L’internet quantistico
INSERTO di Fiammetta Orione L’internet quantistico La meccanica quantistica può migliorare la rete sotto molti aspetti: sicur...
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INSERTO
di Fiammetta Orione
L’internet quantistico
La
meccanica quantistica può migliorare la rete sotto molti aspetti: sicurezza,
rapidità di trasmissione, memoria di dati. Ecco perché la ricerca sta puntando
verso questa nuova frontiera della comunicazione.
Talvolta lo vediamo
comparire: è giovane, ha una felpa nera con un cappuccio calato sulla testa,
non si vede il volto, forse un po’ il profilo, se non cela una maschera. Si
muove silenziosamente, è un personaggio coraggioso al limite della spavalderia,
è mosso da una insaziabile volontà di conoscere, di mettersi alla prova e di
sfidare l’altrui abilità nel suo campo di azione preferito, l’informatica, con
o senza permesso di farlo. Lo chiamiamo “hacker”.
Il vero pirata informatico è il cracker, non l'hacker. |
È un appassionato di
informatica, soprattutto degli aspetti tecnici che ci permettono di chattare,
di vedere video, di leggere articoli o inviare e-mail. Un hacker non ha età, può essere giovanissimo
come adulto e la sua esperienza se la costruisce da solo, nel silenzio della
sua cameretta o di un’aula computer a scuola.
Non è da confondere con il
“cracker”, che è il vero e proprio
pirata informatico, il cui scopo non è conoscere e portare avanti la
tecnologia, quanto danneggiare il sistema, per svariati motivi, tra le infinite
sfumature che vanno dalla brama di potere all’odio ideologico.
Il MIT, la prestigiosa università americana dove ha preso vita internet |
Il primo computer
I primi hacker comparvero tra
gli anni Cinquanta e Sessanta negli Stati Uniti, in una famosa università, il
Massachusetts Institute of Technology (MIT), allorché venne reso disponibile,
ad esclusiva disposizione dei professori, dei ricercatori e degli studenti
prossimi alla laurea, il TX-0. È stato
il primo computer che, mantenendo una memoria per l’epoca di tutto rispetto,
poteva stare… in una stanza, invece che occupare l’intero piano di un edificio.
Non era proprio portatile, ma sicuramente molto più avvicinabile dei suoi
predecessori.
L’eccitazione degli
studenti del Dipartimento di Elettronica era altissima e tutti volevano poterci
“smanettare” un po’, esplorare le sue nuove
potenzialità. Il calcolatore era di utilizzo esclusivo ma, visto
l’entusiasmo, la Presidenza dell’Università concesse a tutti gli studenti
meritevoli di poterne usufruire nelle ore in cui non venisse utilizzato dagli
utenti ufficiali.
I giovani appassionati
avevano così a disposizione le ore
notturne, quelle non impegnate nelle complesse elaborazioni del
calcolatore. C’era poco tempo a disposizione, tanto lavoro, in una sorta di
gara tra di loro, a cui la curiosità non permetteva di sottrarsi.
Trenini e videogiochi
Tra gli studenti che si
vollero misurare con il Tx-0, si distinsero i ragazzi che facevano parte del club di modellismo ferroviario, attivo nell’università.
All’interno del loro club, come di ogni gruppo, vigeva un gergo proprio. Coniarono
essi stessi il termine hacking per
definire la loro attività di miglioramento dei circuiti elettrici, in grado di
far circolare meglio i trenini.
L’hacker diventò così lo
studente che si dedicava, per gioco creativo, passatempo e grandissima
passione, a studiare e scoprire migliorie
per il sistema, trenino o computer, su cui stava mettendo le mani.
Furono questi ragazzi ad
inventare negli anni Sessanta il primo
videogioco della storia, Spacewar!
Un gioco molto semplice, agli occhi di oggi, che però rispecchia le
caratteristiche del mondo hacker: grande competenza personale nello scrivere
programmi informatici, passione, sete di divertimento, libertà di condivisione
(oggi diremmo opensourcing, ovvero condivisione
gratuita di ogni strumento informatico, programmi, codici, applicazioni), corsa
all’innovazione.
