Diritto d’asilo, diritto a sognare
di Giovanni Godio Mai gettare la spugna Diritto d’asilo, diritto a sognare Per tanti profughi, la vita sembra ricominciare d...
https://www.dimensioni.org/2014/04/diritto-dasilo-diritto-sognare.html
di Giovanni Godio
Mai gettare la spugna
Diritto d’asilo, diritto a sognare
Per tanti profughi, la vita sembra ricominciare
davvero. Con il loro impegno e l’aiuto delle organizzazioni sociali come “Non
solo asilo 2” .
«Mi hanno fatto un contratto per tre anni da
apprendista, non so se mi spiego: tre anni, di questi tempi… E alla fine sarò un
pizzaiolo: voglio dire, un posto poi lo troverò, ogni tanto guardo su Internet
e un pizzaiolo lo cercano sempre. Ma chissà, in futuro potrei anche aprire una
pizzeria in Africa, o comunque investire laggiù quello che ho imparato in
Italia, con un po’ di creatività. L’Africa ha bisogno della sua gente. E poi
bisogna anche un po’ sognare, no?».
Aboubakar, 24 anni a luglio,
ovvero l’ottimismo di chi ne ha viste tante ma ha imparato ad attraversare la
vita in leggerezza. Nel 2011, l’anno dell’“emergenza Nordafrica”, Aboubakar
Traore è stato salvato dalla Marina militare su un barcone carico di 500 profughi che girava a vuoto nel Canale
di Sicilia. «È andata bene, nel senso che non è morto nessuno – racconta a Dimensioni – , però a bordo dicevano che
era il caso di pregare ognuno il suo Dio». Ancora ragazzino Aboubakar ha
lasciato Daloa, in Costa d’Avorio, per il Mali, poi ha lavorato in nero in
Libia, là è stato arrestato ma alla fine, nel caos della guerra civile, è
riuscito a imbarcarsi.
Il sole sorge sempre
Il sistema d’accoglienza
italiano, un “sistema” un po’ così, ha messo in mano ad Aboubakar un permesso di soggiorno “per motivi
umanitari”, lo ha sistemato al campo di Settimo Torinese e alla fine
dell’emergenza lo ha salutato con una buonuscita di 500 euro, arrivederci è stato
bello.
Che fare, a questo punto, dove
cercare un tetto? «Avevo una mezza idea di andare anch’io nei Paesi del Nord, ma
lavoravo già e mi hanno convinto: “Non
puoi lasciare tutto e ripartire da zero!”», anche perché una famigliola
torinese lo ha accolto in casa e continua a ospitarlo ancora oggi.
Però c’è dell’altro. Con il suo “sogno” personale di
autonomia, quello di diventare pizzaiolo, Aboubakar è entrato nel progetto “Non solo asilo 2” , realizzato
fra Torino e Biella da un’intelligente joint
venture tra cooperative sociali, l’Ufficio Pastorale migranti torinese e la Compagnia di San Paolo.
Punto
della situazione per Aboubakar: corso da pizzaiolo, fatto. Borsa lavoro, fatta.
Corso Haccp, fatto (ma che è? «È per l’igiene alimentare, è importante»).
Scuola guida per la patente B, lavori in corso. Triennio di apprendistato part time, in corso da qualche mese. Ed è
in corso pure un tirocinio di sei mesi, sempre part time, in una gastronomia artigianale sotto la Mole , “Cucina-To”: «Gastronomia
di qualità, specialità regionali – precisa Aboubakar – . Ad esempio, hai presente la ribollita?».
«Davvero non posso lamentarmi – conclude – . Ho amici
che non trovano lavoro, che faticano a imparare l’italiano, e invece in
pizzeria sei obbligato a imparare. Ma mi viene anche da dire: non mollate, non arrendetevi mai. Io sono arrivato
qui da voi senza nessuno, però qualcosa da fare l’ho trovato, e gente buona. Come
dire, il sole sorge sempre…».
Viaggio
d’affari a Nantes
Darcelle Besse, rifugiata, è arrivata in Italia nel 2010. Ha lasciato la Repubblica del Congo (il
“Congo Brazzaville”, nell’instabile macro-regione dell’Africa centrale e dei
Grandi Laghi) e qui da noi si è iscritta
a economia. Ma gli studi sono rimasti un po’ in stand by, «perché fra tasse e bollette dovevo pensare al lavoro:
non puoi stare senza far niente!». In patria Darcelle aveva fatto la
parrucchiera e l’estetista e anche a Torino si è data da fare con amiche e
conoscenti, a domicilio. Poi, inserita anche lei nel progetto “Non solo asilo 2” , Darcelle ha deciso di
mettersi in regola.
«Dovrei fare un corso
da estetista che dura tre anni: certo, è un bel po’ di tempo… Così intanto
ho pensato di aprire un’attività di vendita di prodotti di bellezza per la
pelle scura. Qui in Italia li compriamo da commercianti cinesi, però non sono
di qualità. Così ho preso contatti con una ditta di Nantes, in Francia, e nelle
prossime settimane farò un viaggio fin lassù. Ho bisogno di prodotti in regola
con le norme dell’Ue, non devono far male alla pelle. Poi dovrò aprire un punto
vendita qui in città, e spero di trovare mercato per i miei cosmetici. Certo
sarà importante metterli bene in mostra, e non impilati, magari, vicino a roba di
altro tipo come vedi nei negozi che ci sono qui».
Medio
Oriente take away
Se passate da Torino segnatevi questo indirizzo, via
Belfiore 11, zona San Salvario, quartiere di movida e molto altro, perché proprio in queste settimane ci apre
“Lo Sceicco” di Omar & soci: una gastronomia
da asporto e da consumazione in loco.
