Dividi e vendi

Attualità  di Marta Cardini      Rischi e vantaggi a confronto Dividi e vendi Gli esperti del marketing studiano attentam...



Attualità 
di Marta Cardini 
 
 Rischi e vantaggi a confronto
Dividi e vendi
Gli esperti del marketing studiano attentamente i comportamenti delle nuove generazioni per elaborare strategie di vendita sempre più efficaci.

   Di quale generazione sei? X, Y o Z? Perché è proprio così che gli esperti hanno provato a suddividere i nati negli ultimi (e penultimi) anni. Infatti le generazioni, o meglio, le persone accomunate dal fatto di essere nate in un determinato periodo, sono state suddivise ed etichettate per motivi di marketing.
Esistono infatti delle precise figure professionali quali il pubblicitario, il venditore e colui che effettua operazioni di marketing che studiano a tavolino le inclinazioni, le aspirazioni e le abitudini di un potenziale cliente. Si studia la buyer persona (l’acquirente) e il buyer’s journey (il percorso dell’acquirente), tenendo conto dell’età e della generazione di appartenenza al fine di avere degli indizi utili per vendere al meglio alcuni prodotti.

La suddivisione
delle generazioni
Alcuni addetti al marketing hanno quindi suddiviso le ultime generazioni in X, Y e Z.
Generazione X: sono i nati tra il 1965 e il 1980, gli adulti di adesso. È stata la prima generazione a crescere con la televisione commerciale, i primi computer, i primi telefonini. Vengono descritti come ambiziosi, autosufficienti, flessibili nel cambiamento di lavoro, aperti al dialogo.
Generazione Y ovvero i Millennials: sono i nati tra il 1980 e il 2000, i giovani e gli adolescenti di adesso. Figli delle nuove tecnologie, eternamente connessi. Vengono chiamati anche “nativi digitali” e vengono descritti come narcisisti, pigri, inclini a cambiare lavoro con facilità, poco interessati alla politica, attenti all’immagine e alla gloria e tendenti a rimanere a lungo a casa con i propri genitori.
«Ci riconosciamo in parte in questa descrizione – commentano Michele e Laura, 18 anni – , ma ci sembra molto generica e negativa. Non ci sentiamo per niente pigri, anzi ci diamo da fare in molti settori della nostra vita, a scuola, nel volontariato e anche nello sport. Narcisisti? Forse e solo perché ci piace scattarci i selfie, ma non per questo ci sentiamo persone egoiste. Non ci piace molto la politica, ma ci impegniamo molto a fare dei lavori e degli stage aziendali per inserirci al meglio nel mondo del lavoro».
Infine Generazione Z ovvero i Founders. Sono i nati dopo il 2000, i ragazzi di oggi. Figli della rete, dei tablet, degli smartphone. Vengono descritti come iperconnessi, multimediali, autonomi. Mirano alla rapidità più che all’accuratezza e riescono a gestire il flusso continuo di informazioni. «Credo che i veri “nativi digitali” – afferma Eleonora, 18 anni – siano proprio quelli nati dopo il 2000, non noi “millennials”. Sono i ragazzi che oggi hanno fino a 12, 13 anni. Chi ci ha catalogato come “nativi digitali” ha sbagliato».

Tre tipi di comportamento
Anche i comportamenti sono stati suddivisi per motivi di business in “tradizionale”, “digitale” e “connesso”.
Il primo è quello di colui che subisce l’influenza della pubblicità e del passaparola. Le armi del pubblicitario in questo caso sono le mail e i siti web.
Il secondo è quello di colui che vive on line, non prende in considerazione i media tradizionali e si affida alle community.
Gli appartenenti al comportamento “connesso” sono la generazione Y e Z, persone molto informate, parte attiva del web, recensisce e condivide attraverso i social network, pubblica video e possiede dei blog. È la fascia di popolazione tecnologicamente più evoluta che usa lo shop virtuale ed è più vulnerabile e attaccabile dai venditori on line.

Le due facce del marketing
Queste sono soltanto alcune generalizzazioni anagrafiche e comportamentali utilizzate dai pubblicitari per produrre un target a cui vendere dei prodotti. Molti di coloro che fanno del marketing cercano di capire le abitudini dei loro potenziali clienti anche attraverso il tenore di vita, lo status sociale, la provenienza. E magari sfruttare tutto questo a proprio vantaggio. Come se fossimo dei “portafogli da svuotare”? Le persone vengono forse “rese oggetto” in base al consumo?
Solo in parte. Il marketing non sembra avere scopi “negativi”. L’altra faccia del marketing, quella positiva, viene descritta bene da Alessandro De Carlo, presidente dell’Ordine degli psicologi del Veneto ed esperto di marketing e psicologia del lavoro: «Il fatto di aver suddiviso le generazioni in categorie non nasce dall’esclusiva necessità di svuotare il portafogli delle persone o di renderle oggetti – spiega – . Si tratta di distinzioni su base sociologica, utili a molte operazioni.
Chiunque faccia del commercio il proprio mezzo di sostentamento sa che deve conoscere i propri clienti, esistenti e potenziali, e i loro desideri. In tale prospettiva conoscere come è fatta la società ha un valore “neutro”, come tutte le forme di conoscenza. Il pubblicitario può riuscire a descrivere bene i comportamenti (tanto nell’ambito degli acquisti quanto in altri campi), in modo da dare la possibilità alle aziende di rispondere a bisogni reali delle persone. In genere, prodotti che non servono o non piacciono non vendono, quindi sapere e, per necessità pratica, dividere la popolazione in gruppi è semplicemente un metodo efficace per gestire la conoscenza».
«Quindi – argomenta De Carlo – c’è poco di subdolo nelle attività delle agenzie pubblicitarie. Un marketing fatto bene, destinato a supportare uno o più prodotti per un periodo anche solo più che brevissimo, deve tenere conto delle necessità e dei desideri di chi compra. Difficilmente le persone comprano su base regolare prodotti e servizi che non vogliono. L’importante è ricordare sempre che le persone che lavorano nel marketing e nella pubblicità sanno fare il loro lavoro, quindi osservare le proposte che giungono tramite i media con il giusto spirito critico e pensando ai propri bisogni e desideri in relazione ai propri valori, obiettivi, stili di vita».
Riflettendo, ci si accorge che il mondo è sempre in fermento e in cambiamento, per cui le nuove generazioni sono sempre pronte a prendere il posto delle precedenti. Il giovane potrebbe quindi prestare attenzione a come il pubblicitario lavora, per continuare a svolgere un ruolo da protagonista (anche nello shopping!) e non trovarsi in balia di chissà chi.<

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