Perché oggi “hacker” è
sinonimo di terrorista informatico? A partire dagli anni Ottanta lo spirito
originario, pionieristico, di questi appassionati informatici perse le regole di rispetto, di messa al
bando di ogni comportamento informatico dannoso. Alcuni hacker cominciarono a
scrivere e diffondere programmi dannosi (i virus!), violare i server militari e
mandare in tilt quelli universitari.
Su quotidiani e riviste
questa diffusione di comportamenti non raccomandabili, e distanti dallo spirito originario, vennero
stigmatizzati fortemente, lasciando un’impronta quasi indelebile nell’opinione
pubblica americana e, di riflesso, anche in quella europea. Questa nuova
generazione di hacker venne definita “cracker”, colui che manda in pezzi.
Dal diffuso modem si può concepire una rete a base quantistica |
Si parte dal modem
Da allora passi avanti da
gigante hanno guidato lo sviluppo dell’informatica e delle reti internet,
progettate per connettere diversi computer tra loro e permettere condivisione
di lavoro, di potenza, scambi di
informazioni a tutti i livelli. I protagonisti di questo sviluppo sono
stati scienziati, tecnici, semplici appassionati con alta competenza, come gli
hacker della prima ora.
Le comunicazioni tra
computer hanno utilizzato inizialmente le linee telefoniche preesistenti, le
cui lacune sono state superate tecnicamente dalla scoperta delle fibre ottiche,
migliorabili a loro volta da nuove possibilità che la luce laser può offrire,
grazie alle proprietà specifiche delle sue componenti, i fotoni luminosi,
descritte da quelle enigmatica parte della fisica chiamata “meccanica
quantistica”. Ecco prendere forma nel nuovo millennio l’internet quantistico.
Stephanie Wehner, fisico teorico
attualmente alla guida di un gruppo pionieristico sul progetto dell’internet
quantistico, unica donna europea capo progetto in questa avventura, è nata al
mondo informatico come hacker a 15 anni,
in Germania. A quell’età si misurò con le capacità ed i limiti del suo primo
modem analogico, da cui si svilupperà la sua curiosità sul come migliorare la
trasmissione dei segnali informatici, da vero hacker.
Ma andiamo per ordine: che
cosa è un modem, innanzitutto?
Perché dallo studio di questo oggetto si può arrivare a concepire una rete
internet a base quantistica? Il modem è un dispositivo elettronico, che converte
i dati di un computer in impulsi telefonici.
Immaginiamo di voler
scrivere una e-mail. Ogni lettera, ogni elemento del testo deve essere
trasmesso integralmente ed un canale tradizionale di trasmissione può essere la
linea telefonica, perché no? La linea
telefonica è ben diffusa, ben organizzata, non abbiamo bisogno di preoccuparci
di altro.
La linea telefonica
trasmette segnali propri, elettrici,
mentre il computer lavora con segnali elettronici.
Il modem rende i segnali elettronici, quelli che il computer registra dalle
nostre dita sulla tastiera, segnali elettrici, transitabili per il cavo
telefonico.
Fibre ottiche e satelliti
Le fibre ottiche hanno migliorato le trasmissioni del Web. |
Il
modem è stato un aggeggio fondamentale sul palcoscenico di internet. Internet, infatti, è il nome che i suoi
inventori diedero ad una serie di computer collegati tra di loro, in grado di
scambiarsi dati, immagini, testi, video, in modo che si potesse disporre del
materiale che il collaboratore avesse raccolto nell’ufficio accanto, al piano
di sotto, a chilometri di distanza, in un altro continente, senza spostarsi
dalla propria scrivania. Il collegamento dei terminali avveniva via cavo
telefonico.
Oggi
la linea telefonica è affiancata ad altre vie di collegamento tra terminali,
quali fibre ottiche (la ADSL!) e trasmissioni satellitari. Le pecche con
cui la linea telefonica può affliggere il segnale internet sono state
notevolmente ridimensionate attraverso l’utilizzo di fibre ottiche, materiali
migliori per trasmettere il segnale senza disperderlo troppo e con maggiore
velocità.
