A scuola di sciopero
di Elena Giordano Pareri a confronto parlando di “scontri” A scuola di sciopero Manifestare, a volte, non fa male, può per...
https://www.dimensioni.org/2014/04/a-scuola-di-sciopero.html
di
Elena Giordano
Pareri
a confronto parlando di “scontri”
A
scuola di sciopero
Manifestare,
a volte, non fa male, può persino fare bene. A patto che la motivazione sia
intelligente e il cervello rimanga in funzione.
Racconta
Clara: «Nel mese di ottobre – avevamo da poco preso dimestichezza con l’aula,
noi stessi e i prof – entra in classe un ragazzo di quinta e con piglio
deciso esclama: “Dopodomani sciopero
contro il governo, nessuno entra in classe”. Noi primini ci guardiamo con lo
sguardo tra lo smarrito e il tonto-totale. Ci accorgiamo che il ragazzo sta
girando tutte le classi, il messaggio deve arrivare forte e chiaro, urbi et
orbi (si vede che sto studiando latino?!). Dopo la scuola arrivo a casa,
comunico alla mamma, tra la pasta e l’insalata, che dopo due giorni ci sarebbe
stato lo sciopero e lei, serafica: “Va bene, ma tu intanto in classe entri comunque”. Ecco, mi fa piacere».
Racconta
Diego: «Quando c’è sciopero io sto a casa, ne approfitto per dormire e studiare
per il giorno dopo. Non mi interessa
chi indice la manifestazione, tanto di sinistra, destra, sopra o sotto son
tutti uguali».
Racconta
Gaia: «Io sono politicamente impegnata,
credo negli scioperi per far capire alle persone e a chi ci governa che le cose
non vanno bene, non sopporto chi non si impegna per migliorare le cose, è
assurdo».
Che cos'è?
Come
avrete capito, quando si parla di sciopero, gli animi si scaldano, le posizioni si arroccano come in una
partita a scacchi e succede il putiferio. Ci si mettono di mezzo i genitori, i
prof, i ragazzi più grandi, le marionette mosse dai partiti, quelle mosse dai
centri sociali. C’è chi vieta e chi vieta di vietare. Chi colora gli striscioni
per la manifestazione di piazza e chi ne approfitta per andare al centro
commerciale.
Alla
fine della storia, e anche al suo principio, però, cos’è lo sciopero studentesco? A chi serve, a chi giova, contro chi
è indirizzato?
C’è
stato un tempo, quello appunto della “contestazione
studentesca”, in cui i giovani manifestavano per emanciparsi dalla famiglia
esageratamente tradizionalista; contro una società che si andava troppo
industrializzando e perdeva di vista i veri valori; contro la guerra che altri
giovani combattevano in Paesi lontani.
Lo
sciopero studentesco non è “forte”
economicamente: quando i vostri genitori aderiscono a uno sciopero indetto
dal sindacato, il loro stipendio alla fine del mese è più basso, perché dal
totale viene tolto il compenso della giornata “persa”. I ragazzi non hanno
denaro da gestire: lo sciopero, nel vostro caso, consiste nella perdita di una giornata di istruzione.
Genera comunque un danno.
Dalla
vostra – rispetto agli adulti – avete creatività e spontaneità. Uno sciopero di
lavoratori sarà mediamente serio, pieno di bandiere, con facce dimesse e anche
un po’ incattivite. Lo sciopero dei ragazzi sarà colorato, musicale, ricco di
slogan e battute.
“Meglio di no, lascia
perdere…”
Se
lo sciopero, in realtà, non ha controindicazioni pesanti, perché allora molti genitori mettono i bastoni tra le
ruote e non vogliono che i loro figli stiano fuori da scuola?
Facciamo
un po’ di chiarezza: lo sciopero non è come una partita di calcio, in cui già
da mesi si conoscono le squadre in campo, i colori delle maglie e gli obiettivi
(cioè vincere oppure, se si è meno forti, non farsi massacrare).
Lo sciopero è “fluido”, non ha i contorni
definiti. Poco prima non sai nemmeno che ci sarà e tac… te lo trovi
organizzato. Arrivi di fronte a scuola e tac… qualcuno ha appeso uno
striscione, altri hanno stampato migliaia di volantini, sono lì con i
fischietti e le trombe, e tu ti chiedi: «Ma chi sono, da dove vengono, come
hanno fatto a organizzarsi?». Si intravede qualche ragazzo delle classi più
grandi, ma la maggior parte sono sconosciuti.
I
contenuti dello sciopero sono a volte intelligenti, a volte meno. Si sciopera
per la riforma della scuola, contro il governo, contro la guerra (tanto c’è
sempre una guerra da qualche parte), contro una persona, un modo di dire o di
fare. Non sempre è chiaro chi è il comitato organizzatore. Ci sono la destra,
la sinistra, i centri sociali di sinistra, i gruppi di estrema destra, poi i
leghisti, i comitati studenteschi mix di questo e di quello e così via.
