Aggiungi un posto a tavola
società di Elena Giordano L’amicizia nel piatto Aggiungi un posto a tavola Da dove deriva questa travolgente passione per i...
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società
di Elena Giordano
L’amicizia
nel piatto
Aggiungi
un posto a tavola
Da dove deriva questa travolgente
passione per il cibo
che riempie tutti i mezzi di
comunicazione?
È solo una questione di marketing
o c’è qualcosa di più
(per esempio il piacere del
mangiare-stare insieme)?
Un tempo l’Italia
era un Paese di santi, poeti e navigatori. Oggi queste professioni-attitudini
sono agée, e gli italiani si sono trasformati in buona parte chef,
con la cucina diventata fenomeno di costume. Tra i canali dedicati, i giornali,
le trasmissioni Tv, le competizioni, le fiere, il tempo delle persone è stato
riempito da “impiattamenti”, degustazioni, forno ventilato, grani antichi.
Il
fenomeno ha radici profonde ed è “naturale”, per il nostro popolo; schiere di
detrattori si stanno facendo avanti al grido di “Basta parlare di cibo”,
ma il percorso seguirà un suo andamento naturale, ossia raggiungerà a
brevissimo l’apice e poi inizierà a rallentare (ma non scomparirà).
Un popolo di buongustai
con un occhio all’economia
Ogni regione italiana è riuscita a costruirsi una tradizione
gastronomica importante, valorizzando i prodotti del suo territorio e la
passione per l’artigianalità. Da qui il fiorire di proposte gastronomiche che,
in molti casi, hanno scavalcato i confini del negozietto di provincia per
approdare al supermercato, raggiungendo così fama e riconoscimento nazionale.
Valorizzare
i prodotti Made in Italy significa, inoltre, avere successo anche
all’estero, dunque far respirare l’intera economia nazionale, oltre che
fare felici i turisti che approdano in trattorie e pizzerie del Bel Paese.
Un popolo di chiacchierini
Sbaglia
chi crede che esista solo il piacere del mangiare per il mangiare. Le persone
sono anche interessate a condividere (l’esperienza gastronomica, ma non solo):
la tavola è l’occasione che fa incontrare le famiglie, passare tempo
assieme. Dunque esplorare spaccati della vita, affrontare i problemi, metterli
– appunto sul piatto – tra un tortellino di Valeggio e una fetta di prosciutto
di Parma Dop che magari smorzano la tensione.
Ecco
spiegato perché, passata la moda del Food in Tv, il legame tra il
cibo e gli italiani resterà sempre fortissimo. Perché trattasi di uno strumento
pacificatore, consolatorio, appagante, coccolante, riposante. Insomma, meglio
delle medicine, dello psicologo, di un buon film o un panorama romantico.
Tutti chef? Mah
Non tutti
forse lo ricordano, ma un tempo – specie in occasione dei Mondiali di Calcio –
si diceva che in Italia vi fossero 60 milioni di allenatori della Nazionale.
Ebbene, questo è il tempo dei 60 milioni di chef. Il fenomeno è
divertente (forse non per i veri professionisti!): dopo aver leggiucchiato una
ricetta, seguito tre trasmissioni di cucina in Tv, provato una volta a
preparare la pizza… tutti si sentono in dovere di dire la loro. E via schiere
di clienti esigenti osservare con puntiglio i menù e valutare la croccantezza e
lo spessore dell’impasto della pizza.
Sapere
tutti un po’ di più è certamente un bene: importante è non esagerare, e
non pretendere di avventurarsi per ostici sentieri, di competenza di chi della
cucina ha fatto la propria arte.
Basta una pizza
Il gusto
non è un’attitudine che si riceve in dono una mattina. Va coltivato: e non
occorre avere 30 anni per iniziare. È vero che, anche a causa di budget più
limitati, i giovani prediligono la pizza e non il piatto gourmet. Ma questo non
li mette al riparo dal “non sapere”: tutti possono capire se lo spezzatino è
cotto al punto giusto; se il dolce è industriale o artigianale.
Stessa
logica, altro ambito: non è necessario sognare di diventare Carlo Cracco per
mettere mano ai fornelli: tutti, a casa, sono dotati di qualche pentola e
frigorifero. Perché non iniziare a sperimentare, provare? Aspettare di “essere
sposati” o “andare a vivere da soli” non è molto furbo: la cucina è un gioco,
divertente e curioso, provare non costa niente ed è, soprattutto, il punto di
partenza per creare occasioni di convivio e incontro con gli amici.
