La paura fa 90

di Marta Cardini Quando i numeri mettono i brividi La paura fa 90 Secondo alcuni studi, la matematica stimolerebbe in anticipo un...

di Marta Cardini

Quando i numeri mettono i brividi
La paura fa 90
Secondo alcuni studi, la matematica stimolerebbe
in anticipo una parte del cervello collegata
alla sensazione di dolore.







    Migliaia di studenti terrorizzati da questa materia lo avevano già sospettato da tempo, ma ora è arrivata la riprova scientifica. L’Università di Chicago ha trovato un modo di giustificare le apprensioni della maggior parte degli studenti. Secondo alcuni studi l’ansia da matematica farebbe male perché attiverebbe le reti del dolore nel cervello.
«La prima prova neurale dell’ansia da matematica è stata pubblicata su Plos  One da un’équipe di neuro scienziati, con a capo Lyan Lions e Sian Beilock, – si legge su mondoinformazione.com, in un post della giornalista Arianna Colombo – e mostra che i nervosismi e tutte le loro conseguenze sono ora giustificati, dal momento che le ansie e preoccupazioni per la matematica provocano effettivamente dolore».
L’analisi è stata condotta sottoponendo 14 soggetti adulti, poco inclini a formule matematiche ed algoritmi, ad una serie di quiz logici e matematici. Grazie alle risonanze magnetiche funzionali, è stato possibile analizzare le loro reazioni a livello cerebrale, evidenziando quale area del cervello ne viene particolarmente influenzata e stressata.
Questi nuovi studi dimostrano che quando una persona si trova di fronte ad un’equazione, algoritmo o quiz di logica, una particolare area del suo cervello aumenta di parecchio la sua attività. Questa parte di cervello specifica si chiama insula posteriore e si trova nella superficie laterale del cervello, all’interno del solco laterale, che suddivide il lobo temporale dalla corteccia parietale inferiore: ed è proprio questa zona ad essere collegata con la nostra sensazione di dolore.

Ahi, la matematica!
«Sono sempre stata terrorizzata dai compiti di matematica, di più che non rispetto ai compiti di altre materie – afferma Silvia, 18 anni di Varese –. Frequento il liceo scientifico e mi sto pentendo di non aver scelto il liceo classico, che forse aveva meno matematica. Sono brava nelle materie umanistiche e linguistiche come ad esempio letteratura italiana, latino, storia, filosofia, inglese, ma in fisica e matematica ho grandi difficoltà. Devo studiare molto di più per ottenere anche solo la sufficienza!».
«Anch’io ho scelto il liceo scientifico – aggiunge Ilaria, 18 anni, compagna di Silvia – e vedo che nella mia classe le materie scientifiche sono più apprezzate dai maschi che dalle femmine, anche se noi femmine siamo in maggioranza. Nel mio caso, amo la matematica e la fisica. Sono però ugualmente terrorizzata dalle versioni di latino…»
«Frequento il liceo classico – riferisce Alberto, 18 anni di Roma – e odio la matematica. Meglio dieci versioni di latino o greco piuttosto di un compito di matematica. Sono forte anche nei temi in classe e mi piace scrivere. Secondo me la matematica piace o non piace a seconda delle attitudini di una persona».
«L’anno prossimo mi iscriverò a Ingegneria Edile – dice Andrea, 18 anni di Latina –. La matematica e il disegno tecnico sono sempre stati il mio forte».

Lo stato delle ricerche
Precedenti ricerche avevano già dimostrato che altre forme di stress psicologico, come un forte litigio o un’esclusione sociale, possono anche suscitare sentimenti di dolore fisico. Questo studio esamina però in particolare la risposta dolorosa associata all’anticipazione di un evento ansiogeno. Semplicemente anticipando un evento spiacevole, spiegano gli studiosi, si possono attivare le regioni neurali coinvolte nel dolore fisico.
Infatti, stando a quanto affermato da Ian Lions, non c’è alcuna differenza tra l’ansia da equazione e il dolore fisico: in entrambi i casi vengono attivati gli stessi circuiti neuronali. Lo scienziato ha inoltre aggiunto: «Noi forniamo la prima prova neurale che indica la natura dell’esperienza soggettiva dell’ansia da matematica».
La sensazione di dolore, tuttavia, non nasce nel momento in cui si inizia l’esercizio, bensì quando si sta per compierlo. Come sostiene lo stesso scienziato autore della ricerca, non è dunque la matematica in sé a creare sofferenza, ma l’idea di doversene occupare. Per quanto sembri strano e  per anni professori e genitori non abbiano  voluto associare le cose, ora è dimostrato scientificamente che ansia psicologica e dolore fisico sono collegati.
Chissà quali conseguenze avrà questa scoperta, soprattutto sui professori, che spesso aggravano la situazione creando condizioni particolarmente stressanti, e quindi dolorose, per gli studenti, per esempio interrogando a sorpresa o anticipando compiti in classe.

Ansia maggiore in chi
 ha genitori apprensivi
«Un nuovo studio conferma come il comportamento opprimente dei genitori influisca sul figlio facendolo divenire troppo ansioso e tendente alla depressione – si legge si mondoinformazione.com –. Il rapporto genitori e figli corre sempre su un filo di rasoio: troppo presenti o troppo assenti, amici o nemici, premurosi o aperti e disponibili. Il mestiere del genitore è il più difficile al mondo ed è l’unico per cui non vi è alcun modo di imparare se non tramite l’esperienza».
La ricerca però sembra aiutare chi si trova in difficoltà con il proprio pargolo, soprattutto se questo è in età adolescenziale. Uno studio pubblicato sul Journal of Child and Family Studies ha messo in evidenza come genitori troppo protettivi o che vogliano continuamente essere informati della vita dei propri figli abbiano su questi ultimi un effetto negativo, facendoli diventare ansiosi e depressi.
Lo studio ha visto come protagonista un campione di 297 studenti del college, di età compresa tra i 18 e i 23 anni. Chi era cresciuto in una famiglia eccessivamente protettiva manifestava più insicurezza, una minore capacità di assumere delle decisioni e una tendenza più elevata alla depressione.
Il fenomeno in realtà non è nuovo e lo studio si presenta solo come un’ennesima conferma di una realtà comportamentale che si evince chiaramente nella vita di tutti i giorni. Per questa tipologia di genitori è stata infatti già da tempo coniata l’espressione helicopter parenting. I genitori sbaglierebbero nell’essere eccessivamente premurosi nei confronti dei bambini, in particolar modo se questi sono in tenera età.

Il compito dei genitori consiste nel fornire loro una rosa positiva di opportunità. Ma i bambini devono essere aiutati ed invogliati a sperimentare da soli e a scegliere in modo autonomo la linea risolutiva che ritengono più appropriata. Una lezione che i nostri antenati conoscevano già perfettamente: “Chi fa da sé, fa per tre!”. <



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