Ecco:
gli adulti non sopportano le cose poco
chiare. Impegnati a vivere una vita “seria” (cioè se si deve andare a
lavorare si va) digeriscono con molto fastidio queste situazioni appunto
“fluide”, in cui hanno l’impressione che il proprio figlio venga tirato di qua
e di là. Cosa vorrebbero i genitori? Che i figli agissero con motivazioni nobili. Boh! Vassapere cosa
sono, queste motivazioni nobili…
Sta a voi decidere
È
molto semplice. Volete scioperare? Perfetto, lo sciopero è un diritto. Però siate coerenti. Cioè: informatevi e poi
scegliete. Informatevi, ossia non
“bevete” quello che vi racconta il rappresentante di istituto, né quello che
c’è scritto sui volantini. Andate dai promotori e chiedete: «Perché si
sciopera, a cosa serve protestare?». State tranquilli, anche se siete primini,
i ragazzi di quarta o quinta non mangiano nessuno, anche loro hanno a che fare
con verifiche e interrogazioni: considerateli fratelli maggiori, non divinità
dell’Olimpo. Secondo momento: scegliete.
Quando siete in possesso di tutte le informazioni del caso, costruitevi una
vostra opinione. Davvero la riforma della scuola di cui sta parlando il
governo, che verrà a approvata chissà quando, merita uno sciopero? Se la
risposta è sì, preparatevi a fare un
discorsetto ai genitori per convincerli della vostra scelta.
Giù dalla branda!
Volete
scioperare? Scioperate. Volete entrare in classe insieme ad altri due o tre
coraggiosi? Fatelo, scoprirete che vivere la scuola in pochi intimi è persino
divertente. Una sola cosa tutti vi chiedono di non fare: stare a casa a
poltrire, o usare lo sciopero per andare in giro per negozi, o a trovare gli
amici, o a giocare a biliardino. Tutti si lamentano che in questo Paese nessuno
si prende le proprie responsabilità,
che i politici sono banderuole che predicano bene e razzolano male… mica
vorrete essere come loro, vero?
Un’altra
cosa, ugualmente urticante: se siete sotto di qualche materia, e pensate di
tirarla su studiando proprio il giorno dello sciopero, fatelo. Però che
tristezza, la vostra sapienza nascosta dietro al dito del “così ho più tempo
per”. Dai ragazzi, dai, dai! Voi siete
molto più intelligenti di così!
Mai disconnettere il
cervello
Come
in tutte le situazioni della vita, anche lo sciopero si affronta con il cervello ben funzionante. In certi
casi, di fronte a situazioni che davvero fanno gridare allo scandalo, una
protesta è necessaria, anzi, urgente. Ci sono tanti tipi di manifestazioni, tutte pacifiche: indossare un fiocco,
una sciarpa colorata; non acquistare cibi di certe marche, boicottare un
evento. Fate sentire la vostra voce,
nei modi che vi sono più congeniali. Solo, fatelo perché ci credete nel cuore,
perché sapete che è la cosa giusta. Non perché ve lo dicono gli amici o perché
“tanto lo fanno tutti”. Aspettatevi grandi cose dal vostro cervello, non vi
deluderà.
Box
Giocatest
Ti
ricordi l’ultimo sciopero che è stato indetto a scuola?
Prova
a completare tutte queste voci:
·
da
chi era indetto
·
quante
persone hanno partecipato
·
quanto
tempo prima è stato organizzato
·
da
quante persone-gruppi è stato organizzato
·
quali
bandiere erano presenti
·
quanti
ragazzi erano in classe
·
quanti
hanno bigiato
·
cosa
hanno detto i prof
·
quali
risultati ha ottenuto
Ora
conta: a quante sei riuscito a dare una risposta?
Hai risposto a tutte e 9
le domande.
Eri
ben consapevole di quanto stava accadendo. Certamente hai agito avendo tutte le
informazioni possibili sotto mano.
Hai risposto a 5 domande.
L’idea
dello sciopero ti piaceva, ma non ti importava molto quale fosse il suo
obiettivo. Il tuo comportamento è stato dettato dalla situazione del momento.
Hai risposto a 3 domande.
A
mala pena sapevi che ci fosse lo sciopero. Non ti interessi di quanto accade
attorno a te perché non lo ritieni importante.
Box
Su
uno dei siti più seguiti dagli studenti, uno di quelli su cui si trovano
riassunti e tesine, appunti e forum sulla scuola, ci sono dati e numeri che
spiegano che, per non essere bocciati, occorre frequentare almeno tre quarti dei
giorni di scuola. E che dunque, al contrario, non bisogna essere assenti per
più di un quarto dei giorni, ossia una cinquantina. Ma quale studente calcola
quanto può stare fuori dalla classe? Perché il mondo deve girare al contrario?
La scuola è bella, è un’esperienza istruttiva, appagante, aiuta davvero a
costruire un futuro, non solo professionale. Entrare in classe scalando i
giorni in cui si può in realtà stare a casa… è forse il segnale che uno non è
al posto giusto?