Così tecnologici, così fragili

ATTUALITÀ di Consolata Morbelli Giovani sempre connessi Così tecnologici, così fragili I social spingono al confronto con gli al...

ATTUALITÀ

di Consolata Morbelli

Giovani sempre connessi

Così tecnologici, così fragili

I social spingono al confronto con gli altri e alla ricerca di consensi. S’innescano così stati d’ansia e depressione. Disagi non semplici da superare.


Sono più “sdraiati” o sono più stressati gli adolescenti di oggi? Lo scrittore Michele Serra nel suo libro del 2013, Gli sdraiati da cui è stato tratto recentemente l’omonimo film di Francesca Archibugi, ha delineato il profilo di una generazione di ragazzi un po’ pigra ed indolente, ma al tempo stesso particolarmente reattiva e “multitasking”, grazie agli strumenti della tecnologia che diventano una sorta di appendice artificiale del corpo e della mente.
Eppure, in base alle indagini più recenti, si è delineata un’altra faccia della medaglia che preoccupa non poco: i giovani sono stressati e schiacciati dal costante confronto con gli strumenti social. Non solo, l’eterna ansia da confronto con modelli impossibili e poco realistici ha reso i ragazzi sempre più competitivi (ma in una maniera non sana) e maniaci della perfezione.
La società, negli anni, sta alzando sempre di più l’asticella delle richieste e i traguardi da raggiungere non sono percorribili su strade sicure, in grado di concederti anche dei momenti di sosta in cui riflettere e prendere fiato, ma al contrario predomina la fretta: tutto deve essere anticipato e accorciato, in una corsa contro il tempo che non lascia spazio e genera enormi ansie e fragilità.
In un mondo così competitivo è evidente che la normalità non basta più. Un’indagine pubblicata di recente dall’American Psycological Association e dallo Psycological Bulletin ha rilevato che questo mancato raggiungimento della perfezione sta causando seri problemi mentali a ragazzi. La ricerca è stata condotta dall’University of Bath e dalla York St John University, che hanno intervistato 41.641 studenti di college in Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti, analizzando com’è cambiata la propensione al perfezionismo dagli anni ’80 ad oggi.
Sempre più studenti, è stato rilevato, hanno richiesto aiuto ai docenti per depressione, stati d’ansia e tendenze al suicidio. Spesso quelli che non eccellono e che hanno risultati inferiori ai coetanei entrano in una spirale di crisi da cui è difficile uscire.
In un’era in cui lo status e l’immagine definiscono l’utilità di una persona, l’enorme pressione che i giovani ricevono rafforza la tendenza al perfezionismo, all’autocritica e alla correzione di imperfezioni spesso inesistenti o irrilevanti. I social network come Facebook, Instagram, Snapchat, Tumblr… generano stereotipi che spingono ad un confronto ossessivo, sviluppando senso di insoddisfazione e inadeguatezza per le proprie capacità e il proprio corpo.


Sempre connessi

Se negli Stati Uniti il quadro non è allegro, dalle nostre parti non è certo migliore. A evidenziarlo ci ha pensato la SIP (Società Italiana di Pediatria) che ha analizzato nel 2014 la situazione inerente il rapporto che i giovani italiani hanno con la rete e i social network.
Lo ha fatto attraverso un’indagine condotta su un campione nazionale rappresentativo di 2107 studenti (1073 maschi - 1034 femmine) allievi della classe terza media inferiore e il quadro che ne è emerso ha messo in evidenza una serie di abitudini malsane che li avvicina in maniera preoccupante al mondo degli adulti. Il problema è che adulti non lo sono e tali comportamenti li possono mettere in situazioni ad alto rischio. 
Ai social network più conosciuti si è aggiunto negli ultimi tempi WhatsApp, utilizzato, in base a quello che dicono gli ultimi dati, da 8 tredicenni su 10. Il passaggio dal computer al cellulare ha evidenziato che il 93% degli adolescenti si collega a internet dallo smartphone, (la percentuale era del 65% nel 2012) non solo negli orari pomeridiani, ma anche dopo cena e nelle ore notturne. Fasce orarie queste che interferiscono con il sonno, con conseguenze non trascurabili sulla salute.

Attaccati allo smartphoneUna ricerca condotta dall’Associazione Sicurezza dei Minori sul Web tra il 2010 e il 2016 nelle scuole medie e superiori di Comuni in provincia di Monza e Brianza ha coinvolto 2000 ragazzi e ragazze tra i 10 e i 15 anni ha prodotto le seguenti indicazioni:
12 anni l’età in cui si inizia ad usare il primo cellulare (in realtà è diventato il classico regalo addirittura per la prima Comunione);
96 la percentuale di intervistati che ha dichiarato di poter usufruire di una connessione attiva 24h su 24;
62 è la percentuale di ragazzi che utilizza uno smartphone, strumento che ha surclassato negli ultimi anni ogni concorrente.

