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Don Pino Puglisi         paese: Italia         anno di nascita e morte: 1937-1993         professione: sacerdote cattolico   I ...

Don Pino Puglisi

        paese: Italia

        anno di nascita e morte: 1937-1993

        professione: sacerdote cattolico

 

I fatti

Don Giuseppe Puglisi, chiamato dai giovani del suo quartiere 3P, nasce, vive e muore nella città di Palermo, quartiere Brancaccio. Sembra incredibile narrarlo oggi – forse chi ha visto o letto Gomorra può immaginare qualcosa di simile, anche se traslato sul napoletano e la camorra – ma al tempo, in città, vigevano unicamente le regole della mafia. Don Puglisi ebbe un’intensa attività di parroco, ma anche di docente nelle scuole, padre spirituale, animatore di associazioni cattoliche.
Proprio l’impegno nei confronti dei giovani, che riusciva a “strappare” alla mafia, causò la sua morte: nel giorno del suo 56esimo compleanno, venne ucciso con due colpi alla testa davanti al portone di casa (si racconta che le sue ultime parole furono: “Me l’aspettavo”). Tutti i colpevoli – mandanti ed esecutori – vennero catturati e processati. Don Puglisi è beato dal 2013.

Cosa ci dice don Puglisi

La mafia uccide. Uccideva con dovizia, fino a pochi anni fa. Vivere nel contesto palermitano senza fare i conti con questo assunto significava proprio voler guardare da un’altra parte (per sorridere sul tema, per quanto possibile, in modo surreale, gustatevi il film La mafia uccide solo d’estate). Don Puglisi non era certamente uno stupido. Molti altri, nella sua posizione, avrebbero tenuto un “low profile”, si sarebbero occupati delle cose-di-chiesa-che-profumano-di-incenso. Lui abbatté questi steccati ridicoli e inglobò nella sua missione ogni angolo del quartiere. Pagò con la vita, ma molti, grazie a lui, soprattutto giovani, si affrancarono dal mondo mafioso.
Davvero la Chiesa siamo tutti noi. 3P non ebbe in mente solo di curare le persone che frequentavano oratori o messe. Ebbe sempre una visione “allargata” del contesto in cui era inserito. Povero tra i poveri, debole tra i deboli, perché così era la sua Brancaccio. Il Vangelo avrebbe dovuto per forza di cosa farsi strada proprio nelle famiglie più radicate nel contesto mafioso… altrimenti, cui prodest?
Spesso pensiamo che la Chiesa e i preti abbiano preso una strada lontana da noi: troppi scandali, italiani, stranieri, su più temi, minano la nostra fiducia. Forse dovremmo far parlare storie come quella del beato Puglisi per ritrovare la speranza. Ancora oggi tanti preti lavorano in silenzio, in contesti disagiati e vessati dalla criminalità organizzata. Guardiamo a loro, lasciamo che siano loro a incarnare il Vangelo. Con il nostro aiuto, ovviamente… nemmeno Gesù era completamente solo, mentre cambiava per sempre il modo di considerare l’amore e il prossimo sul pianeta.
Don Puglisi è un martire della mafia. La giustizia ha fatto il suo corso. Tutti soddisfatti? Nemmeno un po’. Osservate con una certa malizia i fatti di cronaca: spesso si sente parlare di “sistema mafioso”, di processioni che “omaggiano” questo o quel boss. Di terreni confiscati alla mafia che ammuffiscono in attesa di nuova destinazione.
L’Italia non è ancora libera. Faremmo tutti un errore a considerare 3P un beato da tenere sulla scrivania a mo’ di immaginetta. Il suo esempio – così come quello di tutte le persone che si sono opposte alla mafia e hanno pagato con la vita – deve spronare verso giuste e coraggiose scelte, nel segno dell’onestà e della giustizia.

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