Una chitarra tra le stelle
Aggiungi didascalia Musica di Claudio Facchetti A tu per tu con Brian May Una chitarra tra le stelle ...
https://www.dimensioni.org/2016/04/una-chitarra-tra-le-stelle.html
Musica
di Claudio Facchetti
A tu per tu con Brian May
Una
chitarra
tra
le stelle
Colonna portante dei Queen, l’artista si
prepara a tornare in azione con il gruppo. Abbiamo parlato con lui di rock,
dell’indimenticabile Freddie Mercury e di astrofisica.
Il chitarrista Brian May è una leggenda
della musica. È stato uno dei fondatori dei Queen, band inglese che ha
formato nel 1970 insieme al cantante Freddie Mercury (scomparso nel 1991) e al
batterista Roger Taylor, a cui l’anno successivo si è aggregato il bassista
John Deacon. Già solo questo lo colloca in un posto d’onore tra i musicisti che
hanno fatto la storia del rock componendo brani indimenticabili come We will
rock you, Who wants to live forever o I want it all.
La rivista Rolling
Stone l’ha inserito al 26° posto nella graduatoria dei più grandi
chitarristi di sempre, mentre altre riviste specializzate lo considerano
secondo solo a uno o due altri virtuosi.
Gli interessi
dell’artista, tuttavia, non si fermano alle sole sette note, ma spaziano verso
altre galassie. È difatti laureato in fisica e, all’età di 60 anni, ha
ripreso gli studi conseguendo un dottorato in astrofisica. Per questo gli è
stato dedicato un asteroide, 52665 Brianmay.
Appassionatosi alla
“sei corde” fin da bambino, a 16 anni Brian May ha costruito con l’aiuto del
padre ingegnere quella che è la sua chitarra ideale, la Red Special, che
usa ancora oggi. Il fatto di avere uno stile e un suono immediatamente
riconoscibili ha portato questo grande chitarrista a collaborare con molti
artisti (anche con il nostro Zucchero) in progetti paralleli a quello dei
Queen.
Uno di questi è
quello con Kerry Ellis, una star dei musical londinesi e di Broadway.
Insieme a lei, May ha costruito un sodalizio dal largo seguito grazie ai dischi
e ai raffinati concerti realizzati in coppia, visti un paio di mesi fa anche in
Italia con il tour One Voice, che ha riscosso tanti apprezzamenti.
Oggi, però, May è
già concentrato sul nuovo ritorno sulle scene dei Queen con Adam Lambert,
accoppiata vincente che ha preso forma nel 2009, quando la band ha incontrato
il cantante americano e lo ha arruolato nel prendere lo scomodo posto di
Freddie Mercury sul palco. Da allora, con cadenze periodiche, hanno tenuto una
lunga serie di concerti e apparizioni televisive, riscuotendo enorme successo.
Tornano ora in azione con un tour, che li porterà il 25 giugno a
esibirsi a Padova. Ecco cosa ci ha raccontato Brian May durante il suo ultimo
recente passaggio nel nostro Paese.
Tanti dicono che il rock è morto. Per te, che hai fatto la
storia di questo genere, è così?
Il rock esiste ed
esisterà sempre: è una musica nata per restare. Si dice che sia morto dagli
anni ’60, ma a me non sembra. Oggi ci sono ancora tanti giovani musicisti in
gamba che lo suonano, quindi sopravvivrà. Lo farà semplicemente perché la
passione per le sette note è dentro l’uomo. Dobbiamo trovare un modo per
esprimere noi stessi, per dare sfogo a quello che pensiamo, e il rock ci
consente di farlo benissimo: permette alle persone di comunicare e di riempire
i propri vuoti. Faccio parte di una band, ma questo modo di esprimersi c’è
anche quando sono in tour con Kerry Ellis.
Hai fatto cenno alla tua band, i Queen: un gruppo entrato nel
mito.