Le serate
trascorse attorno alla tavola, con anche gli spaghetti scotti e il ragù fatto
preparare dalla mamma, sono le migliori. Perché si basano su semplicità e
simpatia. Abituati a ragionare – questo sì, per colpa della Tv – in termini
di sovrastrutture ed eleganza, molti si dimenticano che non è necessario avere
i sottopiatti e tre diverse serie di calici per fare bella figura. Basta essere
felici di vedere gli amici.
A
pensarci bene, questo è il punto di forza di tante forme di aggregazione, dal
gruppo parrocchiale alla squadra sportiva: sapere che esiste – dopo le attività
− il momento dello stare insieme seduti attorno a torte e focacce. Così,
alla buona. C’è però sempre qualcuno, nel gruppo, che ha un po’ più di
dimestichezza coi fornelli; che magari prepara il gelato o sa seguire la
cottura della grigliata al meglio. Potreste essere voi, perché no?
Siamo quello che mangiamo
Nel
tentativo di “infilare” il cibo in tutti gli aspetti della vita, gli uomini e
le donne del marketing si sono dimenticati un fatto essenziale: mangiare non
significa solo nutrirsi ma, per quanto detto sopra, cercare di stare meglio,
con se stessi e con gli altri. Noi siamo quello che mangiamo, ma non possiamo
seguire una dieta perpetua, né uno strafogo eccessivo. Siamo tutti potenziali
chef stellati, ma anche clienti mangianti attenti e disposti a imparare. Ci
piace assaggiare e, se questo avviene in compagnia, anche il cibo risulterà
migliore.
Il Food
è arte, certamente, dunque tanto di cappello per chi ne esalta l’eccezionalità.
Ma è anche “Mannaggia mi si è scotta la pasta”, dunque democratico pasticcio
da tutti compreso. Siamo quello che mangiamo: persone che, come gli alimenti,
cercano, attraverso combinazioni chimiche, di trovare la ricetta dell’amicizia
perfetta.<
Le basi, prima di tutto
La cucina “vera”, ossia quella seria, proposta da
ristoranti e trattorie, si è fatta via via sempre più raffinata. Molta
attenzione è dedicata agli ingredienti, alla preparazione dei piatti, agli accostamenti, nel segno della
semplicità, ma anche della ricercatezza.
Attenzione, però, come spiega Marco Colognese,
critico gastronomico e collaboratore della Guida
ai Ristoranti d’Italia de L’Espresso: “Prima di avventurarsi nella preparazione di piatti
complessi, sarebbe bene che tutti i ristoratori italiani fossero forti e
ferrati nei piatti classici, che rappresentano la base della nostra cucina…”. Come dire: partiamo tutti dai fondamentali, poi spingiamoci oltre. Ma il ragù alla Bolognese non può non essere
eseguito alla perfezione…
Punto 1: Dove va il gusto
Ogni periodo storico ha le sue passioni e le sue manie. La crisi
economica e finanziaria iniziata nel 2008, che sta lentamente regredendo, ha
modificato le abitudini dei consumatori italiani, da tanti punti di vista.
Negli scorsi anni, imperativo era, per quanto possibile, rimanere a casa per
cena, per cercare
di risparmiare sulla spesa per il cibo. Da qui una riscoperta del cucinare, del
cimentarsi ai fornelli. Ultimamente il desiderio di uscire è ripreso, ma le
persone hanno acquisito una nuova consapevolezza: se mangiare dobbiamo e
vogliamo, cerchiamo di trattarci bene, ossia con cibo di qualità.
Punto 2: Benessere
A osservare cosa succede sugli scaffali c’è da sorridere: cibi che una
volta venivano ignorati, oggi sono diventati protagonisti della tavola. Si
prenda il caso della frutta secca. Il suo consumo era sempre stato abbinato ai pranzi di
Natale e al periodo invernale. Oggi, invece, questo prodotto ha assunto un
nuovo – e giusto – ruolo. Poca frutta secca ogni giorno aiuta a vivere meglio e
mantiene in salute, dunque è perfetta per trasformarsi in snack. Oppure in
ingrediente per nuove ricette da provare in cucina. Che si tratti di bacche di
goji o noci e mandorle, il percorso è tracciato.