Oltre ogni confine - cooperativa milanese Crinali

di Elisa Murgese L’efficace azione della cooperativa milanese Crinali Oltre ogni confine La convivenza con gli ...




di Elisa Murgese



L’efficace azione della cooperativa milanese Crinali

Oltre ogni confine

La convivenza con gli stranieri può crescere solo in luoghi

dove ci sono persone che parlano la loro lingua.

E che spiegano come orientarsi e integrarsi in Italia.



È la cooperativa più multiculturale di Milano. A guidare i suoi progetti 25 donne provenienti da undici Paesi diversi. Le loro terre d’origine evocano paesaggi lontani: Algeria, Cile, Cina, Ecuador, Egitto, Filippine, Marocco, Perù, Polonia, Romania. L’undicesimo Paese è proprio l’Italia. «Perché la convivenza con i musulmani – come con tutti gli altri popoli – può crescere solo in luoghi dove ci sono persone che parlano la loro lingua, e possono in questo modo spiegare ai migranti cos’è l’Italia».

A spiegare a Dimensioni Nuove cosa nasconde il progetto di Crinali, cooperativa nata a Milano nel 2002, è la vice presidente Karina Sconzelli.



Il punto di vista dei migranti

Non conoscere la lingua vuol dire non poter entrare in un negozio a prendere del pane. Ma anche non capire come funziona il sistema sanitario, non poter aiutare tuo figlio con i compiti di scuola e non essere in grado di sostenere un colloquio con le sue maestre.

Essere stranieri può voler dire anche andare in ospedale per partorire, e affidarsi a medici di cui non capisci i discorsi mentre ti assistono in uno dei giorni più importanti della tua vita. Ed è proprio in questi momenti che le ragazze della Cooperativa Crinali cercano di stare accanto alle migranti che si rivolgono al loro consultorio. «Accompagniamo le donne in ospedale spiegando loro come funziona l’assistenza in Italia – racconta Karina – . Ma il nostro lavoro è duplice: da una parte interpretiamo la realtà italiana per i migranti, dall’altra spieghiamo a medici, insegnanti, cittadini italiani quali sono le difficoltà culturali degli stranieri che hanno di fronte».

Interpretare i punti di vista del cittadino straniero, il senso che lui dà alle cose, creando una conoscenza reciproca che permetta di superare il pregiudizio. Un progetto che mira a costruire «un ponte capace di fare incontrare diverse culture», sorride soddisfatta la mediatrice linguistico-culturale cilena.



Tanta diffidenza

Tra i compiti di Karina Sconzelli quello di accompagnare l’inserimento scolastico degli studenti stranieri. Tra questi, diversi ragazzi musulmani che hanno «non poche difficoltà a crearsi amicizie – spiega Karina – a causa del pregiudizio dell’arabo terrorista».



Una scuola media, quella seguita dalla mediatrice culturale cilena, dove le tensioni tra i ragazzini sono palpabili e obbligano gli studenti musulmani ad alzare le difese. «Una situazione che non è da sottovalutare – commenta la mediatrice a Dimensioni Nuove – . In questo momento storico non vorrei proprio essere nei panni di un musulmano. Basta vedere come sono guardati a scuola o nelle sale d’attesa. C’è tanta diffidenza e fatica nei loro confronti».



Una paura che dagli italiani, secondo Crinali, si diffonde agli stessi stranieri anche a causa dei media e del modo in cui sono rappresentati fatti come il massacro di Charlie Hebdo o l’avanzata dell’Isis. Una ferita che rischia di pregiudicare la visione che si ha dei musulmani, ma che potrebbe essere curata proprio con progetti di inserimenti costruiti ad hoc. «Se non si usa intelligenza, invece, la situazione potrebbe esplodere», conclude la vice presidente.



Solo due stranieri

Karina ha preso un volo per l’Italia quando aveva solo 15 anni. Suo padre era un italiano emigrato in Cile: aveva la cittadinanza italiana, Karina, e nessun problema con quel permesso di soggiorno tanto agognato dai migranti. «È stato uno choc arrivare in un Paese straniero di cui non conoscevo neppure la lingua – racconta Karina – . Mi ricordo che eravamo solo due bambini stranieri in tutta la scuola mentre oggi le classi sono formate per la metà da alunni migranti. In quegli anni ho imparato cosa vuol dire la solitudine».

Ed è stato questo percorso fatto sulla sua pelle che ha portato la giovane cilena, oggi quasi 40enne, a rendere la sua esperienza di vita uno strumento di lavoro, per «aiutare gli stranieri alle prese con gli stessi problemi che io stessa avevo vissuto qualche anno prima».



Il ritardo scolastico

Oltre 7mila utenti coinvolti per 70 donne tra socie e volontarie e 500 operatori. Le lingue parlate dalle operatrici, invece, sono 35. Tra i servizi offerti counselling e colloqui, ma anche percorsi di psicoterapie individuali e di coppia.

«La migrazione non è solo un evento sociale ma è anche un evento psichico molto importante e potenzialmente traumatico», raccontano dalla Cooperativa Crinali, aggiungendo che «di fronte alla sofferenza psichica di adulti, bambini e adolescenti offriamo spazi di consultazione transculturale in cui gli utenti migranti vengono accompagnati in un percorso terapeutico che tiene conto del trauma migratorio e delle differenze culturali».

Tante le manifestazioni del disagio legato al cambiamento culturale che ogni trasferimento comporta: gli esperti lo chiamano “choc culturale” o “trauma migratorio”. Numerosi anche i progetti che stanno per partire ma che necessitano di fondi: come un corso di italiano dedicato alle mamme straniere o un percorso di inserimento scolastico e accoglienza di bambini stranieri.

«Il 38% dei ragazzi migranti (contro l’11% degli italiani) risultano in ritardo scolastico e rischiano la dispersione e l’esclusione – precisa Crinali che segue oltre 600 minori ogni anno – .  Nella scuola media i ripetenti stranieri sono praticamente il doppio degli italiani. Tra i più fragili ci sono quelli da poco giunti in Italia in seguito a ricongiungimento familiare».

Grande spazio dedicato anche alla formazione degli operatori italiani, anche se «forse a causa della crisi, ho l’impressione che nel pubblico non si cerchi più di migliorare il servizio offerto ma solo di rispondere all’emergenza – conclude Karina – . Con gli anni la situazione per il mondo del sociale è peggiorata e stiamo tornando indietro. Ma noi teniamo duro».

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