L’amore è una fiamma di Jahwè
di Andrea Bozzolo E se l’Amore avesse ragione? L’amore è una fiamma di Jahwè A Torino centinaia di giovani seguono un percorso me...
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E
se l’Amore avesse ragione?
L’amore è una fiamma di Jahwè
A Torino centinaia di giovani seguono un percorso
mensile
di educazione dellaffettività. Una
prospettiva fondata sulla Parola di Dio, mediazioni guidate da esperti per parlare alla
mente
e al cuore di ogni giovane di buona volontà.
Sembra strano, ma in
un mondo concentrato solo su ciò che si vede e si tocca, su ciò che può servire
al momento, l’innamoramento resiste come una delle poche realtà capaci di svelare
il senso profondo dell’esistenza.
Ma per uscire dalla
poesia che avvolge il momento incantato dell’innamoramento, trasformandolo in
un fuoco di paglia, occorre andare più in profondità, o più in alto, e
percepirne anche la grazia e la provocazione che questa esperienza così intensa
racchiude.
Quali
sono le strade per imparare a discernere nei propri vissuti affettivi,
non limitandosi a registrare una risonanza affettiva e a “consumarla”? Come ascoltare
nei simboli di questa emozione privilegiata una promessa e un compito
ineludibile, fonte di vera libertà? Con quali luci illuminare il legame
originario e insolubile che esiste tra l’innamoramento e il mistero di Dio, se
è vero che, come dice il Cantico dei Cantici, l’amore è una «fiamma di Jahwè»?
Alzati amica mia e vieni
«Una
voce! Il mio diletto. Ec-colo, viene saltando per i monti, balzando per le
colline. Ora parla il mio diletto e mi dice: “Alzati, amica mia, mia tutta
bella e vieni”». Proprio i versetti del Cantico dei Cantici ci rivelano, con
estrema finezza espressiva, le caratteristiche fondamentali
dell’innamoramento.
Che è
anzitutto un sussulto capace di risvegliare le energie più profonde, in
cui si ha l’impressione di qualcosa di nuovo, che fa essere come “fuori di sé” per la gioia, ma anche di trovare ciò per cui è
fatto, “a casa propria”, entrando in un sogno ma svegliandosi finalmente alla
vita.
L’immagine
del richiamo di una voce che è come nessun’altra mette bene in luce che questa
esperienza ha da subito i tratti della esclusività. L’altra persona
appare creata appositamente per me, non solo per qualche aspetto della vita, ma
per la vita nella sua globalità.
L’avvicinarsi
impetuoso del-l’innamorato, «saltando per i monti e balzando per le colline»,
così come la comparsa di un sentimento amoroso, coincide anche con
l’avvicinarsi del proprio futuro, un invito ad alzarsi, uscendo dalla
prima giovinezza, e incamminarsi insieme verso la comunione dell’età adulta.
L’esperienza
dell’innamoramento è proprio un momento di grazia, che si riceve come dono e
che non può essere prodotto o programmato. Si comprende così che il mondo delle
emozioni e dei sentimenti, che culturalmente è divenuto appannaggio quasi
esclusivo di un accostamento psicologico, è per eccellenza il luogo sacro
di una risonanza che si impone come ciò che ci apparenta a Dio e ci rivela di
essere creati a sua immagine. E questo vuol dire rispettare ciò che gli affetti
sono veramente.
Il tempo dell’amore non deve perciò segnare
l’allontanamento da Dio, ma la comprensione profonda e maturata della sua vicinanza.
Senza di Lui non è possibile comprenderne il senso e il valore.
Questa
intuizione si comprende leggendo in profondità il brano della Genesi che
racconta della coppia delle origini. Le prime parole dell’uomo sono un
grido di stupore: «Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie
ossa».
L’uomo
(ma lo stesso discorso vale per la donna) che nella natura intera non aveva
trovato ciò che lo appagava veramente, si sveglia dal torpore e vede il
Signore che gli presenta la donna, come completamento a tutti i suoi
desideri più profondi. Vede con un solo colpo d’occhio Eva e Jahwè che gliel’ha
portata accanto. In questa immagine è tratteggiata l’esperienza della grazia,
cioè accorgersi di una benedizione gratuita e non meritata, un dono che viene
da Dio.
