Molti non sanno neppure che esistiamo

attualità di Elisa Murgese Docenti disabili: tra soddisfazioni e difficoltà Molti non sanno neppure che esistiamo Le storie d...

attualità
di Elisa Murgese

Docenti disabili: tra soddisfazioni e difficoltà
Molti non
sanno neppure
che esistiamo
Le storie di chi credeva “che non ce l’avrebbe mai fatta” e invece è diventata insegnante nonostante la disabilità. “I ragazzi, a differenza degli adulti, non si fermano all’apparenza”.

  Michela insegna latino e greco dalla sua sedia a rotelle. Romina non muove le braccia e non gira la testa ed è supplente di inglese. Mariagrazia, quando ha un attacco di Parkinson di fronte ai suoi bimbi delle elementari, mette il naso rosso da clown e li fa ridere. Tante le storie per rispondere a una domanda: chi ha problemi fisici può andare dall’altra parte della cattedra per lavorare come insegnante?
Il Gruppo donne dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (UILDM) non ha voluto dare una risposta, ma raccogliere le testimonianze di quante “credevano non ce l’avrebbero mai fatta” e invece sono riuscite a diventare insegnanti, nonostante la disabilità, nella pubblicazione “La scuola: davanti e dietro alla cattedra”, che dà spazio a quei docenti di cui nessuno parla.

500 km al giorno
Storie simili a quella di Mariaclaudia Cantoro, insegnante con disabilità. Lei il volto dietro la pagina Facebook “Vorrei poter andare a lavorare” supportata da oltre 3.400 “Like”. Mariaclaudia, infatti, lavorava a circa 250 chilometri da casa. La sua richiesta era semplice, essere trasferita in una scuola raggiungibile con i mezzi pubblici. «Ci sono giorni in cui è difficile rimanere coerenti con le proprie scelte – scriveva Mariaclaudia nel suo blog (http://www.vorreipoterandarealavorare.blogspot.it) – . Giorni in cui la fatica si trasforma in dolore. Forse sono quasi arrivata al capolinea».
Mariaclaudia Cantoro
Infatti “per una beffa del destino”, come la chiama lei stessa sul suo blog, l’insegnante di Diritto ed Economia, in carrozzina per una grave forma di disabilità, era stata assegnata a Cagli, un piccolo paese di montagna in provincia di Pesaro. «Mi affatico molto e non so per quanto riuscirò a resistere – ha scritto la docente in un appello al ministro dell’Istruzione – . Non voglio rinunciare a insegnare. Credo nella formazione di una società migliore e voglio fare la mia piccola parte». E nonostante i 500 chilometri al giorno, Mariaclaudia non ha mai lasciato la sua cattedra.
Uno sforzo che è stato ricompensato, visto che lo scorso novembre Mariaclaudia ha vinto la sua battaglia, diventando un'insegnante di ruolo nella vicina provincia di Ascoli Piceno, a San Benedetto del Tronto. «Oggi splende il sole nella mia vita», ha commentato l'insegnante ai suoi sostenitori online.
Passando dalle cattedre ai laboratori, la storia di Manuela Canicattì è quella di un’infermiera di ricerca in ambito oncologico. «Mentre lavoravo in Pronto Soccorso mi accorgevo che qualcosa non andava – dice Manuela – , i sintomi erano affaticamento, dolori e contrazioni muscolari». Poi le condizioni di salute sono peggiorate, tanto da costringerla a usare le stampelle o la carrozzina elettrica per i lunghi spostamenti.
Manuela Canicattì
Ostacoli fisici che non le hanno impedito di continuare la sua formazione professionale – frequentando un master post universitario all’università romana di Tor Vergata – oltre a diventare una seconda volta mamma, dando alla luce il piccolo Luca che ora ha quattro anni.
Certo, girare per Roma con una carrozzina per frequentare il corso non è facile. «Usare i mezzi pubblici in carrozzina è difficilissimo; per esempio, devi chiamare giorni prima per chiedere assistenza per salire e scendere dai treni – continua l’infermiera – senza considerare che non sono molti gli alberghi che ospitano persone con disabilità». Inoltre, «Trenitalia non mi permette più di prendere il treno notturno da Asti a Roma a causa delle lamentele ricevute dal personale stanco di farmi assistenza verso le 6 del mattino, ora di arrivo del treno notturno a Roma Ostiense». Perché allora continua a frequentare il master e a specializzarsi? «I miei pazienti hanno diritto ad avere di fronte del personale preparato. In più, amo il mio lavoro».



Il draghetto invisibile
Mariagrazia Audenino
Come la sua, in “La scuola: davanti e dietro alla cattedra” si susseguono storie di resistenza. «Non si creda che insegnare sia facile – scrive nella prefazione Oriana Fioccone, docente di lettere con disabilità – ci si ritrova trattati alla pari, non si hanno facilitazioni perché si è disabili. Gli alunni non sono disposti a concedere facilitazioni, ma vogliono incontrare persone vere, che sappiano mettersi in gioco: gli alunni imparano, i docenti insegnano e si cresce insieme».
Lo sa bene Mariagrazia Audenino, 53 anni, maestra elementare con il Parkinson. «Con Parky (come lei chiama la sua malattia, ndr) c’è la difficoltà di metterti in gioco, perché si trema e gli altri ti guardano.
Ai bambini non è difficile far capire Parky, loro sono sensibili – racconta l’insegnante di Asti – ho detto loro di immaginarlo come se fosse un serpentello o un draghetto invisibile che mi fa tremare. Mi piace vederli positivi nei miei confronti e ora mi ricordano persino di prendere la pastiglia».
Rahma Nur
Gli adulti, invece, “hanno più pregiudizi”. Eppure la 53enne vede la pensione come un passo lontano: «Ai bambini insegno a non mollare mai, a essere tenaci e che non si devono arrendere alla prima difficoltà».

Giù dalla finestra
Anche Rahma Nur, in carrozzina perché colpita dalla polio a 11 mesi, ha iniziato a insegnare a Pomezia nel 1993 in una scuola raggiungibile solo in macchina. Erano le sue colleghe a darle un passaggio tutti i giorni. «Mi diverto quando i ragazzi mi chiamano “maestra” e la gente ci guarda come degli alieni – racconta l’insegnante di origini somale – . C’è sempre la persona curiosa che mi domanda: “Lei insegna inglese, vero?”. Gli stereotipi sono duri a morire: dopo 22 anni di servizio devo ancora giustificare il mio status di “maestra color cioccolato”».
Difficoltà a rapportarsi con i presidi, invece, sono quelle segnalate da Romina Santini, 38enne con atrofia muscolare spinale. Arrivata al suo primo incarico annuale in una scuola media «la preside cercò in tutti i modi di farmi rinunciare. Ma, alla fine, dovette accettarmi: quel posto mi spettava da graduatoria».
Romina Santini

Dopo una prova antincendio, un alunno le disse: «Prof, se c’è un incendio lei rischia di morire perché esce per ultima – si legge su “La scuola: davanti e dietro alla cattedra” – . Che ne dice se la butto dalla finestra? In fondo siamo al piano terra e così rischierebbe solo di rompersi una gamba, ma non di morire». Tutti si misero a ridere. «In quella frase, che a primo avviso potrebbe risultare sciocca, si nascondeva grande sensibilità e preoccupazione – conclude Romina – . Sono tanti gli esempi che potrei portare per dimostrare che i ragazzi, a differenza degli adulti, non si fermano all’apparenza”.<

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