Lo sport è giovane

SPORT di Stefano Ferrio Europei Under 21 e Universiadi Lo sport è giovane Le speranze del calcio e di varie discipline sp...


SPORT
di Stefano Ferrio







Europei Under 21 e Universiadi
Lo sport è giovane
Le speranze del calcio e di varie discipline sportive si sfidano in Italia in due belle manifestazioni.

Immaginiamo di avere di fronte gli oltre 200 calciatori attesi alle finali del campionato europeo Under 21, dal 16 al 30 giugno in Italia e a San Marino, e i diecimila atleti di varie discipline iscritti alla trentesima edizione delle Universiadi, dal 3 al 14 luglio a Napoli.
Ragazzi e ragazze a cui, dovendo scegliere di dedicare una frase, si opta alla fine per questa: «Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, in ventisei occasioni, all’ultimo secondo, i compagni mi hanno affidato il pallone del tiro decisivo, e io l’ho sbagliato. Ho fallito un’infinità di volte. Ed è solo per questo che alla fine ho avuto successo».
Michael Jordan, neroamericano di Brooklyn, 56 anni, così ha sintetizzato, coniando una frase tuttora citata, la sua carriera di fuoriclasse del basket, secondo molti il più grande di sempre. C’è tutto il senso dello sport in queste parole, una volta convenuto che sport, prima ancora che risultati e coppe levate al cielo, è esperienza, via maestra della conoscenza umana, catalogo interminabile di sentimenti, comprensivi di gioie e disperazioni ugualmente indicibili. Perché lo sport è, semplicemente, “vita”.

Vincenti perché perdenti
Così dicendo, senza nulla togliere alla propria maschera di inarrivabile mattatore della Nba, il massimo torneo professionistico americano, Michael Jordan ci confessa di avere imparato a vincere – e a vincere qualcosa come sei campionati Nba e dieci titoli di miglior marcatore del torneo – rotolandosi fino in fondo nella polvere delle sconfitte, per assaporarne con dedizione quel sapore amaro e bruciante che le rende inconfondibili.
Solo chi non cancella mai dalla memoria il suono, metallico e sordo, del canestro che “sputa” fuori il suo tiro ahimé non decisivo, imparerà a migliorarsi, con l’ostinazione e la rabbia necessarie per avere un giorno più dimestichezza con il soffice e dolce fruscio della retina dove invece si infila il pallone “liberato” dalle proprie mani.
Vincenti perché perdenti. E vincenti anche perché qualcuno “perde” quella stessa partita portata a casa, lo stesso qualcuno che alla fine resterà a guardare, svuotato dalla fatica e dalla malinconia, il trofeo sollevato da chi, per un centimetro in più o un millesimo di secondo in meno, ha fatto sua l’ennesima sfida di uno sport ogni giorno celebrato in qualsiasi angolo del pianeta.
Difficile trovare qualcosa di più indicato e calzante da rivolgere a giovani aspiranti campioni. Con l’augurio che nel “bagaglio” abbiano il posto anche per sensazioni così profonde e condivisibili. In modo che la parola “sport” risuoni per loro analogamente al grande Michael Jordan.

Tradizione tricolore
In ordine di tempo l’auspicio vale innanzitutto per i componenti delle dodici nazionali iscritte alla fase finale della ventiduesima edizione dell’europeo Under 21 di calcio. C’è ovviamente l’Italia, Paese ospitante, inserita nel girone A assieme a Belgio, Polonia e Spagna, mentre gli altri due gironi sono rispettivamente composti da Austria, Danimarca, Germania e Serbia, e da Croazia, Francia, Inghilterra e Romania. Passano alle semifinali di Bologna e Reggio Emilia, e poi alla finale del 30 giugno a Udine, le tre vincitrici dei gironi più la migliore seconda.
Il commissario tecnico degli “azzurrini”, Luigi Di Biagio, ha a disposizione una rosa ricca di talenti, fra cui gli toccherà scegliere i ventitré da portare al torneo, escludendo altri, potenziali campioni, in un quadro reso altamente competitivo da calciatori già ammirati in tutto il mondo come il centrocampista della Roma Nicola Zaniolo e l’attaccante juventino Moise Kean.
Un onore, questo che spetterà ai convocati, reso tale non solo dalla concorrenza, ma anche dalla tradizione dell’Italia, vincitrice di ben cinque delle ventuno edizioni precedenti, così da risultare al primo posto del medagliere di sempre, davanti alla Spagna, affermatasi per quattro volte.
Fondamentale, la memoria, l’eredità di gol segnati e sbagliati lasciata da chi ha indossato in passato la stessa maglia. Aiuta a comprendere come il proprio gesto tecnico, il proprio corner calciato secondo lo schema convenuto, il proprio tempo di entrata sull’attaccante in fuga, andranno ad alimentare un Dna azzurro in grado di conglobare in un’unica Storia generazioni intere di calciatori italiani da ricordare e rispettare per tutto quanto hanno fatto di giusto o sbagliato indossando la maglia della nazionale Under 21.
Sensazioni analoghe a quelle che deve avere provato un grande come Michael Jordan, scendendo in campo per undici stagioni con la canotta rossa numero 23 dei “suoi” Chicago Bulls.

Il fascino delle sorprese
Attenzione all’origine di quel famoso 23, scelto da Michael perché il suo doppio 46 è vicino al 45 con cui amava giocare suo fratello maggiore Larry, ammirato a tal punto da scegliere per sé un numero che significasse “Valgo la metà di lui, eppure ci provo lo stesso”. Di nuovo coscienza dei propri limiti come presupposto profondo per superarli. Cos’altro di meglio raccomandare ai circa diecimila giovani attesi a Napoli per disputare, dal 3 al 14 luglio, la trentesima edizione delle Universiadi?
Si tratta di autentiche Olimpiadi studentesche, a cui partecipano stavolta circa novemila atleti che, in rappresentanza di 170 Paesi, sono iscritti alle oltre 200 discipline inserite nei 18 sport previsti dal programma: atletica leggera, calcio, ginnastica artistica, ginnastica ritmica, judo, nuoto, pallacanestro, pallanuoto, pallavolo, rugby a 7, scherma, taekwondo, tennistavolo, tiro a segno, tiro con l’arco, tuffi, vela.
Solitamente snobbate dallo sport professionistico degli spot televisivi e dei contratti miliardari, le Universiadi emanano tutto il fascino di un evento autonomo quanto imprevisto, dove capita spesso di vedere in lizza nella medesima competizione atleti sufficientemente affermati e totali sconosciuti, a cui spetta non di rado il ruolo di inattesi vincitori.
Ragione di più per seguirle sulle reti televisive che le trasmetteranno, sempre che non si voglia cogliere l’occasione di un’irripetibile vacanza a Napoli, meravigliosa città che, anche grazie alla politica aperta e creativa di un sindaco come Luigi De Magistris, sta vivendo un sorprendente e beneaugurante rinascimento.
Perché anche Napoli, città “viva” quasi in carne e ossa, tale è la forza attrattiva che sa sprigionare, ha appreso sulla propria pelle, come Michael Jordan, il senso profondo di sconfitte da cui ripartire per tornare a “vincere”. A dimostrazione che una perpetua, interiore giovinezza misteriosamente discende non dagli anni dichiarati in una carta d’identità, ma dall’esperienza insostituibile di ciò che la vita ora toglie e ora dona.

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