Europei: al ballo delle debuttanti
sport di Stefano Ferrio Europei, l’Italia cerca spazio Al ballo delle debuttanti Un’incognita la nazionale di Conte alla ...
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di
Stefano Ferrio
Europei, l’Italia cerca spazio
Al ballo
delle debuttanti
Un’incognita la nazionale di Conte alla gran festa di
calcio in programma per un mese in Francia. Azzurri sospesi tra le favorite
Germania, Spagna e Francia, e l’allegra combriccola delle ultime arrivate, a
cominciare da Islanda e Albania. Ma l’“avversario” di tutti sarà il terrorismo.
La Germania
campione del mondo, la Spagna campione d’Europa in carica, la Francia padrona
di casa. Più un’Italia forse da scoprire, un Belgio quanto mai da temere,
un’Inghilterra decisa a non fare più la comparsa. Tutti nomi senz’altro da pronosticare
per la vittoria, alla vigilia di Francia 2016, soprattutto i primi tre,
eppure... Eppure uno spettro si aggira per l’Europa, anzi due...
Rispetto
al Manifesto di Karl Marx, che nel 1848, con quella famosa frase, auspicava
l’avvento del comunismo, quando si avvicinano gli Europei di calcio, gli incubi
dell’establishment continentale del pallone non hanno un solo nome,
bensì due, a loro tempo rivoluzionari: Danimarca e Grecia.
Alla
vigilia della quindicesima edizione del massimo campionato per squadre
nazionali istituito dalla Uefa, in programma in Francia dal 10 giugno al 10
luglio prossimi, ci si chiede quindi se il verdetto finale avrà la stessa sorprendente
forza d’urto di quanto avveniva nel 1992
in Svezia, con la vittoria della Danimarca, e nel 2004 in Portogallo, con la
coppa finita nelle mani di Theodoros Zagorakis, centrocampista e capitano della
nazionale ellenica.
Due
squadre fuori da ogni pronostico, se pensiamo che i danesi furono addirittura
ripescati al posto della Jugoslavia, impossibilitata a presentarsi a causa
della guerra civile che la insanguinava, mentre i greci vincenti a Lisbona
erano dati uno a mille dai bookmaker dell’epoca.
Occhio alle sorprese
Dovesse
in qualche modo valere la regola dei dodici anni, il 2016 si annuncia come
foriero di un nuovo, possibile terremoto in grado di scompaginare le
certezze ereditate dall’albo d’oro del torneo: tre titoli a Germania e
Spagna, due alla Francia, uno a testa a Italia, Olanda, Danimarca, Grecia,
nonché a due nazionali estintesi con la fine dell’Europa dei due blocchi:
Unione Sovietica e Cecoslovacchia.
La
formula stessa del torneo francese, allargata a ventiquattro squadre,
otto in più delle sedici ammesse fino al 2012, e l’andamento delle fasi di
qualificazione, danno credito all’ipotesi di un nuovo blitz ordito da una delle
ultime arrivate.
Chi ha
seguito i gironi in cui sono state impegnate le 53 nazionali inizialmente iscritte
alla competizione, per definire le 23 da affiancare alla Francia padrona di
casa, ha avuto per esempio di che impazzire per l’Islanda. Squadra
rappresentativa di un Paese i cui 300mila abitanti sono meno di quelli di una
città come Bologna, la nazionale allenata dal ct svedese Lars Lagerback, ha
prevalso addirittura sulla titolatissima Olanda per prevalere nel proprio
gruppo.
A
trascinarla in questo crescendo di successi è stata una rosa di giocatori uniti
e affidabili, fra cui spiccano stelle europee come il centrocampista del
Basilea Birkir Bjarnason, ex Pescara, o l’attaccante del Nantes Kolbeinn
Sigborsson. Ora i vichinghi in divisa blu volano in Francia per il primo
Europeo della loro storia assolutamente decisi a non fare le comparse, sognando
piuttosto di coronare nel modo migliore una parabola sociale e culturale nata
nel loro Paese con l’incentivazione dell’attività sportiva, scelta dai
governanti locali come via maestra per la lotta all’alcolismo e al disagio
giovanile.
Meno
compassati e più passionali degli islandesi sono altri debuttanti assoluti agli
Europei, ovvero i giocatori della nazionale albanese allenata da un
commissario tecnico italiano, Gianni De Biasi, che così bene ha fatto alla
guida della squadra capitanata dall’ex laziale Lorik Cana, da essere indicato
tra i favoriti a ricevere in eredità da Antonio Conte la panchina dell’Italia.
