Quei goal segnati di mano
Sport di Stefano Moro In vista degli Europei maschili in Polonia e femminili in Svezia Quei goal segnati di mano Son...
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Sport
di Stefano Moro
In vista degli Europei maschili in Polonia e femminili in Svezia
Quei goal segnati di mano
Sono 19 milioni le
persone che praticano oggi
la pallamano. Con scarsa
gloria, purtroppo, per l’Italia ed emozioni fortissime in tutti quei Paesi dove
l’handball riempie da sempre i palasport.
I nomi di due atleti da cui imparare cos’è lo sport? Pasquale Maione
ed Elena Barani. Che, come avete compreso di primo acchito, non sono né
un calciatore di Serie A, né una tennista da circuito del Grande Slam.
Si tratta invece dei capitani delle nazionali italiane di pallamano,
maschile e femminile. Sport a tal punto negletto nel nostro Paese che, in tutta la sua storia, iniziata negli anni ’30, ha
partecipato una sola volta ai Mondiali maschili (nel 1997, in Giappone),
ai Mondiali femminili (organizzati in casa, nel 2001) e agli Europei maschili
(anch’essi giocati in Italia, nel 1998). Nessuna partecipazione alle Olimpiadi:
né per gli azzurri, né per le azzurre.
Un vero peccato, continuano a ripetere gli irriducibili appassionati di
un gioco di squadra basato su elementi quanto mai semplici: campi al coperto di
80 metri quadrati, squadre da sette giocatori chiamati a fare gol solo
con le mani, due tempi da trenta minuti l’uno.
Di fronte a questi numeri e regole, restano due elementi per spiegare la
carriera e i successi di Pasquale Maione, attuale pivot dello Junior Fasano
(Brindisi), vicecampione d’Italia, e di Elena Barani, attuale pivot del
Conversano (Bari), campione d’Italia: passione e vocazione al
sacrificio. Nient’altro dà ragione di una gavetta senza fine, di stagioni
agonistiche oscurate dai media, di un massimo momento di visibilità europea
costituito per Maione da un paio di campionati disputati in Lussemburgo,
indossando la divisa del Bascharage.
Nonostante tutto ciò, il trentatreenne Pasquale e la trentasettenne Elena
continuano a essere esempio fulgidissimo per circa quarantamila praticanti
italiani, a loro volta stregati dal fascino di un handball che significa
alta tensione agonistica, esaltazione dello spirito di squadra,
virtuosismi atletici sempre coniugati con i principi del “collettivo”.
Ci
giocava Nausicaa
A giocatori e tifosi dedica fortunatamente un appassionatissimo impegno
la Federazione Italiana Gioco Handball che, per esempio, da alcuni anni
promuove e sostiene l’attività agonistica di un autentico squadrone femminile,
l’Esercito Roma, dove militano nuove stelle azzurre come le altoatesine Monica
Pruenster e Anika Niederwieser.
Il 2016 sarà un anno campale per i tifosi di pallamano, visto che
si disputeranno sia gli Europei maschili, in programma in Polonia dal 17 al 31
gennaio, che quelli femminili, fissati per il prossimo dicembre, in Svezia.
Per capire meglio l’importanza di due eventi del genere, sentite un po’
qua da dove viene, la pallamano: «Ma quando furono sazie, Nausicaa e le
ancelle si tolsero in fretta i vestiti per giocare a palla. E cominciò a
giocare Nausicaa dalle braccia splendenti. E quando stavano già pensando di
ritornare a casa, piegare le belle vesti e aggiogare le mule, Atena dagli occhi
lucenti immagina un’altra cosa: svegliare Odisseo affinché veda la bella
fanciulla, che lo possa guidare alla città dei Feaci. Nausicaa allora lanciò la
palla a una compagna...».