Le
fibre ottiche, come i cavi telefonici, hanno però bisogno di un supporto,
devono essere inserite in tubi, insomma: diventa un problema in zone impervie, immaginatevi in
montagna, da un continente all’altro con il mare in mezzo, nei deserti.
Le trasmissioni
satellitari ci sono venute in aiuto per ovviare a questo problema. Anche le
trasmissioni satellitari, però, presentano delle difficoltà, legate alla
disponibilità di bande di trasmissione.
Pensate ai canali radio che ci tengono compagnia al mattino, mentre andiamo a
scuola. Non sono infiniti, sono distinti, e neanche tantissimi. Per le
trasmissioni satellitari esistono dei canali determinati, le bande di
trasmissione, comunque subordinati alle esigenze militari dei maggiori Paesi
che possiedono i satelliti.
Espansione e sicurezza
Il
collegamento internet ha bisogno di disponibilità sempre crescenti di espansione e di sicurezza. Nella storia informatica (ed umana) ogni problema
rappresenta una sfida da superare, e chi meglio di un hacker puro può raccoglierla?
Stephanie Wehner è uno di questi.
Durante
i suoi studi universitari, Stephanie Wehner, attualmente scienziata presso
l’università olandese di Delft, ha compreso come la meccanica quantistica può migliorare la comunicazione internet in
termini di inviolabilità di comunicazioni ed estrema rapidità di trasmissione.
La meccanica quantistica, infatti, prevede per esempio di poter collegare
istantaneamente oggetti molto lontani tra loro, praticamente teletrasportare
informazioni da un punto all’altro.
Le
prime proposte relative alle modalità di comunicazione quantistica nel mondo
informatico risalgono agli anni Settanta-Ottanta, quando Stephen Wiesner, un giovane fisico della Columbia University di New
York, intuì il potenziale, applicabile al problema della sicurezza informatica,
di uno dei principi basilari della meccanica quantistica, secondo cui è
impossibile misurare una proprietà di un sistema senza cambiarlo.
Nel
mondo macroscopico questo sembra ovvio: dopo aver misurato il peso della mia
farina per torte sulla bilancia, sono certo di disporre di quella quantità e di
quella stessa farina. Osservando più da vicino, mi posso però rendere conto di aver variato per esempio la consistenza
della farina, per via dell’aria che si è insinuata tra un grano e l’altro,
trasferendo la farina dal sacchetto al contenitore. La torta verrà bene
ugualmente? Certo, nel mondo macroscopico.
Nel
mondo infinitamente piccolo è un altro paio di maniche: lì gli effetti delle
nostre azioni, invece di essere infinitamente piccoli, come tutto ciò che ci
circonda, diventano infinitamente grandi,
innescando quei processi affascinanti che fanno del mondo quantistico,
l’infinitamente piccolo, una realtà nella Realtà.
Nel mondo dei quanti,
dunque, se effettuo una modifica su un oggetto, quell’oggetto cambia radicalmente, non è più quello
di prima. La modifica non può avvenire in modo nascosto, lascia traccia
indelebile.
Le chiavi informatiche quantistiche sono password fatte di lunghissime sequenze di numeri |
Le chiavi quantistiche
Come può questa proprietà di invariabilità (“se ti
misuro, te ne accorgi, si vede”) venire in aiuto per una migliore sicurezza
informatica?
La sicurezza informatica è
un caposaldo basilare del nostro utilizzo di internet. Non vogliamo sicuramente
che i nostri segreti vengano svelati senza il nostro consenso, a livello
personale come a livello bancario o militare. Se la nostra e-mail segretissima
viene intercettata da un cracker, il malintenzionato effettua un’operazione sui
ogni lettera, ogni segno ortografico (li copia, li legge, li modifica). In
gergo si dice che “misura” la nostra
e-mail.
