Recitare non è un gioco
teatro di Nicola Di Mauro La scuola di teatro “Ribalte” in Roma Recitare non è un gioco Per dare voce alla passi...
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teatro
di Nicola Di Mauro
La scuola di teatro “Ribalte” in Roma
Recitare non è un gioco
Per dare voce alla passione per il palcoscenico occorre
frequentare scuole serie, pensate e gestite da professionisti. Come il
bravissimo attore Enzo Garinei.
La
passione per il teatro fra i giovani è piuttosto diffusa. Sul palcoscenico o
davanti a una telecamera. Questo significa prepararsi sul serio, andando a
scuola, frequentando corsi e facendo pratica nei teatri parrocchiali o in
recite scolastiche. Per affrontare poi luci della ribalta più impegnative. Fra
le numerose scuole serie, che possono offrire delle autentiche chance ai
giovani, si annovera la scuola di teatro “Ribalte” di Roma. Voluta e diretta
dal Maestro Enzo Garinei, bravissimo attore italiano, fratello
dell’altrettanto noto Pietro Garinei, il quale, con Sandro Giovannini,
fondarono la famosa Ditta della Commedia Musicale Italiana Garinei &
Giovannini, che produsse successi quali Aggiungi un posto a tavola, Ciao
Rudy, Rugantino e tanti altri. Ecco cosa ci ha raccontato.
Come è nata “Ribalte”?
La scuola nasce da un’iniziativa partita dalla famiglia Berti di Roma nel
1986. La loro figlia, Cinzia, un’adolescente con la passione per il teatro,
scriveva testi teatrali, le piaceva cantare, recitare. I genitori possedevano
un piccolo pub, dotato di una saletta dove avevano intenzione di farci
un teatrino di cabaret, mettendo in scena testi scritti dalla figlia.
E lei come c’entra in tutto questo?
Un bel giorno i genitori di Cinzia mi telefonarono. Mi proposero la
direzione artistica di questo teatrino. Ma ero impegnatissimo, facevo ogni anno
uno spettacolo, interpretavo delle parti nelle commedie di Garinei e Giovannini
o di altri impresari e autori, potevo dedicarmi molto poco a una cosa del
genere. I Berti però insistettero e accettai!
Perché è stato scelto per la scuola il
nome “Ribalte”?
Si vuole coinvolgere i giovani allievi non in una sola ribalta, il
teatro, ma in più ribalte, anche il cinema e la televisione dovevano essere
valorizzate, come anche il doppiaggio, il cabaret, la danza, il canto e tante
altre cose che fanno parte del patrimonio culturale legato all’arte della
recitazione.
Questa scuola ha riscontrato un certo
successo...
Lo stesso mio fratello Pietro, quando seppe che funzionava questa scuola,
e bene, mi disse che mi avrebbe mandato alcuni suoi artisti perché
migliorassero nel canto e nella recitazione. Così ho avuto come allievi Sabrina
Ferilli, Barbara D’Urso, Serena Autieri, Caterina Balivo e tanti altri
interpreti, meno importanti, che hanno fatto carriera, ma non sono diventati
dei numeri uno. La scuola è cresciuta, è diventata sempre più importante.
Si è un po’ creata una mania. Il fatto che ne sorgano tante in Italia non
è che sia proprio un bene, i giovani devono stare attenti alle truffe, ai
bluff. Anche se la smania dei corsi di recitazione oggi pare un po’ diminuita,
perché è più facile fare carriera andando all’Isola dei famosi, ad Amici,
ecc., la gente non studia più… Esistono, tuttavia, alcune scuole serie, come la
mia, dove l’obiettivo è il successo degli allievi, non i soldi.
In che cosa si distingue Ribalte?
La
nostra è anche una scuola di cultura, di aggregazione, di amicizia. Cerco
sempre, quando mi incontro con i giovani, nei primi impatti, di cercare di
capire che cosa spinge i giovani a venire qui. Li guardo negli occhi e osservo,
cerco di cogliere se c’è veramente questa grande voglia di recitare, o se,
invece, si tratta di una curiosità effimera. Rivolgo loro delle domande: chiedo
se vanno a teatro, quali spettacoli hanno visto, qual è l’attore e l’attrice
che preferiscono, se leggono testi teatrali…
Una cosa che non manca nella scuola è il
legame con la tradizione. È vero?
Il legame con la tradizione si riflette nel teatro
Sistina, una creatura di Garinei e Giovannini, e poi c’è la commedia musicale
italiana, altra loro invenzione. Spesso e volentieri si tende a fare confusione
fra musical, uno spettacolo americano basato su canzoni e balletti
dall’inizio alla fine con un canovaccio molto fragile, e la commedia musicale.
Quest’ultima si differenzia dalla prima perché nasce soprattutto come storia,
come copione, e in essa si introducono coreografie e canzoni. Dietro c’è una
storia, in cui servono attori che sappiano cantare – non saranno Frank Sinatra
–, che sappiano ballare – non saranno Fred Astaire o Gene Kelly –, ma che
sappiano fare tutto.
Lo scopo della scuola è dunque quello di
fornire un serbatoio di nuove leve che sfocino nella professione dell’attore?
Tutto dipende dal materiale umano che si presenta da noi e che
addestriamo nella dizione, nella recitazione, nell’improvvisazione, nel
movimento scenico, nel canto, ecc. Ma vorrei insistere sul fatto che la nostra
è una scuola di comunicazione, di aggregazione, spesso e volentieri si parla
con i giovani della loro vita, del mondo che li circonda, prendendo spunto da
un testo teatrale, e delle differenze del mio mondo con il mondo che c’è adesso.
Racconto agli allievi episodi di miei colleghi, anzi dei miei maestri:
Totò, Gino Bramieri, Peppino De Filippo, Nino Taranto, Delia Scala, Carlo
Dapporto, Paolo Stoppa, e tanti altri grandi. La nostra, inoltre, è una scuola
di recitazione non limitata solo al canto e alla danza. Ci si pone come
obbiettivo la completezza dell’arte della recitazione. Gli allievi devono
essere abilitati a saper recitare qualsiasi tipo di testo, dal comico al
drammatico allo sperimentale. Si affrontano i classici: Shakespeare, Moliere,
Brecht, Goldoni, ecc., e gli autori moderni, come Pinter, Ibsen e altri.
Si cura molto anche
la dizione...
I giovani vengono qui da ogni parte d’Italia e si portano dietro la loro
inflessione dialettale, che conserva sempre una sua forza espressiva e che non
vogliamo penalizzare. Tuttavia, il nostro compito è di valorizzare l’italiano,
di distinguere le vocali chiuse da quelle aperte, per esempio. Li esorto a
leggere ad alta voce un libro, un giornale, le pagine dell’elenco telefonico o
dell’orario ferroviario. Dico loro sempre che la lettura è importantissima e
devono sapersi ascoltare, per riconoscere gli errori di pronuncia.
Poi li invito a salire sul “legnaccio”, sul palcoscenico, perché non ne
siano intimiditi.
Questa scuola, insomma, mi rende felice, perché i risultati ci sono e i
giovani hanno la possibilità di crescere professionalmente come attori. <