TITANIC AFFONDA CENT'ANNI FA -
Abbiamo ancora negli occhi le immagini (e chissà per quanti anni il ricordo) della “Concordia”, adagiata su un fianco, a due bracciat...
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Abbiamo ancora negli occhi le immagini (e chissà per quanti anni il ricordo) della “Concordia”, adagiata su un fianco, a due bracciate dal porticciolo dell’isola del Giglio, e già è in corso il boom di iniziative per i cent’anni del più famoso naufragio della storia: quello del “Titanic”, avvenuto nella notte del 14 aprile 1912. Naufragio così conosciuto e approfondito in articoli, libri, film e siti internet, che molti si chiedono se c’è ancora qualcosa da dire. Ebbene, forse non tutti sanno quante ore sono trascorse da quell’evento, o che in proporzione ci sono stati più morti tra i passeggeri di terza classe che tra quelli di prima, o ancora che ogni giorno i microorganismi divorano il relitto a… palate.
Basta aprire il sito http://www.titanicdiclaudiobossi.com/, uno dei più completi, dal quale riportiamo vari dati, per vedere la manchette con il calcolo dei giorni dal dramma. Per esempio, “15 aprile 1912 - 4 marzo 2012. Sono trascorsi 36.483 giorni dall’affondamento del Titanic. Mancano 41 giorni 08 ore 07 minuti 48 secondi al centenario della tragedia del 14 aprile 1912 alle 23:40 ora di bordo (ora italiana 4:40 del 15 aprile - ora GMT 2:40 del 15 aprile)”.
Il Titanic era stato voluto dalla compagnia White Star Line, insieme alle gemelle “Olympic” e “Britannic”, per competere sulla rotta Europa-Nord America con i transatlantici della rivale Cunard Line. E a conferma che “del doman non v’è certezza”, nel 1934, la White Star è assorbita dalla Cunard (appoggiata dal Governo inglese) e questa, a sua volta, nel 1998 è acquisita dall’americana Carnival, proprietaria di una decina di flotte, tra le quali, dal 2000, la Costa Crociere. Altra curiosità: pur controllata da Carnival, la Cunard, nella cui flotta oggi ci sono anche la “Queen Mary II” e la “Queen Elisabeth”, è l’unica che continua ad avere navi con tre “accommodation” o classi, e in base a queste il crocierista accede o no a specifici ristoranti e servizi.
La costruzione della RMS (Royal Mail Steamer, prefisso dato alle navi a vapore inglesi che trasportano posta) Titanic inizia il 31 marzo 1909. Il varo avviene il 31 maggio 1911. Alla fine, il transatlantico è lungo 269 metri, più di qualsiasi grattacielo di New York dell’epoca, è largo 28 e ha una stazza lorda di 46.328 t. L’altezza dalla linea di galleggiamento al ponte scialuppe è di 18,4 metri, mentre l’altezza totale è di 53,2 m. I ponti sono nove. La velocità massima è di 24 nodi. Il costo si aggira sui 7 milioni e mezzo di dollari dell’epoca, circa 310 milioni di euro d’oggi. A pieno carico, trasporta 3.547 persone, equipaggio compreso. È un gioiello della tecnologia dell’epoca, ritenuto inaffondabile, e l’allestimento offre quanto di più lussuoso è disponibile: dalla piscina coperta, per la prima volta su una nave, al bagno turco e al campo di squash, dagli ascensori al pianoforte persino nel ristorante di terza classe. Insomma, è uno splendido transatlantico, capace di reggere il confronto con le navi di un secolo dopo. La sfortunata “Concordia”, per esempio, era lunga 290 m e larga 35,50, con capacità totale di 4.880 persone e velocità massima di 23 nodi.