Se i segnali elettronici
che compongono la nostra e-mail venissero trasformati in segnali quantistici,
il cracker non potrebbe toccare nulla, a meno di essere istantaneamente
scoperto, per di più distruggendo istantaneamente il messaggio. Il “messaggio quantistico”, infatti, non
solo mostra subito se un’attività viene effettuata ma, nell’istante in cui lo
guardi, scompare, appunto perché cambia il suo stato, non rimane più quello di
prima.
Negli
anni Ottanta le intuizioni di Stephen Wiesner vennero approfondite da due
ricercatori americani, Charles Bennett, della IBM, e da Gilles Brassard,
ricercatore canadese di Montreal, ed insieme elaborarono un modo ingegnoso per
rendere molto più sicure le trasmissioni internet, attraverso la formulazioni
di “chiavi quantistiche”.
Seguendo la luce
Immaginate
di fare un salto indietro nel tempo, e di dover trasmettere un vostro messaggio segretissimo in pieno Medio
Evo. Inserirete il vostro foglio, scritto in codice (noi oggi diremmo
“crittografato”) in una cassetta, chiuderete la cassetta con una chiave, che
terrete voi. Il destinatario avrà una copia della stessa chiave. La cassetta
arriverà a lui tramite un corriere normale (la rete tradizionale), e solo il
destinatario potrà aprirla. Al destinatario la chiave arriverà per una strada
diversa, attraverso un corriere formidabile (la rete predisposta a
comunicazioni quantistiche). Se qualcuno avrà forzato la cassetta, o avrà anche
solo provato a forzarla, il destinatario se ne accorgerà…
Le chiavi informatiche
quantistiche funzionano più o meno così. Si presentano come delle sequenze (“stringhe”) di numeri, delle
lunghe, lunghe password, e solo immettendo queste sequenze i file, i supporti
dei messaggi che vengono scambiati (la carta del nostro messaggio medioevale),
vengono resi comprensibili.
La sfida è riuscire a
scrivere queste sequenze di numeri in modo che rispettino le leggi della
meccanica quantistica più che quelle del mondo macroscopico. La sfida, cioè, è
trovare il materiale e la tecnica di
fusione adatti per la nostra chiave medioevale.
Un interessante
“materiale”, molto comune, molto veloce, relativamente semplice da trasformare,
è la luce. Le minuscole particelle
che compongono la luce, i fotoni, seguono, una per una, le leggi della
meccanica quantistica. Le sequenze di numeri che, nel linguaggio macchina di un
computer, rappresentano immagini, testi, suoni, possono essere trasformate in
sequenze luminose, utilizzando la luce laser,
trasmissibile via fibra ottica o via satellite, fotone dopo fotone.
Oggi i dispositivi che
possono generare queste chiavi (i dispositivi QKD, “Quantum Key Distribution”) sono disponibili in commercio per organizzazioni finanziarie o governative.
Per esempio, nel 2001 la Svizzera ha investito in questa tecnologia per
proteggere le informazioni elettorali.
I fotoni “entangled”
La
meccanica quantistica, dunque, ci propone un modo per garantire la
consapevolezza di una intrusione, ma come applicare la teoria alla realtà?
Una teoria quantistica che
studia la sicurezza perfetta, quella che le chiavi dovrebbero avere per
garantire la segretezza del contenuto dei nostri file, è quella che si propone
di fornire le chiavi attraverso delle particelle di luce un po’ speciali: i
fotoni “entangled”.
I fotoni entangled sono come due gemelli legatissimi e, nel mondo infinitamente piccolo, le
relazioni diventano infinitamente grandi. I due gemelli sono così infinitamente
in simbiosi: quel che succede ad uno, succede all’altro, in senso opposto.
Facciamo ridere un gemello? L’altro, a migliaia di chilometri di distanza,
piangerà. Facciamo ruotare un gemello su se stesso in senso orario? L’altro
ruoterà su se stesso in senso antiorario.
Sfruttando questa
proprietà, è molto semplice accorgersi del tentativo di manomissione delle
chiavi: osservando un fotone entangled,
possiamo capire cosa sta succedendo all’altro: non dimenticandoci mai che i
fotoni viaggiano alla velocità della luce, 300.000
chilometri al secondo.
