Libera tutti!
focus di Tullia Chionetti Intervista a Roberto De Benedittis, responsabile di Libera Libera tutti! Il progetto “E!state Liberi!...
https://www.dimensioni.org/2014/07/libera-tutti.html
di Tullia Chionetti
Intervista
a Roberto De Benedittis, responsabile di Libera
Libera tutti!
Il progetto “E!state Liberi!” propone ai giovani
di partecipare a campi di volontariato.
Perché anche così si combattono le mafie.
Oltre 10
mila soci, 275 “basi locali” distribuite in tutta Italia tra
coordinamenti regionali, provinciali e presidi, centinaia di beni immobili
confiscati e destinati per finalità sociale, 1.500 ettari
di terreni coltivati dalle cooperative “Libera Terra” che oggi consentono a
150 persone di lavorare. Sono alcune delle cifre di “Libera.
Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” secondo l’ultimo bilancio
pubblicato (2012).
Costituita
il 25 marzo 1995 da don Luigi Ciotti con alcune importanti associazioni
nazionali, Libera vuole promuovere la lotta alle mafie, la legalità e la
giustizia. I campi di servizio e formazione antimafia che si svolgono su
terreni confiscati sono uno degli impegni specifici.
Il
progetto E!state Liberi! è nato in modo “ufficiale” otto anni fa
e sono circa seimila i giovani che la scorsa estate hanno scelto questa
esperienza. Le date del 2014 sono pubblicate sul sito www.libera.it, con una
novità: i campi internazionali, che vogliono affrontare tematiche più
ampie sulle mafie transnazionali e l’antimafia globale e prevedono anche la
partecipazione di singoli e gruppi provenienti dall’estero.
Le radici
di E!state Liberi! affondano nel passato. Risale infatti al 1995
l’appello promosso da Libera che si apriva così: «Vogliamo che lo Stato sequestri
e confischi tutti i beni di provenienza illecita, da quelli dei mafiosi a
quelli dei corrotti. Vogliamo che i beni confiscati siano rapidamente
conferiti, attraverso lo Stato e i Comuni, alla collettività per creare lavoro,
scuole, servizi, sicurezza e lotta al disagio».
La
richiesta venne sottoscritta da oltre un milione di italiani e questa
proposta di legge di iniziativa popolare fu approvata in Parlamento il 7 marzo
1996, per diventare la Legge
109, sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie che, come spiegano i
responsabili di Libera, prevede l’assegnazione dei patrimoni e delle
ricchezze di provenienza illecita a quei soggetti – Associazioni, Cooperative,
Comuni, Province e Regioni – in grado di restituirli alla cittadinanza, tramite
servizi, attività di promozione sociale e lavoro. Di questo e del progetto E!state
liberi! abbiamo parlato con Roberto De Benedittis, responsabile
settore campi di Libera.
Come interviene
Libera sui beni confiscati?
In genere l’Agenzia nazionale dei beni confiscati prende il bene in
carico al momento del sequestro, finché, quando sopraggiunge la confisca
definitiva, il bene è assegnato all’ente di riferimento, che in genere è il
Comune dove si trova.
Poi viene
attivata una procedura di bando pubblico per l’assegnazione, oppure il bene
viene attribuito direttamente ad un ente pubblico, come il Ministero delle
Finanze o l’Arma dei Carabinieri. Libera interviene quando
all’associazione viene chiesto di mettersi a disposizione per gestire il bene
in via provvisoria, prima che sia affidato a una cooperativa sociale.
Come vengono utilizzati i
beni, una volta risistemati?
Ci sono
tre tipologie di beni: più frequentemente si tratta di terreni agricoli,
coltivati per poi produrre pasta, olio e vino. Poi ci sono anche molti
immobili, che vengono utilizzati a scopo sociale: Cascina Graziella in
provincia di Asti in Piemonte, per esempio, destinata ad ospitare donne in
difficoltà, in una struttura a Castellamare di Stabia in provincia di Napoli si
accolgono immigrati, a Lecco in Lombardia si seguono bambini Down.
