D’assolo (2003), assorbito ovviamente dal lavoro con i Pooh. Ora Dodi, però, complice una pausa di due anni dal gruppo-madre, al posto di riposarsi, si è gettato anima e… chitarra sul suo terzo progetto solistico, Dov’è andata la musica, inciso in coppia con l’australiano Tommy Emmanuel, considerato il miglior chitarrista fingerstyle del mondo. Dall’incontro, sono scaturiti 12 brani (8 cantati e 4 strumentali) in cui i due artisti spaziano tra diversi generi musicali, mettendo in mostra quel gusto e quell’abilità che da sempre ha caratterizzato le loro carriere.



Potevi prenderti una vacanza, invece hai realizzato un nuovo cd. Difficile stare lontano dalle sette note?

In effetti, è una passione bruciante che coltivo da quando ho 5 anni e non posso farne a meno. In questo caso, ho approfittato della pausa con i Pooh per concretizzare un sogno: quello di incidere un disco con un amico e un musicista straordinario come Tommy Emmanuel.



Un artista che conosci

da tempo...

Sì, ci siamo incontrati 15 anni fa in occasione di un festival al quale avevamo partecipato. Rimasi allibito dalla sua bravura e riuscii a portarlo poi in Italia nel 2000 per aprire i concerti dei Pooh. Da allora, non ci siamo più persi di vista, ripromettendoci che un giorno avremmo fatto qualcosa insieme.



Quel giorno ora è arrivato. Come hai lavorato al progetto?

È un album che ha due anime: una italiana e una internazionale, che rispecchiano le nostre radici. Per questo, c’è tanta varietà. D’altra parte, non volevamo fare un cd impostato su brani strumentali, costruiti su assoli e virtuosismi, come qualcuno magari si aspettava, ma spaziare senza limiti in vari generi. Ecco perché nei pezzi si rintracciano rock, pop, progressive, etnica, country…



Hai incontrato degli ostacoli ad amalgamare il tuo stile chitarristico con quello di Tommy?

Lui ha sempre suonato prevalentemente da solo con la chitarra acustica, io l’elettrica in un gruppo. Due modi diversi, quindi, di affrontare la musica ma che, uniti insieme, si sono completati con risultati, mi sembra, apprezzabili.



Tommy è presente

 in ogni pezzo?

Certo, e alcune volte ha suonato anche l’elettrica. È stata davvero una collaborazione tangibile, tanto che l’ho raggiunto perfino a Nashville, dove vive, per incidere alcune canzoni in uno studio da favola, il Blackbird, usato di solito da gente come Beyoncé o Michael Bublè.



È davvero un altro mondo

 Nashville?

È una città di due milioni di abitanti che vive di musica. La respiri in ogni angolo, sembra il paese dei balocchi per gli artisti e non ti nascondo che vorrei abitarci anch’io. Nello studio in cui ho lavorato, c’erano strumenti vintage fantastici, dal suono eccezionale.



Sei stato accolto bene?

C’è sempre un po’ l’idea stereotipata degli italiani “pizza e mandolino” e mi ha fatto piacere vedere i visi piacevolmente sorpresi degli addetti ai lavori una volta ascoltate le mie proposte.



Beh, alla chitarra non sei certo l’ultimo arrivato...

Senza falsa modestia, credo di essere stato in Italia, insieme a Franco Mussida della Pfm e Maurizio Solieri, tra i pochi ad aver cercato di svecchiare lo strumento, cogliendo le influenze e le tecniche provenienti dall’estero.



Una chitarra quasi sempre al servizio dei Pooh, visto che questo è solo il tuo terzo album da solista. Per quale ragione?

Come dico sempre, mi sono dedicato a fare il chitarrista dei Pooh a 360 gradi, ritagliandomi qualche spazio solo quando potevo e comunque in modo diverso rispetto al gruppo. Il primo disco era orientato al rock, il secondo totalmente acustico e questo, invece, è un ritratto completo di me stesso, della mia maniera di essere. Qui ci trovi il cantante, il musicista e l’autore che si esprime con la massima spontaneità, talvolta con una canzone pop oppure con un brano più complesso.



Perché hai scelto come singolo apripista Grazie?

Mi è sembrato bello ringraziare tutte le persone che mi hanno permesso di coronare il più grande sogno della mia vita: quello di fare di una passione un mestiere. E con essi, di ringraziare la vita, la buona sorte, il pubblico e coloro che mi hanno aiutato ad arrivare fino qui, a questo disco.


Un altro pezzo significativo è  Vale.

È uno strumentale dedicato a Valerio Negrini, scomparso più di due anni fa e che ha scritto per i Pooh tanti magnifici testi. Un omaggio per ricordare la sua profonda sensibilità e la sua forza, con la consapevolezza che nessuno meglio di lui ha saputo raccontare le mie emozioni. Da parte mia, in questo album, io ho provato a scrivere le parole, con la speranza di aver fatto un buon lavoro.


Il titolo del cd poteva essere accompagnato da un punto esclamativo o interrogativo, invece è una semplice asserzione. Scelta voluta?

Senza dubbio. Non avevamo certo intenzione di salire su un piedistallo, né insegnare niente a nessuno. Semplicemente volevamo raccontare la nostra musica e metterla in un disco. Personalmente, non mi aggrappo al passato, anzi, credo che la musica oggi vada verso il meglio grazie anche alla tecnologia: ci sono più possibilità di dialogare tra artisti a distanza di chilometri e con qualità.



Il prossimo anno i Pooh soffieranno 50 candeline sulla torta di compleanno. Qualche anticipazione sulla festa che si sta preparando?

Il traguardo è importante e senza dubbio faremo qualcosa di bello. Non a caso ci siamo presi questi due anni di tempo, anche per prepararci al meglio. Entrare però adesso nei dettagli è prematuro: ci saranno delle sorprese e al momento opportuno, le sveleremo. <

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