La Cina è all'avanguardia nello sviluppo per la costruzione di una rete quantistica. |
La rete cinese
La
Cina è attualmente all’avanguardia
nello sviluppo tecnologico necessario a costruire una rete quantistica, in cui
i segnali luminosi possano essere composti e decifrati secondo le esigenze di
cui abbiamo appena discusso: segretezza, rapidità, inviolabilità. Uno dei primi
problemi da risolvere è individuare il supporto migliore per trasmettere questi
segnali particolari.
Quando
tentiamo di trasportare un oggetto in un tubo, pensate all’acqua o a noi stessi
quando ci divertiamo sugli scivoli dei parchi acquatici, diventa essenziale che
il tubo non si crepi, non si rompa. Così è anche quando vogliamo trasmettere
segnali. Il problema della dispersione
del segnale è sempre in agguato, soprattutto se pensiamo al cavo telefonico
o alla fibra ottica.
La
Cina detiene il record mondiale per il tracciato di fibra ottica più lungo al mondo,
tra Pechino e Shanghai, circa 2.000
km. La Cina ha cominciato i suoi esperimenti con l’internet quantistico
utilizzando questo lunghissimo cavo. Questa dorsale internet di fibra ottica attualmente
è utilizzata per comunicazioni bancarie e commerciali, come per esempio il
collegamento ai data center del
gigante di shopping on line Alibaba, l’Amazon cinese. Per le frontiere senza
frontiere di internet, 2.000 km di fibra ottica sono un buon inizio, sì, ma non
basta.
Il satellite Micius
Le trasmissioni con chiavi quantistiche si adattano bene ad essere trasmesse via satellite. |
Le
trasmissioni con chiavi quantistiche si adattano molto bene ad essere trasmesse
via satellite, così nel 2016 la Cina ha lanciato, nell’ambito di un progetto di
ricerca sino-austriaco, il primo satellite sperimentale per supportare le
“comunicazioni quantistiche”, il satellite
Micius (dal nome latinizzato di un
filosofo cinese, Mozi, vissuto tra il V e il IV secolo a.C.).
Micius
è stato progettato in modo da connettere inizialmente quattro luoghi in Cina,
uno in Tibet e uno in Austria. In seguito il satellite è riuscito a scambiare
dati con l’intera rete di fibra ottica cinese, per poi riuscire a connettere la
Cina con la stazione austriaca prescelta. Un grande risultato! Micius emette e riceve segnali laser che si
possono vedere, dei raggi istantanei verdi, rossi se nell’atmosfera c’è più
polvere del solito.
Nel
2018 Jian-Wei Pan, ricercatore della
Università statale di Scienza e Tecnologia della città di Hefei, ha comunicato
la buona riuscita di un esperimento di trasmissione quantistica dei segnali via
satellite e cavo insieme.
Il
professor Pan è stato insignito del titolo di “migliore scienziato dell’anno”
nel 2017. I ricercatori cinesi hanno inviato delle immagini da Pechino a Vienna
(7.600 km), intanto che il satellite ci passava sopra, codificando i singoli frammenti (“bit”) che le componevano secondo
i principi delle chiavi quantistiche.
Un risultato ammirevole,
anche nelle sue parti migliorabili, come lo studio della trasmissione laser con
condizioni meteo avverse; i fotoni necessari per creare una chiave di cifratura
possono essere assorbiti dall’atmosfera. Nel caso delle reti “terrestri” i
fotoni possono essere assorbiti dalla fibra ottica, che rende impraticabile la
trasmissione quantistica dopo diverse decine
di chilometri. La dispersione del segnale, molto bassa, è pur sempre
presente.
La possibilità di violare
la chiave intrinseca del satellite, che permetterebbe di convogliare le
trasmissioni altrove o di decifrare le chiavi con cui lavora, non è ancora resa
bassa. Micius orbita poco lontano
dall’atmosfera, per cui la comunicazione è meno raffinata che se potesse
orbitare a maggiore distanza dalla Terra.
