Ce n’è per tutti

di Enrico Molineri Ce n’è per tutti Gli sprechi alimentari rappresentano nel mondo occidentale quasi il 50% del cibo prodo...


di Enrico Molineri





Ce n’è per tutti

Gli sprechi alimentari rappresentano nel mondo occidentale quasi il 50%

del cibo prodotto. Con poche attenzioni si potrebbe nutrire tutti e bene.



Se ci chiedessero di elencare dieci modelli di smartphone risponderemmo in pochi secondi in modo dettagliato. Molto probabilmente, non saremmo altrettanto pronti, se ci venisse chiesto di elencare dieci varietà di mele, anche se ne esistono più di 7000! Nella società dei consumi il cibo è ormai considerato una semplice merce: deve essere prodotta ottimizzando i costi, si devono “inventare” nuovi prodotti per aumentare i consumi...

Questo modo di rapportarsi con il cibo porta ad enormi sprechi, nella filiera della produzione gli sprechi iniziano nella classificazione del cibo “bello da vedere”: la frutta tutta dello stesso colore e dimensione comporta una selezione della produzione e quindi scarto.  Anche il cibo che arriva nelle nostre case viene in parte buttato via.

Un’indagine dell’istituto Gfk Eurisko ha quantificato le dimensioni dello spreco alimentare domestico in Italia: ogni anno in media una famiglia italiana butta 49 kg di cibo, complessivamente vengono sprecati 1,19 milioni di tonnellate di alimenti. Dal punto di vista economico corrisponde a circa 7,65 miliardi di euro (316 euro per famiglia).

Gli sprechi maggiori riguardano la verdura (10,7 kg), la frutta (9,9 kg), il pane (9,1 kg), e la pasta (6,0 kg) mentre minori risultano le quantità sprecate per gli alimenti più costosi: carne (4,5 kg), formaggi (2,1 kg), pesce (1,8 kg), surgelati (1,8 kg) e salumi (1,2 kg).

Fra le cause di questo spreco ci sono le cattive abitudini di milioni di persone, che non conservano i prodotti in modo adeguato, le date di scadenza troppo rigide, le promozioni e la pubblicità che spingono i consumatori a comprare più cibo del necessario.

L’altra faccia della medaglia è rappresentato da circa un miliardo di persone che non ha accesso a sufficienti risorse alimentari. Gli sprechi alimentari comportano anche un aumento dell’inquinamento: uso massivo di fertilizzanti, confezionamento, trasporto.  Un approccio più critico nei confronti del cibo porterebbe grandi benefici all’ambiente e ridurrebbe notevolmente il problema della fame nel mondo.



           Storie di vita                                



È una storia tutta italiana quella che parla di Iris. Nel 1978, nove giovani, ragazze e ragazzi iniziano a lavorare insieme nella pianura cremonese nel sud della Lombardia. Lo scopo iniziale è quello di lavorare la terra per la produzione di prodotti sani, senza l’uso di sostanze chimiche di sintesi.

Da allora l’azienda si è evoluta, aumentando la produzione in qualità e quantità. Nel 2005 ha rilevato il pastificio locale che non garantiva continuità di lavoro ai dipendenti per problemi economici. Salvati i posti di lavoro Iris riesce a produrre pasta di ottima qualità partendo dal grano e altri cereali. Nel 2010 viene deciso di rinnovare il pastificio: via il cemento, largo al legno, sale didattiche, ristori e persino una scuola materna. Si cerca una via alternativa alle banche per finanziare il progetto: viene creata una fondazione patrimoniale e avviata una campagna di adesioni alla cooperativa come soci finanziatori.

Lo scopo di Iris non è vendere di più, ma diffondere le pratiche di agricoltura biologica. Un esempio nostrano dove il lavoro, la produzione e il bene comune si fondono in modo armonioso.

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