Architetture resistenti
di Carlo Mantovani Contro il degrado e la cementificazione selvaggia Architetture resistenti Una storia a fumetti per spie...
https://www.dimensioni.org/2014/03/architetture-resistenti.html
di Carlo Mantovani
Architetture
resistenti
Una storia a fumetti per
spiegare come l’architettura contemporanea può contribuire a creare luoghi di
vita belli e gradevoli. Nel rispetto del territorio e di chi ci abita.
“In un luogo
brutto, non possono che accadere cose brutte”: questa la verità, lapidaria ma
inconfutabile, che ha guidato gli autori di Architetture resistenti, una rivoluzionaria graphic novel. Il libro è nato dalla sinergia, del tutto
inedita, di un team formato da due celebri architetti, Raul Pantaleo e Luca Molinari e
una brava illustratrice, Marta
Gerardi.
Il nobile
obiettivo è di raccontare a fumetti la storia di alcune opere di architettura
contemporanea, definite appunto resistenti: progetti illuminati che, invece di piegarsi alla
perversa logica dell’orribile cementificazione palazzinara che devasta
l’Italia, abbelliscono il
paesaggio e, a volte,
addirittura lo difendono.
Non tutto è da buttare

«In realtà –
ricorda Pantaleo, ispirata firma degli ospedali di Emergency – gli esempi di architetture resistenti sono molto più
numerosi di quello che si pensa: il problema è che la gente non li conosce.
Ecco perché abbiamo scelto la storia a
fumetti: un modo piacevole per spiegare alla gente che non ogni espressione
dell’architettura contemporanea è un insulto alla bellezza. Che non tutto, insomma, è da buttare».
«Certo –
prosegue Luca Molinari – il ventennio che va dal ’50 al ’70, etichettato come
quello della ricostruzione e della ripresa, ha spalancato le porte alla speculazione edilizia, decuplicando la superficie urbana. Ma poi
qualcuno, tra gli addetti ai lavori, ha cominciato a capire che il prezzo
pagato per la presunta crescita era troppo alto e bisognava invertire la rotta:
creando bellezza, invece di distruggerla».
Emerge quindi il ruolo sociale dell’architettura, che appare sempre più
cruciale nella costruzione di città e paesaggi a misura d’uomo. Formare
professionisti nuovi, tuttavia, trasformandoli in produttori di bellezza,
sarebbe inutile se allo stesso tempo non provvedessimo a formare anche cittadini nuovi: che conoscano il valore del bello e lo pretendano,
come un diritto inviolabile.
Obiettivo
realizzabile soltanto riformando la didattica e rendendoci conto che, accanto
alla storia dell’arte e della musica, nelle scuole occorre insegnare anche storia dell’architettura.
Per diffondere
quella che Pantaleo, con un neologismo, chiama la “bellitudine”: cioè
l’abitudine al bello. Perché un luogo gradevole, oltre a rispettare il
territorio, fa stare meglio chi ci abita. <