Il viaggio inaugurale inizia il 10 aprile 1913, con partenza da Southampton. Al comando c’è il capitano Edward J. Smith, che con questa traversata atlantica intende concludere la brillante carriera iniziata oltre quaranta anni prima. Dopo le tappa a Cherbourg, in Francia, e a Queenstown, in Irlanda, inizia il viaggio vero e proprio. A bordo, ci sono 2.223 persone secondo gli elenchi della compagnia, ma 2.228 o 2235 secondo altre fonti. Per il viaggio, hanno pagato 870 sterline a testa per l’appartamento in prima classe, 30 sterline per la cabina in prima, 12 sterline per la seconda classe e da 3 a 8 sterline per la terza classe. A parte le “suite”, il prezzo è elevato, ma non astronomico: all’epoca, un operaio non specializzato del cantiere navale percepisce una sterlina a settimana e un cameriere a bordo poco più di tre sterline per viaggio.
L’iceberg che non doveva esserci
Il 14 aprile, quattro giorni dopo aver lasciato gli ormeggi a Southampton, il Titanic riceve i messaggi di altre navi che segnalano la presenza di ghiaccio sulla rotta del transatlantico, ma non sono presi in gran considerazione. Alle 23.35 le vedette vedono a occhio nudo un enorme iceberg e lanciano l’allarme. In plancia decidono di virare a sinistra e di mettere le macchine “indietro tutta”, ma alla velocità di 20 nodi e mezzo non si riesce ad evitare l’impatto: a dritta, il ghiaccio crepa le lamiere sotto la linea di galleggiamento. L’acqua inonda i compartimenti inferiori. Il capitano comprende la situazione e ordina di abbandonare la nave. La situazione sembra ancora sotto controllo, ma precipita in fretta.
A bordo ci sono venti scialuppe, ben più di quelle richieste dalle leggi inglesi dell’epoca, ma sufficienti appena per un terzo delle persone. Comprensibilmente i passeggeri di prima e seconda classe hanno più facilità a raggiungerle rispetto a quelli di terza classe, che hanno le cabine nei ponti inferiori. Intanto, gli SOS lanciati dai marconisti raggiungono la nave “Carpathia”, che inverte la rotta: pur a tutto vapore, arriva quasi quattro ore dopo, quando la tragedia si è conclusa. La poppa si solleva sempre di più. Stando ai ricordi di alcuni sopravvissuti, l’orchestra suona un inno religioso, probabilmente “Nearer, My God, to Thee”, “Più vicino a te, mio Dio”. Alle 2.20 del 15 aprile il Titanic si inabissa, trascinando con sé oltre un migliaio di persone.
Chi è in acqua, con la temperatura di circa zero gradi, non resiste a lungo: la maggior parte dei naufraghi muore, infatti, per congelamento, non per annegamento. Alla fine, sopravvive una persona su tre: 705 quelle recuperate dal “Carpathia”, ma 703 secondo il ministero del Commercio inglese e 757 secondo il documento ufficiale della White Star. E se è una leggenda che i passeggeri di terza classe sono stati “bloccati” o trascurati, le differenze parlano da sole. In percentuale, si salva il 60% delle persone in prima classe, il 44% di quelle in seconda, il 25% di quelle in terza classe e il 24% dell’equipaggio.
La scoperta dei due tronconi
Non entriamo in merito ai dubbi sulla qualità dell’acciaio e sulla rivettatura delle lamiere: i danni visibili nelle foto scattate nel 1985, fanno supporre che se la qualità e il lavoro fossero stati migliori, il cedimento dello scafo e delle paratie sarebbe stato meno rapido e avrebbe consentito alla nave di galleggiare almeno sino all’arrivo dei soccorsi. Non parliamo neppure delle inchieste, né di alcune licenze “poetiche” nel film del 1997, diretto James Cameron, con Leonardo Di Caprio e Kate Winslet. Preferiamo fare un salto di 73 anni e arrivare al 1° settembre 1985, quando il relitto del Titanic è individuato in fondo all’oceano. Quel giorno, una spedizione congiunta franco-americana, condotta da Jean-Louis Michel e Robert Ballard della Woods Hole Oceanographic Institution, localizza il relitto a 22 km di distanza da dove si pensava si trovasse. E cioè alla profondità di 3.810 metri, a 375 miglia a sud-est di Terranova, con la prua alle coordinate 41°43’57”N, 49°56’49”W e la poppa a 41°43’35”N, 49°56’54”W. Già perché la scoperta più interessante è che il Titanic si ruppe in due tronconi e che la prua dista circa 600 m dalla poppa e rivolta in direzione opposta.
