Un'Olimpiade per tutti

Dal 5 al 21 agosto i Giochi del Brasile Un’Olimpiade  per tutti Miliardi di occhi puntati su Rio de Janeiro, per la prima volta del Sud...

Dal 5 al 21 agosto i Giochi del Brasile

Un’Olimpiade per tutti

Miliardi di occhi puntati su Rio de Janeiro, per la prima volta del Sudamerica in 120 anni di Olimpiadi Moderne.



   Saranno sedici giorni di gare in cui assegnare 304 titoli olimpici, in palio fra atleti provenienti da 205 Paesi. Ma i Giochi sono attesi anche per vedere come li affronta e li vive un Paese funestato da una gravissima crisi politica ed economica. L’Italia, che sogna Roma 2024, affida le ambizioni di medaglia soprattutto a nuoto e scherma, mentre miliardi di occhi saranno puntati su superstar come il velocista Usain Bolt e il cestista Steve Curry. 
Ma la vera speranza è vedere l’oro al collo anche di atleti fuori da ogni pronostico, meglio ancora se in gara per Paesi di un mondo che soffre.

Conferme e sorprese
Molti si aspettano ghiotte occasioni. Per vedere se il giamaicano Usain Bolt riuscirà a donarci un nuovo, fantascientifico aggiornamento dei suoi record mondiali nei 100 e 200 metri. Per estasiarsi di fronte ai funambolismi di Steve Curry, playmaker dei Golden State Warriors versione “Basket Dream Team” degli Stati Uniti. Per verificare quanto la bellezza delle ragazze brasiliane del volley sia pari a un potenziale tecnico da medaglia d’oro. Per appurare se l’esagerato talento calcistico di Paulo Dybala saprà trasferirsi dalla maglia della Juve a quello dell’Argentina. Per scoprire quali nomi nuovi e inattesi renderanno memorabili questa trentunesima edizione dei Giochi.
E, non da ultimo, per capire quanto la rappresentativa italiana sia all’altezza del sogno di Roma 2024, strenuamente coltivato dal Coni del presidente Giovanni Malagò, e destinato a realizzarsi, oppure a sfumare nel nulla, nella sessione che il Comitato Olimpico Internazionale terrà a Lima, in Perù, nel settembre del 2017. Quando, contro temibili avversarie come Parigi e Los Angeles, risulterà decisiva la fatidica “caccia al voto” dei vari delegati del Cio, compresi quelli provenienti da un’Africa dove la bandiera con i cinque cerchi, in 120 anni di Olimpiadi moderne, non è mai sventolata e dove, candidature alla mano, sicuramente non verrà alzata prima del 2028 (i Giochi del 2020 toccheranno a Tokyo).

Questioni di politica 
Queste ultime osservazioni ci aiutano a rammentare quanto la politica reciti “da sempre” un ruolo primario nell’organizzazione dei grandi eventi sportivi. 
Quel “da sempre” non deve affatto scandalizzare, ma semplicemente far aprire gli occhi su una manifestazione che nell’ottavo secolo avanti Cristo nasceva per creare a Olimpia una zona neutrale e condivisa, in cui le gare sportive fra atleti provenienti da ogni parte della Grecia coincidessero con un periodo di pace fra le varie potenze dell’Ellade.
Oltre duemila e settecento anni dopo c’è da dubitare che il fuoco della torcia, destinata a essere accesa allo stadio Maracanà di Rio, per illuminare simbolicamente l’intero pianeta, riuscirà a placare i conflitti che insanguinano la Siria, il Nordafrica islamico e altri Paesi meno abituati ai riflettori mediatici, come la Somalia o il Mali. 
Resta piuttosto da comprendere quanto i bagliori mediatici di un’Olimpiade riusciranno a offuscare i tremendi numeri di una crisi economica che sta precipitando il Brasile in un crack assolutamente imprevisto quando, nel 2009, vinceva la gara per l’assegnazione dei Giochi. 
Prodotto interno lordo in picchiata di tre punti annui, e scandali politici legati alla controversa figura della presidentessa Dilma Rousseff, accusata di avere truccato i numeri del bilancio statale, hanno creato il peggiore contesto possibile per un evento che, fino a poco tempo fa, tutti immaginavamo calato nella festosità tipica di una nazione nota per i gioiosi carnevali,  e la passione con cui viene seguito lo sport in genere, a cominciare dal calcio. Samba & gol, per dirla con uno slogan.