Tra
l’altro, Adamo non ha mai trovato così simpatico Jahwè come in questo
momento. Sembra di sentirlo esclamare: «Accipicchia, tu conosci veramente
quello che io desidero. Tu non sei, come sembra che tutti mi dicano, il nemico
dei miei desideri, colui che si diverte a mettere il bastone in mezzo alle
ruote perché io non possa fare quello che voglio, anzi, sei proprio tu che hai
posto nel mio cuore questa attrazione. Ma sei anche tu che ne custodisci la
grazia e il mistero».
Dio non è
dunque una presenza ostile che si sovrappone dall’esterno alla tenerezza degli
innamorati, ma è invece il mistero amico che personalmente si annuncia
nel sussulto del loro innamoramento e si comunica nella letizia del loro
incontro.
Quando un
ragazzo e una ragazza si sanno vedere così, le parole di Dio e quelle
della coppia si sovrappongono per esprimere il reciproco amore.
In
questo, non si parla solo di giovani cristiani, ma anche di chi non si
riconosce nella Chiesa: il risvegliarsi del desiderio affettivo rimane per
tutti un tempo di grazia prezioso e insostituibile della benedizione
originaria con cui il Signore accompagna il vivere umano.
Un cammino che inizia da lontano...
Scoprire
l’amore non consiste tanto nel guardare solo al mondo interiore delle emozioni,
ma nel prestare attenzione alle numerose figure delle gratuità che ogni
giovane ha intorno a sé.
La condizione perché nell’età dell’innamoramento il
desiderio si risvegli non come cupidigia, ma come stupore e meraviglia è un
lungo tirocinio di gratitudine reciproca e verso il Signore. Alla
persona amata non si può dare “qualche cosa di sé”. Non è un contratto di
lavoro. È in gioco tutta la persona: davanti ad Eva, Adamo diventa un io. Ecco
l’esperienza della unicità dell’amore.
La misura
della umanità di Adamo non è data da ciò che ha o sa ma dalla capacità
di onorare il suo rapporto con Eva, che non è uno dei tanti oggetti dell’Eden,
ma colei grazie a cui è diventato un io.
Ecco perché l’esperienza del-l’innamoramento non può essere abbandonata
allo spontaneismo, ma ha bisogno di seri percorsi di educazione. I
sentimenti da soli non bastano a fare da colla per l’amore. Senza sentimenti
non si parte, ma solo coi sentimenti non si arriva.
...e che si basa sulla
Parola
L’innamoramento,
quindi, è come una parola che l’uomo e la donna si sentono rivolgere e a cui
devono rispondere. Sembra strano, ma l’amore vero non riesce mai a
trovare le espressioni adeguate per dire tutto ciò che vorrebbe, e dovrebbe.
Ciò che c’è tra un uomo e una donna che si amano, infatti, è più di quanto essi
stessi sono capaci di dirsi, e può essere detto soltanto da un’altra Parola:
quella di colui che è «più intimo a noi di noi stessi» ed è il Verbo eterno del
Padre. E questo perché solo in Lui l’amore appare per quello che è: dono di sé
incondizionato e totale.
Ma se non si è educati a vivere la gratuità e il
dono in tutta la vita, difficilmente l’innamoramento si svilupperà in questa
direzione. Prenderà più facilmente la strada superficiale dell’egoismo.
Ecco allora che, mentre l’uomo e la donna completano il
bagaglio di ciò che serve per affrontare il futuro, l’esperienza
dell’innamo-ramento vissuto come dono diventa fondamentale. La logica
dell’apertura all’altro è la stessa di tutta la vita, ma nell’esperienza
dell’innamoramento riceve una forza dirompente e straordinaria.
La parola
è la stessa, ma non è una ripetizione. È una Parola che entra nel corpo, che
avvolge ogni decisione. Chiama all’apertura, allo sguardo sul futuro e a
vincere l’istinto al ripiegamento e all’isolamento intimista e privato. Tutto
viene ridisegnato: amicizie e rapporto con i genitori, studio, lavoro e
gestione della propria economia.
Ecco
perché è indispensabile capire che il segreto dell’amore e il senso di un
rapporto va ben oltre ciò che immediatamente appare e diventa accessibile solo
se non ci si chiude ingenuamente nel guardarsi l’un l’altro ma ci si apre ad una
misura ben più vasta ed appagante, anche se complessa e coraggiosa.
Una
misura però, che aiuta a distinguere il vero amore e a maturare un dono di sé
fatto non solo di enfasi emotiva ma di consegna realistica alle esigenze
del vero amore.<