D’altra parte, arraffare il pass per la Francia in un girone dove c’era da
sgomitare con avversarie di rango come Portogallo, Serbia e Danimarca, ha dato
grande lustro a un’impresa sportiva che ha fatto giustamente scalpore.
Ma il
ballo delle debuttanti è tutt’altro che concluso, comprendendo anche un’Irlanda
del Nord di sconosciuti ammirati per il bel gioco di squadra, finalizzato
ai gol di Kyle Lafferty, ex bomber incompreso a Palermo, la Slovacchia
che ruota attorno ai colpi di genio di Marek Hamsik, capitano e direttore
d’orchestra del Napoli di mister Sarri, e un Galles così dolcemente
invasato dalla qualificazione ottenuta, che una rockband di culto come i Manic
Street Preachers hanno composto per i loro beniamini un inno nuovo di zecca,
titolo Together Stronger.
Azzurri: poco carisma
La
colorita varietà delle ventiquattro contendenti al via quanto meno servirà a
compensare lo scarso interesse agonistico suscitato dai sei gironi di
qualificazione, ognuno composto da quattro squadre, di cui passano le prime
due più le quattro migliori nella classifica avulsa fra le sei terze. La
formula si è resa necessaria per approdare alle sedici partecipanti alla fase a
eliminazione diretta, che porterà dagli ottavi alla finalissima del 10 luglio.
Antonio Conte, allenatore della Nazionale e Gianni De Biasi, coach dell'Albania |
In questo
contesto, se può consolare, sarà appassionante, o forse drammatico, seguire l’Italia,
inserita in un girone di ferro in cui misurarsi contro un’Irlanda da sempre
ostica per gli azzurri, una Svezia resa venefica dagli istinti anti-italiani da
cui può essere animato il bomber Ibrahimovic, e un Belgio pronosticato fra le
aspiranti alla vittoria finale grazie a un collettivo che gronda classe in ogni
reparto: Thibaut Courtois, numero uno del Chelsea, in porta, il romanista Radja
Nainggolan in mezzo al campo, i talenti di Dries Mertens e Divock Origi, così
apprezzati a Napoli e Liverpool, sul fronte d’attacco.
Sono
avversarie che testeranno subito la competitività della squadra allenata da
Antonio Conte, sulla carta povera di carisma a centrocampo, dove
qualcuno invoca tuttora le illuminazioni del quasi pensionato Andrea Pirlo,
espatriato negli Stati Uniti, e di limitata forza offensiva, considerando che
le maglie da titolare sono contese da onesti mestieranti come l’“inglese”
Graziano Pellè, cannoniere del Southampton, lo juventino Simone Zaza e il
redivivo Stephan El Shaarawi, in questa stagione non pervenuto al Monaco per
poi ritrovare la via della rete con la maglia giallorossa della Roma.
Ma
proprio i precedenti di Grecia e Danimarca sono fatti apposta per rianimare
anche qualche speranza azzurra, ricordando l’elevato tasso di imprevedibilità
degli Europei. È altrettanto vero che le certezze su cui basano le loro
ambizioni le tre squadre favorite hanno del poderoso. Vale per la Germania
iridata del blocco Bayern, per la Spagna di Casillas, Iniesta e Fabregas, e per
la Francia, non solo fortificata da talenti come il romanista Digne e Sissoko o
il bianconero Pogba, ma anche dotata di grandi tradizioni casalinghe,
rammentate dal titolo mondiale del 1998 e da quello europeo del 1984, entrambi
vinti a Parigi.
Se il
gioco dovesse farsi particolarmente duro ed equilibrato, potrebbero essere
singole stelle a illuminarlo con i loro colpi da maestro. Parliamo di un Jamie
Wardy, goleador del Leicester dei miracoli destinato a portarsi anche la
nazionale inglese sulle spalle, di un Robert Lewandowski, oro puro in
forza al Bayern Monaco e in grado di trascinare chissà dove la Polonia, nonché
di un Cristiano Ronaldo, la cui classe risolutrice solitamente si
trasferisce di peso dal Real Madrid alla nazionale portoghese.
Mattatori
annunciati, accanto ai quali se ne scopriranno di nuovi, come in tutte le
grandi manifestazioni degne di rispetto. Su questa, più esplicitamente che su
altre, grava l’incognita del terrorismo che, dopo gli attentati parigini
dello scorso novembre, lancia la sua ombra di morte anche sugli Europei di
calcio.
Tanto per ricordarci che lo sport, qualsiasi sport, va tutelato fra le
massime espressioni della nostra vita. Affinché vinca il migliore, e magari ci
sorprenda piacevolmente tutti. <