A noi è sempre
piaciuto fare musica: quello che ne è seguito è stato un viaggio fantastico. La
musica dei Queen mi accompagna anche quando sono in tour con Kerry: proponiamo
canzoni storiche della band perché è il pubblico a volerle. Ma, in totale
libertà, facciamo tutto quello che ci piace, anche cover dei Beatles.
Il fatto di dover suonare spesso i grandi classici dei Queen ti
pesa?
No, anche se siamo
un po’ vincolati nelle scelte. Certi brani sono la nostra storia, i tour sono
un’opportunità per noi di suonare insieme. Il fatto di aver lavorato con
Freddie mi ha ispirato tantissimo, così come l’aver collaborato con Paul
Rodgers (vocalist dei Queen dal 2004 al 2009, nda). In ogni caso io ho
altri progetti collaterali a quelli con la band che mi consentono di esplorare
tutte le canzoni, gli stili e le sonorità che voglio.
Avete già pensato alla scaletta dei brani da proporre?
Non in maniera
definitiva, stiamo mettendo a punto i concerti con lunghi scambi di email. Adam
ha la sua carriera e deve seguirla; quella con i Queen è un’avventura a parte,
ed è per questo che non sono in programma registrazioni con lui. Tuttavia, è
bellissimo “essere Queen” in qualche modo con Adam. Non possiamo avere un
interprete che impersoni Freddie, e nemmeno ci interessa. Vogliamo solo dare
l’opportunità alle persone di vedere e sentire ancora la band, pur senza di
lui. Con Adam abbiamo provato anche canzoni meno famose, ma dobbiamo cantare le
hit che si aspetta la gente. We are the champions, per esempio, non può
assolutamente mancare.
Adam Lambert non era nato quando i Queen hanno pubblicato i loro
dischi storici. Com’è arrivato a condividere il palco con voi?
La cosa divertente
è che noi non abbiamo cercato Adam. Lui era uno dei concorrenti del talent American
Idol e io e Roger siamo stati invitati, alcuni anni fa, a cantare con i
ragazzi in gara. Alla fine Adam non ha vinto, ma abbiamo avuto modo di parlarci
e confrontarci, conosceva bene la nostra musica. Tutto è nato così. Lui è molto
sicuro di sé ma al tempo stesso è un ragazzo umile; è un tipo simpatico, ci
divertiamo insieme e facciamo tutto senza alcun problema.
Sei considerato uno dei più grandi chitarristi del
mondo. Ma quali sono quelli che ammiri?
All’inizio sono stato fan di Buddy Holly (chitarrista degli anni ’50, nda),
ma il mio eroe è e resta Jimi Hendrix (grandissimo innovatore degli anni ’60, nda).
Mi piace molto Eric Clapton (uno dei più influenti chitarristi rock e blues, nda).
Trovo molto interessanti i giovani, traggo ispirazione da quello che
propongono. L’ho detto, sono fiducioso sul futuro della musica.
Come valuti lo stato di salute della
musica?
Da parte delle etichette discografiche non c’è molta attenzione verso lo
sviluppo delle carriere dei nuovi artisti. D’altra parte, è difficile crescere
in un contesto in cui la gente non vuole pagare per ascoltare le canzoni. È
triste, ed è un cane che si morde la coda: se vuoi fare il musicista lasci
tutto per seguire la tua professione, ma se non guadagni devi smettere di fare
musica e trovarti un lavoro per vivere. Perdiamo artisti bravi che non riescono
a uscire da questo circolo, ed è un peccato.
A proposito di altro lavoro, non tutti
sanno che sei laureato in astrofisica.
La passione per l’astronomia non ha mai influenzato la
musica che faccio. Mi fermo spesso a pensare a quanto siamo piccoli rispetto
all’universo; in questo senso per me l’astronomia ha qualcosa di spirituale.
Guardiamo cosa c’è nella nostra testa la maggior parte del tempo e non vediamo
l’immensità del cosmo… che paradosso. <