Oltre al fenomeno WhatsApp, il 75% del campione ha un profilo su Facebook, il 42% su Instagram, considerata vetrina a rischio per la quantità di foto pubblicabili ad alto tasso di esibizionismo (il 15% degli intervistati ha infatti dichiarato di aver postato un proprio “selfie” provocante). 
«È una fotografia drammatica quella che è emersa da questa indagine – ha spiegato il prof. Franco Cerutti, presidente di SIP Piemonte – ci troviamo di fronte a percentuali alte in negativo, ed evidente espressione di rischio. Questi strumenti che vengono usati dagli adolescenti in maniera indiscriminata, altro non sono che il frutto dell’assenza dei genitori che non sono in grado di gestire le continue richieste consumistiche dei figli.
Si pensi che è stato rilevato che per il 60,2% dei ragazzi, internet sia considerato addirittura “irrinunciabile”, un’avvisaglia di una crescente insicurezza e fragilità. Ciò che mi ha colpito maggiormente di questa indagine è che sia anche stato registrato un calo generalizzato di fiducia nei confronti di genitori ed amici, mentre è salita invece la fiducia nei confronti delle forze dell’ordine e nell’esercito. Il dato è di per sé positivo, ma ritengo sia l’evidente espressione di un forte bisogno di sicurezza che i ragazzi non trovano più nei genitori. Queste figure infatti vengono viste come persone forti e in grado di proteggerli».

Generazione 3.0

Non hanno tutti i torti i ragazzi a chiedere sostegno e protezione ad adulti sempre più distratti, sordi e distanti. Da generazione X a generazione 2.0 per poi passare rapidamente a quella 3.0. Siamo in una società che corre sempre più veloce e sembra non dare tregua a giovani sempre più connessi e senza regole. 
Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza rappresenta per i ragazzi un momento estremamente delicato di «debutto non protetto dall’ala genitoriale», una fase in cui l’unica cosa che importa veramente è farsi accettare dai propri coetanei e, perché questo avvenga, si fa ricorso a tre “passaporti”: l’aspetto fisico, la comunicazione e le abilità individuali.
Il fatto di non piacere al gruppo perché non si corrisponde a determinati canoni estetici può generare nell’adolescente vere e propria ansie. Per quel che è possibile dunque si lavora sul proprio corpo con i rischi che ne possono conseguire (problemi alimentari) e se non si riesce si va a lavorare sulla sua superficie curandone il look con l’abbigliamento, i piercing e i tatuaggi, in modo da attirare l’attenzione ed essere notati in ogni caso.
Attraverso la linea comunicativa invece si cerca di arrivare agli altri con il proprio linguaggio, si punta sulla simpatia e sull’essere divertenti, rischiando l’eccesso e offrendo un’immagine di sé poco credibile o trasgressiva. Con le abilità invece si punta ad essere ammirati o cercati, risultando particolarmente capaci in uno sport, un’attività musicale o nello studio.
C’è poi ancora un quarto “passaporto” che rientra nel campo dell’avere e non nell’essere. Ci sono infatti ragazzi che non ritengono di essere accettati per quello che sono ma per quello che sono in grado di offrire, arrivando anche a rubare soldi ai loro genitori per attirare i loro compagni con regali e oggetti da ostentare.
Nel momento in cui si fallisce su questi fronti e gli sforzi compiuti per essere accettati non danno dei risultati si decide di isolarsi e di scappare da tutto, cercando rifugio nella propria casa, o nella propria stanza, se anche i genitori vengono visti come dei nemici.

Generazioni a confronto

Molti genitori si scoraggiano in partenza, pensano di non essere in grado di stare al passo con questi tempi troppo moderni e difficili da comprendere, ma non è così. È indispensabile lavorare insieme a tutta la famiglia per superare questi disagi, portatori di enormi sofferenze per gli adolescenti.
Lavorare sulle emozioni e sulla fiducia è un elemento di grande importanza, così come creare un contesto in cui il ragazzo possa sentirsi sicuro. La realtà è che, negli anni, di qualsiasi epoca si parli, non ci sono mai state ricette per capire gli adolescenti, è un percorso difficile, faticoso e a volte scoraggiante per moltissimi adulti che risentono duramente del gap generazionale.
«Partire dal presupposto che siamo stati tutti adolescenti e il confronto tra generazioni è sempre stato complesso, può considerarsi già un buon punto di partenza», ha spiegato il professor Stefano Guarinelli, psicologo, nell’ambito di un convegno dedicato a Le età della vita: la sfida dell’adolescenza e della preadolescenza.
Di primaria importanza è il tema dell’“organizzazione dell’io”, profondamente modificatosi nel tempo. È fondamentale capire che quando si parla di sviluppo, si parla proprio dell’individualità e da qui bisogna mettere a fuoco quali sono le circostanze che la favoriscono e quali quelle che la ostacolano.
È centrale il tema delle vulnerabilità evolutive di oggi, molto diverse rispetto a quelle del passato con una nuova emotività, un diverso modo di concepire le relazioni e il tempo, così veloce da diventare “irreale”, azzerando le distanze e deformando il rapporto con l’altro.
Per questo il ruolo insostituibile dei genitori è decisivo e sono importanti alcuni strumenti pedagogici di cui si devono dotare gli educatori di oggi: la narrazione, in quanto esperienza senso-motoria di grandissimo rilievo, le esperienze che vedono coinvolte il corpo e la manualità e la rivalutazione dell’“unificazione”, al fine di una maggiore consapevolezza di sé e di quello che si è.


L’indagine americanaEcco alcuni dati emersi dall’indagine pubblicata dall’American Psycological Association e dallo Psycological Bulletin:10% l’aumento di perfezionismo orientato verso se stessi inteso come un desiderio irrazionale di essere perfetti;
33% l’aumento di perfezionismo relativo alla percezione di aspettative eccessive da parte degli altri;
16% l’aumento di perfezionismo orientato verso l’altro che porta ad avere standard non realistici su altre persone.


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