È un viaggio nel tempo di circa tremila anni, questo che ci riporta al
libro sesto dell’Odissea, tra i più famosi e ammirati per l’intensa
liricità di cui è permeato tutto l’incontro fra Ulisse e Nausicaa, figlia di
Alcinoo, re dei Feaci. Miracolo della poesia − e dello sport – se tremila anni
diventano un soffio passando da Nausicaa a superstar
della pallamano come Alexandra do Nascimento, trascinatrice del Brasile
campione del mondo nel 2013, o come Kjersti Grini, che con l’epica
maglia della Norvegia pluricampione d’Europa ha segnato la bellezza di 1003
gol.
Due nomi, uno sudamericano e l’altro nordico, da cui
discende un altro segnale importante: la pallamano, oltre a essere sport
antichissimo, nonché fra i primi praticati dalle donne, è nel terzo millennio
una delle discipline più felicemente globalizzate del pianeta.
Merito di regole attecchite a ogni latitudine, come ci dicono i numeri
diffusi dal mensile Primapagina: 19 milioni di praticanti uomini
e donne, appartenenti alle circa 800mila squadre che giocano in 183 Paesi del
mondo.
Il
destino delle azzurre
In ambito femminile, proprio il titolo mondiale vinto dal Brasile, unito
a quello conquistato dalla Corea del Sud nel 1995, testimonia di una
competitività più diffusa, anche se il cuore della pratica sportiva resta
l’Europa, come ci racconta un albo d’oro soprattutto da Russia (Urss
fino al 1990) e Germania. Se ci spostiamo ai maschi, questo
eurocentrismo si accentua, visto che fra il 1938 e oggi l’oro mondiale non è
mai uscito dai confini del Vecchio Continente, premiando soprattutto Francia,
Svezia e Romania.
Ecco perché l’Europeo, che incomincia il 17 gennaio in Polonia, fa
presagire spasmodici equilibri nei quattro gironi eliminatori a quattro
squadre, dove la Francia campione in carica si misurerà con le ambizioni della
nazionale di casa, la Danimarca vicecampione dovrà fronteggiare ostiche
avversarie come Russia e Ungheria, mentre la titolatissima Svezia (quattro ori
continentali) testerà una Spagna decisa a migliorare il bronzo di due anni
orsono.
Fra i giocatori da attendere al varco, le stelle francesi Nicola
Karabatic e il portiere Thierry Omeyer, che a 38 anni tira giù la saracinesca
come quando ne aveva 20 di meno, oltre al bomber montenegrino Zarko Markovic e
all’ala Valero Rivera Folch, invidiatissimo asso della Spagna, Paese dove per
la pallamano si fanno follie.
Come sempre prigioniera della propria povertà tecnica, l’Italia di
Pasquale Maione è stata mandata a casa nel girone di pre-qualificazione,
vittima di una non irresistibile Grecia, da cui è stata sconfitta due volte su
due. Resta invece da scoprire il destino delle azzurre: molto arduo a
giudicare da un girone dove, per qualificarsi alla fase finale di
Kristianstadt, in Svezia, l’Italia deve contendere le prime due piazze a
Serbia, Repubblica Ceca e Ucraina.
Rivali da incubo, facendo peraltro i conti con l’alta competitività
della Serie A di casa nostra, dove le campionesse in carica del Conversano sono
chiamate a respingere l’assalto di Salerno, Teramo ed eventuali quarti
incomodi.
Proprio per elevare il grado di interesse verso la corsa allo
scudetto, la federazione maschile punta invece su tre gironi da nove squadre
l’una, raggruppate tenendo conto di quelle “oasi” regionali fra i cui confini
la handball spopola da sempre: il Trentino Alto Adige dei campioni in carica
del Bolzano, l’Emilia delle outsider Bologna e Carpi, e il sud di telluriche
squadre di paese come le “big” pugliesi Conversano e Fasano. In primavera i
play off per il titolo, aperti alle migliori classificate.
Calendari di uomini e donne rimandano a una carta geografica dell’handball
made in Italy da raccomandare a quanti cercano oasi di sport vero
come la vita. E li trovano in infuocati sabati pomeriggio di paese, dove
scoprire la bellezza di un “tifo” per la pallamano che dura sin dai tempi di Omero.
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