«Un posto da giovani – spiega Omar Khaled al Sheikh Qasem, 26 anni e una laurea
in scienze politiche nel cassetto – , tutto in regola con i permessi, con
vaschette da take away ecologiche, ma
soprattutto dove mangiare buoni piatti del Medio Oriente che finora in città
non si trovano».
Qualche anticipazione, sempreché il vostro menù non
sia ancora… riservato? «No, tranquillo, non lo è – sorride Omar – . Ad esempio la
shawarma, ecco, pollo con spezie
arabe, specialità siriana e libanese,
o il briani, riso con noci, mandorle
e carne macinata come lo fanno in Palestina e in Giordania. E se vuoi un dolce,
c’è il kunaf, con un impasto e formaggio
leggero tipo mozzarella, anche questo palestinese e giordano».
Le terre dei suoi piatti Omar le conosce tutte. Oggi
vive sotto la Mole
con i genitori e i fratelli (uno dei quali è suo socio nel progetto
gastronomia, anch’esso sostenuto e affiancato da “Non solo asilo 2” ). Ma, palestinesi d’origine, Omar
e la famiglia hanno vissuto per anni in
esilio, da rifugiati, fra Giordania, Libano e Iraq. A Baghdad nel 2003 li
sorprese l’invasione anglo-americana. «Furono 40 giorni tremendi – ricorda Omar,
che adesso parla con un filo di voce – . Scappammo in Siria, ci respinsero
nella terra di nessuno, nel deserto, e vivemmo nell’inferno del campo di tende
di Al Tanf».
Poi, nel 2010, la svolta: Al Tanf viene chiuso e la
famiglia Qasem, in un gruppo di 180 rifugiati, viene accolta direttamente in
Italia in uno degli sporadici programmi di “reinsediamento” organizzati dal
nostro Paese con le Nazioni Unite. Ancora Omar: «Siamo palestinesi, ma è qui che
abbiamo avuto per la prima volta dei veri documenti. L’Italia ci ha dato un posto per vivere. E adesso è venuto
anche per noi il momento di restituirvi qualcosa con il nostro lavoro».
BOX 1
Parrucche & trasporti
all-terrain
Cyriaque Tokam, rifugiato del Camerun, a
febbraio ha aperto a Torino il suo laboratorio di copisteria e servizi
informatici. Sempre in città, nel 2013 è partita la scuola di calcio
multiculturale per ragazzi di Patrick Neukeu, anche lui camerunense. Ma
nel curioso e variegato cantiere di “Non solo asilo 2” lavorano anche il burundese Leonce
Mariniho, che si è impegnato in un “executive
master in export management” a Roma e Aimé
Likengue, della Repubblica Democratica del Congo, specializzata
nell’importazione dalla Nigeria di parrucche ed extension per saloni di bellezza.
Colette Meffire Njiasse ha pensato a un export
di scarpe e borse da donna on demand
ancora in Camerun in collaborazione con la sorella («Io fotografo i modelli e
lei raccoglie le ordinazioni»), mentre Moustapha
Nfonkumun vuol metter su un’attività di vendita di artigianato africano:
«Conosco il significato degli oggetti (maschere, statuine, ecc.) e quando li
propongo ai clienti racconto anche la loro storia». Ma il “sogno” forse più
avventuroso è quello di Oliver Kopa:
avviare un piccolo servizio di trasporto persone su fuoristrada fra tre città
del Gabon.
BOX 2
“Non Solo Asilo”, lavori in corso
Che cos’è - Il progetto “Non Solo Asilo 2” , realizzato dalla Cooperativa
Orso, dall’Ufficio Pastorale migranti di Torino, dal consorzio “Filo da Tessere”
con il contributo e in collaborazione con la Compagnia San Paolo,
lavora fra Torino e Biella sostenendo circa
30 rifugiati in un loro
progetto di lavoro o di autonomia, personale o di gruppo. Insomma, un progetto per
una vera inclusione capace di andare oltre l’assistenzialismo, il paternalismo
e gli interventi d’“emergenza” in cui l’Italia è… specialista.
Segni particolari - In questo
2014 “Non solo asilo 2”
è stato individuato come una “buona
pratica” a livello nazionale in una mappatura dei servizi per rifugiati realizzata
dall’Unhcr (il Commissariato Onu per i rifugiati) in collaborazione con il
ministero del Lavoro.
BOX
3
Richiedenti asilo e rifugiati: ma chi sono?
Secondo
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Il termine comune di “rifugiato”
comprende 3 forme di accoglienza a protezione decrescente: lo status di
rifugiato vero e proprio, la protezione sussidiaria e quella umanitaria. In
Italia vivono oggi circa 64.000
persone a cui è stato riconosciuto uno di questi 3 status.
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Nel 2013 l’Italia ha esaminato quasi 25.800 richieste d’asilo: poco più di 16.200 si sono concluse con uno dei 3 riconoscimenti, ma le
domande respinte sono state oltre 9.500,
il 37% di tutte quelle esaminate.
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L’Italia è ancora
particolarmente carente nell’accoglienza dei rifugiati. È ancora priva di una
legge organica ad hoc e, al di là
dei “pezzi di carta” che concede, i servizi effettivi sono ancora
insufficienti. Solo in questo 2014 la rete di enti locali dello Sprar (il
Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) potrebbe arrivare
finalmente a 20.000 posti.
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Per saperne di più: i siti dell’osservatorio sul diritto d’asilo Vie di fuga, www.viedifuga.org, e dell’Unhcr,
www.unhcr.it.
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