Gli esperimenti in Olanda
La prima rete quantistica europea è in fase di progettazione nei Paesi
Bassi ed il progetto, guidato dalla nostra hacker Stephanie Wehner, dovrebbe
concludersi l’anno prossimo. Questo esperimento è inserito in un progetto più
ampio, su scala continentale, il Quantum
Internet Alliance, e si avvale degli studi di scienziati informatici,
ingegneri, esperti di sicurezza informatica.
Per il momento, il
progetto europeo di Wehner è ancora in una fase iniziale e sta cercando
finanziamenti pubblici e partner privati. Una sfida cruciale è convertire i
fotoni laser visibili a quelli infrarossi,
più affidabili, che possono viaggiare bene lungo le fibre ottiche.
In Olanda, capofila
europea per questa fisica, è in costruzione un collegamento tra Delft e L’Aia,
che sono a 10 km di distanza l’una dall’altra. Entro il 2020, i ricercatori
sperano di aver collegato fino a quattro città olandesi, con una stazione in
ciascun sito, come un ripetitore quantistico. In caso di successo, il progetto
sarebbe la prima vera rete di
teletrasporto quantistico al mondo.
Memorie più potenti
Nel mondo quantistico, le unità di memoria dei computer potrebbero duplicare la capacità. |
La
possibilità di incrementare notevolmente la sicurezza e la rapidità nelle
trasmissioni informatiche non è l’unico vantaggio che le leggi della meccanica
quantistica possono offrire al mondo informatico. La meccanica quantistica
prevede che le particelle possano assumere più aspetti (tecnicamente si dice
che si trovano in “sovrapposizione di
stati”).
Immaginatevi
di fotografare un vostro amico, che si è tinto i capelli da biondo a viola.
Nella foto naturalmente lo vedrete ormai viola, il biondo sarà un pallido
ricordo. Nel mondo quantistico il
vostro amico avrebbe i capelli sia biondi sia viola, contemporaneamente,
quindi, nella vostra foto, potrebbe comparire biondo, e nella seguente
violaceo.
Se
pensiamo a questa proprietà nel mondo informatico, ci rendiamo conto che le unità di memoria che fanno dei
nostri dispositivi degli ormai insostituibili archivi, potrebbero come minimo
duplicare la loro capacità, senza richiedere dispositivi più capaci. Questo
succederebbe perché in una unità di memoria potrebbero risiedere
contemporaneamente più informazioni, più file, più oggetti.
Un
computer quantistico può memorizzare molte più informazioni di uno classico,
sempre proteggendo il suo contenuto da violazioni. Può inoltre effettuare una enorme mole di calcoli allo stesso
tempo, senza richiedere risorse informatiche esorbitanti.
Ci vogliono soldi
Su
questo principio si basa il progetto di realizzazione di computer quantistici, che possano immagazzinare informazioni in
quantità elevatissima, in modo ultra rapido e sicuro. Per ora i primi modelli
sperimentali sfruttano il principio di sovrapposizione in minima parte, diciamo
l’1-2% dell’auspicabile, ma giganti quali IBM, Google, Microsoft, Intel, oltre
alle istituzioni governative statunitensi, russe, cinesi stanno investendo
massicce risorse di ricerca.
Molteplici
sono le sfide da affrontare per poterli realizzare e diffondere. I sistemi
informatici quantistici sono, abbiamo visto, molto suscettibili: la minima
interferenza può alterare le informazioni che il computer contiene. Il software
necessario per controllare il sistema è di altissimo livello e solo pochi scienziati al mondo lo
stanno sviluppando.
Gli
investimenti economici non sono inferiori al miliardo di euro. L’Italia e l’Europa in genere sono purtroppo
lontane dall’investire risorse di questo calibro, ma gli scienziati dell’Università
di Padova, nel nostro Paese quelli più coinvolti nello sviluppo della
tecnologia quantistica, ci assicurano che, nei prossimi dieci anni, ne vedremo
di tutti i colori, anzi, di tutte… le luci!