Conti in rosso
Certo, il pauroso flop di cui è stata protagonista proprio la nazionale verde-oro due anni fa, in un Mondiale casalingo naufragato nella famosa semifinale persa 1-7 contro la Germania, poi laureatasi campione, risuona ora come fatale campanello d’allarme per un progetto olimpico che a suo tempo nasceva con le stigmate della consacrazione del miracolo economico profilatosi all’inizio del millennio, per poi essere inghiottito nelle spire della recessione. 
In realtà, come in Italia si sta cercando di “non vedere” nel sogno di Roma 2024, Olimpiade significa potenziali grandi affari solo dove il volano dell’economia gira già a pieno regime, dimostrandosi allora in grado di creare sinergie e sponsorizzazioni dalla ricadute virtuose. Quando invece si annaspa fra gli incubi e i limiti generati dal segno meno, gli smisurati costi indotti da un’impresa di tali proporzioni finiscono facilmente per dare la stura a ulteriori dissesti. 
Lo hanno imparato a proprie spese in Grecia, dove il dissanguamento finanziario dovuto ai Giochi del 2004 ha avuto pesanti ripercussioni sulla miseria che ormai attanaglia l’intero Paese, e se ne stanno facendo una ragione anche a Rio, dove appare quanto mai titanico pareggiare il miliardo e ottocento milioni di dollari di budget previsto per la manifestazione del prossimo agosto.
In un quadro così burrascoso, nel quale fare ritualmente i conti anche con la minaccia del terrorismo, sempre incombente su un qualsiasi evento globale, l’unica certezza è che, una volta accesa la fiamma olimpica, si darà finalmente il via ai Giochi, ovvero alla competizione, al “vinca il migliore”, all’emozioni sospese su ogni filo di lana, blocco di piscina, canestro da basket, bersaglio di tiro a segno, ring di pugilato.
Nel solco di quanto visto a Londra quattro anni fa, le rappresentative di Stati Uniti e Cina dovrebbero contendersi il primo posto nel medagliere, seguite a distanza da nazioni come la Russia, la Germania, la Gran Bretagna, la Corea del Sud, senza considerare quella porzione di titoli in più che solitamente viene assegnato al Paese ospitante, in questo caso il Brasile. 

Le speranze italiane
In Inghilterra, l’Italia conquistò un ragguardevole ottavo posto finale, con 28 medaglie suddivise fra 8 ori, 9 argenti e 11 bronzi. Un risultato al di là delle previsioni, che per quanto concerne Rio si sono fatte più cupe. Secondo condivisi pronostici, il bottino degli ori azzurri potrebbe dimezzarsi rispetto al 2012, riservando il gradino più alto del podio a due nuotatori collaudati come Federica Pellegrini (portabandiera della rappresentativa) nelle distanze veloci, a cominciare dai 200 metri, e il mezzofondista Gregorio Paltrinieri, chiamato a difendere il titolo mondiale conquistato a Kazan nei 1500 metri. Con loro, partono in “pole position” − ma questa è da sempre consuetudine − le due nazionali di scherma, puntando in particolare su una spadista dirompente come Rossella Fiamingo.
Attorno a questi assi ruotano molti outsider, di nuovo e antico conio. Come la tuffatrice Tania Cagnotto, che avrebbe meritato più di Federica Pellegrini il ruolo di portabandiera, in nome di una maggiore dedizione alla causa azzurra, prima che personale. O lo spettacolare Frank Chamizo, cubano che, avendo sposato un’italiana, ha già portato in dote al nostro Paese un “rarissimo” titolo mondiale nella lotta libera. Come un’imprevedibile squadra di ciclismo, in cui Elia Viviani può accampare serie pretese di podio sulla pista dell’omnium. C’è, poi, l’intera rappresentativa di tiro a segno, altro sport da sempre ricco di titoli per i colori italiani.
E, per quanto riguarda l’atletica, resta impresso il grido di dolore di quel Marco Tamberi il cui talento selvaggio e indecifrabile è stato bloccato dall'infortunio, insieme alle sue immense speranze dopo  il titolo mondiale indoor di salto in alto appena conquistato, con un balzo oltre i due metri e trentasette.
Resta da dire degli sport di squadra, nei quali nessuno può certo stupirsi delle ambizioni, storicamente testate, della pallanuoto o, al contrario, della mancata qualificazione nel calcio, sport da sempre “vietato” alla nostra nazionale olimpica. Diversamente che nel volley, dove la squadra maschile ha staccato per tempo il “pass” per Rio, e quella femminile risulta strenuamente impegnata fino all’ultimo, possibile girone di ammissione. In luglio, a un mese dall’apertura dei Giochi, toccherà all’Italbasket maschile battersi per gli ultimi posti disponibili a Rio, tramite torneo a sei squadre in programma a Torino.
Neanche da dire che qui il vento del tifo soffia fortissimo perché, come visto ai recenti Europei di Lille, in Francia, sono ancora da testare gli effettivi limiti di una squadra innervata dagli innesti di tre superstar Nba come Andrea Bargnani, Marco Belinelli e Danilo Gallinari: il fresco arrivo in panchina di un ct del calibro di Ettore Messina ha decisamente rinfocolato le ambizioni di un team sulla carta di battersi alla pari con tutti, americani esclusi.

Impreviste sorprese
Ovviamente, l’Olimpiade è tale solo se saprà sorprenderci con la più imprevista delle vittorie, con la più improbabile delle medaglie d’oro. Allori conquistati da umili lavoratori dello sport, come la greca Paraskeui Patoilidou, la più improbabile delle vincitrici dei 100 ostacoli a Barcellona ’92, o come il compianto Francisco Fernandez Ochoa, “inaudito” oro spagnolo dello sci quando, a Sapporo, nel 1972, dominava lo slalom speciale davanti ai nostri fratelli Thoeni.
Qualsiasi sia la loro bandiera, ma ancora meglio se proveniente da un angolo povero del mondo, la commozione per i vincitori inattesi è sempre pronta a travolgerci. 

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