L’inferno delle spose bambine
di Elisa Murgese L’inferno delle spose bambine Anche nella civile Europa si consuma il dramma di innumerevoli matrimoni in cui ...
https://www.dimensioni.org/2015/03/linferno-delle-spose-bambine.html
di Elisa Murgese
L’inferno
delle spose bambine
Anche nella civile Europa si
consuma il dramma di innumerevoli matrimoni in cui le spose sono bambine o poco
più. Troppe volte si chiudono gli occhi di fronte ai diritti negati
dell’infanzia.
«Ho
pensato diverse volte di uccidermi. Ero solo una bambina, ma avrei preferito togliermi
la vita piuttosto che sposare un uomo che aveva il doppio della mia età».
Il
(tentato) matrimonio forzato di Tasleem Mulhall non si è consumato in uno
sperduto villaggio dell’Asia, ma in una città della moderna Inghilterra. Tra
pressioni psicologiche e rimpatri forzati, quello delle spose bambine è infatti
un fenomeno molto comune in tutta Europa, soprattutto nei Paesi che
hanno un alto tasso di migranti.
Anche
in Italia obbligate a sposarsi
Abuso
sessuale. Abuso fisico. Abuso mentale. Sono queste le violenze che subiscono le
ragazze che anche in Italia sono costrette a diventare spose. Alcune rischiano
persino di venire uccise, se rifiutano di prendere come marito uno sconosciuto
in terra lontana. Un fenomeno difficile da fermare perché in genere «le
vittime non si rivolgono alla polizia per paura di penalizzare i propri
genitori – spiega Nazia Khanum, autrice di un rapporto sui matrimonio forzati
–. Tra le ragazze, casi di automutilazione e suicidi sono all’ordine del
giorno». Di loro si legge in qualche raro articolo di cronaca.
Come Shahnaz Begum, uccisa a sassate in provincia di Modena dal
marito per aver difeso la figlia che si opponeva a un matrimonio imposto. Anna
(nome di fantasia), segregata dal padre in una cantina a Bologna; celebre la
frase del genitore: «Da qui uscirai o pakistana o morta». Si è letto anche di
Adila che bevve dell’acido muriatico per opporsi al matrimonio combinato
con un connazionale.
Un’associazione per
denunciare e salvare
la presidente di Trame di Terre Tiziana Dal Pra |
Ma di
Shahnaz, Anna e Adila in Italia ce ne sono molte, spiega l’associazione
Trama di Terre, fondata nel 1997 a Imola. Questa Onlus ha gestito il primo
rifugio italiano per donne scappate dai matrimoni forzati. Oltre al rifugio, è
stata attivata una rete di protezione per le donne vittime di
maltrattamenti. «Uno dei problemi principali è proprio il fatto che ancora non
esistono delle cifre ufficiali», racconta la presidente di Trame di Terre Tiziana
Dal Pra. Ed è merito proprio dell’associazione di Imola se si ha una prima
stima reale dei matrimoni forzati in Italia,
visto che Trame di Terre nel 2008 ha raccolto 33 casi nella sola Emilia
Romagna. «Le testimonianze riguardano ragazze marocchine, pakistane e
indiane – continua Dal Pra –. Solo un caso si è concluso con il
suicidio di una donna indiana avvenuto a Carpi nel 2006, mentre in almeno otto
casi sono state perse le tracce della vittima». Un progetto che, purtroppo, lo
scorso anno si è fermato per mancanza di fondi. «Vorremmo rivolgerci al
ministero delle Pari opportunità – precisa la presidente di Trama di Terre –.
Ora stiamo seguendo autonomamente alcuni casi, ma servirebbe un piano
nazionale per portare avanti il progetto».
Nozze celebrate all’estero e fatte riconoscere in Europa
Una strategia diffusa tra i genitori che vogliono costringere la loro
figlia al matrimonio è portarla al Paese d’origine, che sia Pakistan, Marocco o
Yemen, e farla convolare a nozze in un remoto villaggio. Poi, al ritorno in
Europa, sarà solo una formalità fare registrare il matrimonio dal
governo dove la famiglia ormai risiede.
Perché in Italia, per esempio, i matrimoni con minorenni sono vietati ma
manca completamente un quadro legislativo utile a contrastare questo
fenomeno. Il fatto che quasi sempre le nozze sono celebrate all’estero,
infatti, è un escamotage che permette di aggirare la legge e
intrappolare la ragazza che, una volta tornata in Europa, non sarà sottoposta a
nessun controllo per capire la validità del consenso alle nozze. «Sappiamo di
essere solo all’inizio di un percorso complesso e poco esplorato in
Italia – continua la presidente di Trama di Terre –. Per questo vogliamo
porre all’attenzione della politica italiana questo tema, portando il nostro
contributo, frutto del lavoro sul campo fatto negli ultimi cinque anni. La
prima necessità è quella di riconoscere i matrimoni forzati come una delle forme
di violenza contro le donne».
Ultima speranza: un cucchiaino all’aeroporto
Nel Regno Unito, dove il fenomeno dei matrimoni forzati è maggiormente
monitorato che in Italia, parte del lavoro delle Ong consiste nel dare consigli
alle future spose bambine su come evitare di essere portate dai loro
genitori fuori dal Regno Unito per obbligarle a sposarsi con uno sconosciuto.
Una delle strategie consigliata alle piccole vittime è quella di
nascondere un cucchiaino metallico nelle mutande: questo porterà il metal
detector dell’aeroporto a suonare e, non trovando nulla nelle tasche della
minore, obbligherà la sicurezza aeroportuale a perquisire la ragazza in un’area
sicura. Qui, lontana dal padre, la minore potrà raccontare del timore di
stare per essere obbligata a sposarsi. «Questi trucchetti saranno necessari
fino a che il governo non renderà il matrimonio forzato un reato penale»,
racconta Tasleem Mulhall dal Regno Unito. Una battaglia che il premier inglese
David Cameron non sembra volere portare avanti. E che l’Italia non ha ancora
iniziato, preferendo lasciare le sue bambine ancora con pochi aiuti. Per non
dire, nessuno.