Virtual crash

attualità di Ilaria Beretta Se saltasse Internet Virtual crash È un’ipotesi alquanto remota, ma nemmeno irreale....



attualità

di Ilaria Beretta

Se saltasse Internet
Virtual crash
È un’ipotesi alquanto remota, ma nemmeno irreale. A quali scenari andremmo incontro
se tutte le reti improvvisamente si bloccassero?

   Immaginate un’enorme tempesta solare capace di fare interferenza con ogni Wi-Fi terrestre, oppure l’esplosione contemporanea dei cavi sottomarini che fanno viaggiare Internet: in un attimo il mondo sarebbe disconnesso e riportato a un’era pretecnologica con conseguenze disastrose per l’umanità…
A prima vista, sembrano le solite ipotesi apocalittiche, ma il rischio della scomparsa del web inizia a essere sentito come una questione reale.
La rete potrebbe non reggere
l'eccessivo carico degli utenti e rompersi.

Dal guasto tecnico all’attacco di potere
Il primo problema, infatti, è che i servizi virtuali passano attraverso infrastrutture, che potrebbero – proprio come ogni costruzione umana – subire un guasto. Le sedi delle aziende Internet, per esempio, potrebbero bruciare o essere rase al suolo da eventi catastrofici, mentre danneggiare i fili dell’online non è un’attività impossibile visto che qualche mese fa in Egitto sono stati arrestati alcuni sommozzatori che cercavano proprio di scollegarli.
Staccare la spina al web dunque non è pura invenzione fantascientifica e sono molti gli informatici a parlare di un possibile crash della più famosa rete Internet. Primo fra tutti è l’ingegnere americano Danny Hillis, il quale oggi – dopo aver passato anni innamorato del web, tanto da essere il terzo al mondo a registrarvi un dominio – si dice molto scettico sul suo futuro. Secondo l’esperto, infatti, il sistema potrebbe rompersi più presto di quanto s’immagina: la rete non è stata pensata per ospitare miliardi di persone e dunque potrebbe non reggere l’eccessivo carico di utenti.
In effetti il www (per intero, World Wide Web) nacque a fine anni Ottanta da un’idea di alcuni ricercatori del laboratorio scientifico d’avanguardia Cern a Ginevra. Gli studiosi avevano pensato di inventare e utilizzare una rete per scambiarsi con i colleghi le informazioni inerenti ai propri studi. In realtà la loro intuizione ebbe ben altra portata e oggi – 30 anni dopo – quella rete è diventata indispensabile per miliardi di persone.
Questo “cambio di programma” nelle regole di Internet, però, sarebbe proprio il motivo del rischio del crash della ragnatela: secondo Hillis, lo spirito di collaborazione e di fiducia dei primi tempi, quando sul web ci navigavano in pochi, è ormai finito e la rete è diventata un luogo poco sicuro e facilmente attaccabile. A confermarlo sono altri grandi dell’informatica che stanno studiando un piano alternativo alla rete.


La fine in un secondo
Alla scorsa Ted Conference (assemblea dove ogni anno vengono presentate le idee più avveniristiche del globo), il signor Vint Cerf, uno dei padri di Internet, ha aggiunto un altro elemento: se ogni fornitore di servizi virtuali spegnesse (o fosse obbligato a farlo) i suoi trasmettitori, tutto finirebbe in un secondo. Insomma, il crash della rete potrebbe non avvenire per guasti tecnici o per opera di isolati pirati informatici, ma essere un’azione organizzata da gruppi di potere, interessati a prendere il controllo della rete e a utilizzarla come strumento di ricatto per il mondo intero.
Non è una novità: la rete che secondo le intenzioni avrebbe dovuto garantire democrazia e parità, si sta dimostrando sempre più una concentrazione di aziende dai grandi interessi, impegnate nella contesa dell’immenso regno del Web. Avere il controllo di mostrare questo o quel contenuto tra le ricerche è un ruolo di responsabilità estrema che esige un’onestà di cui spesso le aziende sono prive; mentre soldi o tornaconti politici non mancano a nessuno di quelli che tessono la ragnatela.
Pensate a quei regimi autoritari (come Iran, Siria e Cina) che hanno limitato ai privati l’accesso a Internet in modo tale da far apparire solo contenuti favorevoli al governo. In Corea del Nord, addirittura, esiste una rete virtuale isolata da quelle occidentali, completamente controllata dalla polizia del dittatore Kim Jong-Un. Anche negli Stati democratici però c’è da temere il “Grande fratello” online: grazie alle nostre ricerche e al Gps, tutte le nostre abitudini sono monitorate clic dopo clic e vengono usate a fini pubblicitari, non sempre in modo lecito.

La centralità della rete
Ecco perché, di fronte a queste prospettive, si cercano soluzioni da attuare nel malaugurato caso che la connessione saltasse. Alcuni stanno progettando un generatore elettrico di emergenza, mentre l’americano Google ha investito un miliardo di dollari per mettere in orbita satelliti e portare Internet ovunque, senza dover dipendere da infrastrutture terrestri. Ma – al di là di un “Piano B” pratico che ancora non esiste – immaginare la scomparsa di Internet è un ottimo esercizio per riflettere sul ruolo della grande ragnatela, diventata ormai uno strumento fondamentale per tutti.
Da qualche anno, per esempio, registro e libretto scolastici si sono convertiti al formato elettronico, mentre molte operazioni bancarie sono diventate possibili esclusivamente tramite mouse. Anche per iscriversi a un concorso o comunicare con certi uffici è necessario utilizzare un messaggio di posta elettronica. Ancor più di recente, stanno nascendo applicazioni per pagare le bollette di luce o gas, e c’è da scommettere che fra qualche anno sarà impossibile farlo agli sportelli postali.
L’idea che le notizie su carta siano in via d’estinzione poi è in giro già da molto: l’editore del New York Times, all’inizio del secolo, aveva addirittura profetizzato che l’ultima copia del suo giornale sarebbe stata stampata nel 2013. Si sbagliava ma è solo questione di tempo: chi non ha o ancora non usa Internet sarà presto obbligato a mettersi al passo con i tempi per evitare l’emarginazione sociale. <

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