A questo punto, inizia la corsa… al contrario. Nel 1987 si recuperano pezzi della nave, alcuni arredi, casseforti e oggetti vari. Nel 1994 la Corte distrettuale americana per il Distretto orientale della Virginia assegna alla società Rms Titanic Inc. i diritti di proprietà e recupero del relitto. L’anno dopo James Cameron effettua un filmato subacqueo utile per realizzare il film. Nel 1998 è riportato a galla un pezzo dello scafo, comprendente due cabine.
Nel maggio 2006, a 99 anni, muore Lillian Gertrude Asplund, l’ultima sopravvissuta americana. Il 31 ottobre 2008, ad Altopascio (Lucca) scompare Salvata Del Carlo: era ancora in grembo alla madre Argene quando il Titanic affondò (il padre, Sebastiano, invece non si salvò). L’anno dopo, a 97 anni, muore l’ultima superstite: Elisabeth Gladys Dean, che al momento del naufragio aveva appena due mesi e mezzo ed era, così, la più giovane passeggera a bordo. Per sua volontà, le sue ceneri sono state disperse nel porto di Southampton, alla stessa banchina dalla quale il Titanic era salpato.
La tragedia diventa happening
Nel frattempo, sembra di essere a un museo sottomarino. Accanto ai batiscafi usati per la ricerca e il recupero, anche con il supporto della National Geographic Society, ci sono quelli sempre più numerosi che portano i “turisti” a vedere il relitto da vicino. E aggiungono danno a danno: ai miliardi di microrganismi che divorano le strutture - si parla di 300 kg di acciaio il giorno - si sommano, infatti, il moto ondoso provocato dei sommergibili, il loro posarsi e urtare il relitto. Così, la nave è destinata a collassare su se stessa: entro 20-40 anni secondo alcuni, nei prossimi 50 anni per la National Oceanic and Atmospheric Administration e, comunque, entro 80-100 anni. Dopo, ci sarà soltanto il ricordo.
Quest’anno, poi, la tragedia rischia di trasformarsi in happening. Sono previste - e talora già svolte - commemorazioni ed eventi, soprattutto nei porti e nei cimiteri di qua e di là dell’Atlantico. Come ad Halifax, nella Nuova Scozia canadese, dove sono sepolte molte vittime. Poi, alcuni ricchi hanno pagato il “modico” prezzo di 45 mila euro a testa per vedere i resti del Titanic dall’oblò di un batiscafo, proprio nel giorno centenario. Nella stessa data, altri hanno prenotato un viaggio su varie navi, come l’inglese “Balmoral” sulla stessa rotta del Titanic, o l’americana “Azamara Journey”, in partenza da New. Per altri ancora, c’è la possibilità di acquistare all’asta oggetti e parti della nave. Poi, ci sono i più economici instant-book, video e fiction televisive, oltre a piatti, tazze, maglioni e salvagenti in perfetto replay. Persino i francobolli: oltre a Gibilterra (cinque dentelli, emessi il 31 gennaio), si sono “prenotate” le poste di Canada, Irlanda, Ungheria, Belgio e le amministrazioni di varie isole inglesi. Insomma, se qualche superstite fosse ancora vivo, davvero non avrebbe più lacrime nel constatare come si riesce a rendere kitsch una tragedia.
Camilla Furno