Che sapore ha la felicità
di Elena Giordano Qualche suggerimento per vivere bene Che sapore ha la felicità? Ricercarla, trattenerla, condividerla, farla ...
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Qualche suggerimento per vivere bene
Che sapore ha la felicità?
Ricercarla, trattenerla,
condividerla, farla diventare
compagna di vita. Alla
scoperta della sensazione più appagante
che l’uomo possa
provare.
«Per me,
sa di cioccolata, con una punta di cannella» (Chicca). «Per me, sa di giardino
fiorito pieno di iris» (Saretta). «Per me, ha il profumo dell’aria subito dopo
una nevicata» (Fabio).
Che
sapore ha, davvero, la felicità? Diverso, per ogni persona. È un
sussurro, un anelito, un obiettivo, una meta, ma anche la ragione di vita, del
singolo e persino dei popoli nel loro complesso: la Dichiarazione di
Indipendenza degli Stati Uniti d’America del
4 luglio 1776, per esempio, inserisce tra i diritti inalienabili degli
uomini “la Vita ,
la Libertà e
la ricerca delle Felicità”.
Quindi, cos’è questa felicità, della quale tutti scrivono e cantano? È
l’energia che fa alzare al mattino e sorridere. È la spinta a vedere il mondo
con occhio buoni. È sorella della speranza e cugina della soddisfazione.
Il suo
peso è però quella di una piuma. Un qualunque movimento la fa spostare: in
pratica, la felicità non è un dato acquisito, che vi accompagna con
costanza per tutta la vita. È come una farfalla che vi gironzola attorno, un
po’ si posa su di voi, un po’ si allontana, un po’ si nasconde, quasi per
dispetto.
La
felicità è un bene, saperla trattenere è un’arte. Non sempre semplice. Molti
provano a scrivere come si fa, con la carta e con la penna. Ma è difficile
catalogare e “cubettare” un sentimento, che ciascuno prova a modo suo.
Io, tu,
noi
La felicità si compone di tre elementi: stare bene con se stessi, stare
bene con gli altri, stare bene con il creato.
Andiamo con ordine.
Stare bene con se stessi: significa riuscire a dormire la notte sapendo che si è
ottenuto un buon risultato scolastico grazie a tanto impegno. Significa guardarsi allo specchio e
vedere una persona serena, che si rispetta e si ascolta, che ha il cuore pulito
ed è disposta a mettersi in gioco per cause nobili.
Stare bene con gli altri: chi è felice sa che solo nell’incontro con le
altre persone il suo stato di beatitudine può essere decuplicato. Se da soli
osservate un bellissimo panorama, lo contemplate e stop. Se condividete con un
amico questo momento, la sensazione sarà più profonda. La felicità, tra l’altro
si annida nei piccoli gesti di altruismo che si fanno ogni giorno nei confronti
di chi ha bisogno. Non è il caso di salvare il pianeta, è sufficiente
accorgersi che un amico richiede una parola di conforto.
Stare bene con il creato: tutti viviamo immersi in una comunità, composta da
persone, strutture, elementi naturali. Pizzichi di felicità si recuperano anche
quando si ama e si rispetta il posto in cui si vive, senza concentrarsi sul
“Basta che vada bene a me adesso”, ma sul “Devo occuparmi anche del futuro”.
Avete
sicuramente intuito che la felicità non si costruisce al chiuso di casa
propria, non si completa come un sudoku stando sul divano. Si costruisce
interagendo con gli altri, vivendo con loro.
La vita
non ama la costanza. O meglio: tutti vorremmo stabilità – negli affetti, nelle
situazioni, nella professione e nello studio – per vivere sereni. In realtà,
alti e bassi accompagnano le giornate. E anche la felicità vive su questa altalena
fastidiosa, che non si ferma mai. A un giorno in cui tutto va alla grande,
l’amore fila liscio, piovono bei voti, nessuno si arrabbia, può seguire un
giorno completamente diverso, in cui la felicità sta a zero. Cosa succede?