Infine c’è la tipologia più complessa, cioè le vere e proprie aziende. In
alcuni casi sono cantieri edili e, quando vengono affidati a una nuova gestione, le
organizzazioni criminali tendono a intimidire, per questo purtroppo spesso
falliscono.
Chi può partecipare ai campi
di volontariato E!state Liberi!?
Per la
maggior parte si tratta di giovani, ma non ci sono limiti di età. Una delle
novità di quest’anno, inoltre, sono i campi per le famiglie. Per i minorenni
sono organizzati campi appositi. Si accoglie un numero diverso di persone a
seconda della capacità di ospitalità, in genere vanno dalle 15 alle 40 persone.
Le iscrizioni chiudono quando si è raggiunto il numero massimo di partecipanti.
Quali attività svolgono i
volontari?
La
giornata tipo è divisa in tre momenti: durante il mattino, per almeno tre ore,
si svolge l’attività manuale, o sui campi o nella risistemazione di un bene.
Per il pomeriggio organizziamo momenti di formazione e approfondimento sul
fenomeno delle mafie grazie a testimonianze dirette di chi ogni giorno si
impegna in questa lotta. Infine la sera si incontrano le comunità locali, ad
esempio tramite la conoscenza di associazioni del posto impegnate in attività
sociali.
Occorre versare una quota?
La quota,
di 140 euro a settimana, in alcuni casi può subire variazioni. Il contributo
serve a garantire vitto, alloggio e assicurazione ai volontari e comprende la
tessera di Libera, con abbonamento alla versione in pdf della rivista Narcomafie.
Le spese di trasporto dal luogo di residenza al campo e ritorno sono invece a
carico del partecipante.
Quali significati ha la
presenza di volontari a lavorare sui territori confiscati alla mafia?
In primo
luogo è un’esperienza di vicinanza alle cooperative che si mettono in gioco con
coraggio. Poi, si ha una visione diretta di che cosa succede in questi
territori. Infine, si vive un contatto con l’attività agricola, che tanti non
hanno modo di sperimentare altrimenti. In genere i partecipanti tornano a casa
con un grande entusiasmo: lo vediamo dalle e-mail che ci arrivano. Tanti di
loro, dopo questa esperienza, si impegnano nel volontariato, nei presìdi di Libera
o altrove. <
Racconto di un’esperienza
Nel loro diario
pubblicato sul sito di Libera alcuni ragazzi che hanno vissuto un campo di servizio
nei territori della cooperativa Valle del Marro nella Piana di Gioia Tauro raccontano
la loro esperienza. Il gruppo era composto da 19 studenti e 5 accompagnatori, più 17 ragazzi arrivati dalla
Toscana tramite l’associazione “Cambiamenti” di Firenze.
«Si tratta di
una vera e propria full immersion di lavoro concreto e di formazione civile – ricordano –
. Le attività sono state intense e variegate: sveglia presto al mattino per
affrontare il lavoro nei campi o nei laboratori di trasformazione dei prodotti
agricoli a stretto contatto con i lavoranti; pulizie dei locali della scuola
ospitante; incontri formativi in aula con testimoni del posto; uscite serali
con accompagnatore per conoscere la realtà locale.
Sono stati gli
incontri con le persone che, attraverso le testimonianze appassionate vissute
sulla propria pelle, hanno cercato di trasmettere l’importanza dei valori
fondanti che consentono di definire giusta e libera una società.
Decisamente
toccante la testimonianza di Stefania Grasso, figlia
dell’imprenditore Vincenzo Grasso, ucciso dalla mafia per non essersi piegato alle
logiche estorsive imperanti a Locri. Diventata referente nazionale per Libera dei familiari
delle vittime di mafia, ha rimarcato l’importanza e il valore della memoria,
perché anche attraverso la memoria si fa antimafia sociale».