dTracks di Franz Coriasco

il disco del mese   LIGABUE  Mondovisione  (Warner Bros) Non era per niente facile tenere il passo con questi tempi grami, ancor p...

ildiscodelmese
 LIGABUE
 Mondovisione
 (Warner Bros)
Non era per niente facile tenere il passo con questi tempi grami, ancor più per una rockstar a rischio appagamento (e imbolsimento) come tutte quelle dalla sua generazione. 
E invece il Liga da Correggio, ancora una volta, non delude e non tradisce. Al pari di uno Springsteen padano, il Lucianone nostro ci ha scodellato una nuova collezione di rock-ballad ruspanti e stradaiole, capaci più di molte altre di raccontarci il presente, le sue ansie, le sue flebili speranze, le sue derive.

Canzoni glocal se vogliamo, capaci cioè di esprimere l’universale partendo dal particolare e dal personale. E il risultato è un gran disco, genuino, credibile, appassionato, e con almeno 4 o 5 brani destinati a diventare classici del suo repertorio. Un bel compendio di uno stile dove la tenerezza s’incrocia con il disincanto, ma entrambi sanno dribblare la retorica. Là dove la semplicità non scade mai nel semplicismo.




                                                                                                                        
forevergreen
  ENZO JANNACCI
  L’artista
  (Ala Bianca)
Tra poco sarà un anno che ci ha lasciati, e più passa il tempo, più ci manca. Così come mancano a questo presente le sue canzoni apparentemente bislacche e sbiascicate, le storie e i personaggi di un microcosmo autenticamente poetico e al contempo capace d’entrare come uno dei suoi bisturi da cardiologo dritti al cuore dei problemi del vivere.

In questo disco, concepito insieme al figlio Paolo e pubblicato postumo, il Nostro rispolverava, attualizzandoli con nuovi arrangiamenti, alcuni pezzi del suo repertorio meno noto. Tra gli undici brani anche l’inedito Desolato (in duetto con J.Ax), e un paio di cover di Endrigo e di Tenco.


                                                                                                                                              

 LADY GAGA
 Artpop
 (Universal)
Miss Germanotta è sempre più simile a un fumetto vivente. Un prodotto perennemente mutante concepito guardando più ai diktat del marketing che a quelli della creatività (che qui, quando pure scende in campo, appare sempre subalterna al vendere e allo stupire). La regina del pop di massa gioca più sulle provocazioni e le strafottenze che sulle invenzioni artistiche, anche perché sente che il suo trono, insidiato da sempre nuove pretendenti – da Katy Perry a Miley Cyrus – comincia a vacillare. Al di là del lusso formale, i quindici nuovi brani irradiano lo stesso calore di un algoritmo, e i non esaltanti esiti di vendita lasciano intravedere le prime ombre di un tramonto che non sarà facile arginare: perfino per un’eminenza degli effetti speciali come lei.





                                                                                                                                                

 PEARL JAM
 Lightning Bolt
 (Universal)
Vedder e compari hanno perso molta della ruvidità degli anni belli del grunge, ma sono ancora capaci di offrire ottime vibrazioni rock, sia pure sempre più virate verso il country-folk. La “marmellata di perle” ha dunque ancora un buon sapore, ma un gusto più vellutato e una confezione buona più per essere esposta nei megastore che su una bancarella di quartiere.
Il fatto è che questo decimo album registrato in studio certifica da un lato la classicità acquisita dalla loro formula, e dall’altro, l’esigenza di renderla appetibile a un pubblico sempre più trans-generazionale. Ciò non vuol dire che non emergano qua e là gioiellini destinati a sfuggire all’oblio: dal singolo Sirens a Yellow Moon fino alla conclusiva Future Days, la band di Seattle dimostra di sapersi ancora innalzare di parecchio sugli epigoni e i concorrenti.



                                                                                                                      
 
ONE DIRECTION
 Midnight Memories
 (Sony Music)
Come fenomeno adolescenziale il quintetto anglo-irlandese è sempre più simile ai propri predecessori (dai Beatles ai Take That), specie nell’esigenza di mostrare al mondo e ai propri fan di essere maturato sul piano artistico senza aver perso la genuinità degli esordi. Un obiettivo in parte raggiunto da questo terzo album, almeno stando ai superlativi risultati di vendita e popolarità.

È chiaro che prima o poi l’implacabile scorrere del Tempo e delle mode li costringerà, al pari dei loro fruitori, a cambiare non solo direzione, ma anche aspirazioni e ispirazioni; ma intanto il presente è tutto loro e questo disco suona come la più estroversa delle autocelebrazioni.




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