Semplicemente,
si rompono dei meccanismi, che non sempre dipendono dal diretto interessato, e
la vita si complica. Per esempio, si fanno strada problemi scolastici. Oppure
un lutto. O una grave incomprensione in casa. L’amore si può incrinare, così
come l’amicizia più importante che avete. A un giorno di massima tristezza
inizia a seguirne un altro altrettanto triste. Più passano le ore, più vi
sembra di entrare in un tunnel dalle pareti abbastanza strette. Il
tunnel è buio, a fatica vi orientate. Il resto della vita perde colore, e su
tutto cala un freddo persistente, continuo, che non molla mai. La felicità non
ha più la forza di fare capolino, è troppo affaticata.
Una
situazione di questo genere è abbastanza comune, e non risparmia l’adolescenza
di per sé spensierata. E può avere conseguenze anche impegnative. Quando
non si sa che fare, si cercano appigli, un riempitivo-sostitutivo della
felicità, che tenga la mente occupata e non faccia pensare troppo a quello che
si sta vivendo (chiamatelo alcol, chiamatela droga, come preferite).
Cosa
fare? Muoversi per tempo: non attendere, cioè, che le pareti del tunnel scuro
inizino a stringersi. Al primo accenno di soffocamento, chiedete aiuto,
un aiuto vero, a un adulto che ritenete di fiducia (un insegnante, un
educatore) e lasciatevi condurre verso l’uscita.
La deriva della non-felicità porta alla rabbia, allo scontento,
all’aggressività, all’invidia per gli altri e per quello che loro stanno
vivendo. Coraggio, le tenebre – come dice la Bibbia – non prevarranno!
Felici,
ossia beati
La felicità piena non si esaurisce in se stessi. C’è però un passaggio
ulteriore: i cristiani hanno un riferimento “alto”, altissimo, per
essere pienamente felici, e per vedere questo sentimento durare più a lungo.
Basta aprire il Vangelo e leggere il passo sulle Beatitudini (Matteo, 5,
1-12). È Gesù stesso a dire come ci dobbiamo comportare: occuparci degli altri,
essere miti, lavorare per la giustizia, essere leali, perdonare, condividere
quello che si possiede…
Troppo
spesso giriamo in tondo alla ricerca di un significato più profondo per le cose
che ci accadono: in realtà la risposta è davanti al naso, scritta più di 2.000
anni fa.
Essere
e avere
Molti vi
diranno che essere felici significa possedere l’ultimo modello di iPhone
e iPad, vestire firmati, andare in vacanza all’estero, poter provare l’ultimo
ritrovato chimico per stare svegli tutta la notte, fregare il prof copiando la
versione di latino e portando a casa un bel 9.
Peccato
che questa non sia felicità, ma un suo surrogato, nemmeno ben fatto. A
un iPhone ne segue subito un altro più accessoriato; i vestiti dopo un anno
sono fuori moda; le vacanze sono brevi; la droga da sballo fa stare bene 3 ore
e male 2 giorni; il 9 “rubato” in Latino porterà con sé, la volta successiva,
un bel 4.
Tutto
troppo rapido, troppo superficiale, troppo poco intelligente per essere la base
della vera felicità. Non fatevi abbagliare da chi vive solo di apparenza.
Resterà con un pugno di mosche.
La
ricerca della felicità
La ricerca della felicità non è solo il titolo del film che ha per protagonista Will
Smith e per regista Gabriele Muccino. È, se lo volete, la parola
d’ordine di ogni giornata.
Mettete nello
zaino, per la vostra camminata quotidiana, tanto entusiasmo; occhiali
giusti per “intercettare” le altre persone e capire i loro bisogni; prontezza
di spirito per scacciare la tristezza, sempre pronta a farsi avanti quando
arrivano gli intoppi; ottimismo, perché non è scritto da nessuna parte che le
cose devono andare sempre male. E quando vi accorgete che il vostro cuore è
colmo di felicità, chiudete gli occhi e trattenete questo momento: sarà uno dei
ricordi più belli della vostra vita.
Da
ultimo, non poteva mancare la colonna sonora, costituita da una delle
canzoni più fischiettate al mondo, di Bobby McFerrin, che dice proprio Don’t
worry, be happy. <