Francesco Renga - il motore di tutto è l'amore
Musica di Francesca Binfarè Incontro con Francesco Renga Il motore di tutto è l’amore Dopo il successo del suo ultimo disco, “S...
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Musica
di Francesca Binfarè
di Francesca Binfarè
Incontro con Francesco Renga
Il
motore
di
tutto è l’amore
Dopo il successo del suo ultimo disco,
“Scriverò il tuo nome”, l’artista è pronto a tornare sul palco a ottobre.
Abbiamo fatto con lui il punto della
situazione.
In sei settimane l’ultimo disco di Francesco
Renga, Scriverò il tuo nome, ha conquistato il disco d’oro
per le vendite. Sì, la discografia è in crisi da anni, i numeri non sono più
quelli di una volta, ma è innegabile che il risultato ci sia e ci racconta una
cosa chiara: il pubblico ama la musica di Renga. Che fin dall’uscita del disco
ha programmato un paio di concerti speciali per l’autunno, a Milano il 15
ottobre e a Roma, il 22 dello stesso mese.
Sull’onda dei riscontri
positivi ricevuti dalle nuove canzoni, e dal bagno di folla che ha
accolto Francesco in ogni tappa dell’instore tour (appuntamenti durante
i quali i cantanti firmano le copie dei loro album e incontrano i fan), sono
state aggiunte due ulteriori date: il 20 ottobre a Padova e il 23 a Bari. Ecco cosa ci ha
raccontato.
Grazie a tutti dell’accoglienza
che avete riservato al mio disco. Sono stati mesi intensi ed emozionanti, così
come lo sono stati quelli vissuti durante la lavorazione del disco. Io mi
annoio facilmente, sono curioso di carattere, mi metto continuamente alla prova
e in discussione. In passato ho cantato con un’orchestra, mi sono cimentato in
qualcosa di più ruvido, ho sempre fatto gli esperimenti che mi andava di fare e
per questo mi ritengo molto fortunato. Scriverò il tuo nome è la seconda
tappa di un cammino artistico iniziato con l’album precedente, Tempo reale:
è inutile ripetersi, bisogna evolvere seguendo una traccia. È quello che ho
cercato di fare.
Il nuovo disco è stato molto apprezzato dal pubblico
e dalle radio. Ci racconti com’è nato e come l’hai realizzato?
Avevo in mano molte canzoni: ho
selezionato queste che ho inserito in Scriverò il tuo nome partendo da
una rosa estremamente ampia, di un’ottantina di pezzi. È scaturito un disco d’amore.
Tema che ricorre spesso nelle canzoni...
Sì, ma è talmente sfaccettato e
multiforme che, per quante canzoni uno possa fare, non ne racconterà mai tutti
gli aspetti. È estremamente difficile definire l’amore, è sfuggente; nonostante
questo Scriverò il tuo nome parla in maniera chiara di questo
sentimento, in tutti i brani. Anche il testo più “politico”, detto tra
virgolette, alla fine parla di una passione: l’amore, dal mio punto di vista, è
il motore di tutto.
In quali facce dell’amore ti riconosci maggiormente?
Non c’è una canzone in
particolare, e quindi un aspetto del sentimento in cui mi riconosca di più:
sono tutte sfaccettature di un universo difficile da descrivere nella sua
interezza. Ma tutte mi appartengono.
È un lavoro autobiografico?
Quando si racconta l’amore si parte sempre da se stessi. Metto la mia
vita nei progetti, non posso fare altrimenti.
La mia è una dichiarazione di intenti che parte dalla mia interiorità ma
poi si allarga a tutti, nome per nome.
Così ci hai motivato anche il
titolo dell’album. A proposito, la copertina del cd è interamente ricoperta di
nomi: quanti sono?
Credo
siano 2800. Divertente, vero?
Visto che parli di amore nelle
nuove canzoni, magari ce n’è una dedicata a qualcuno in particolare...
Siete voi
giornalisti a essere fissati con le dediche (ride, nda). Non c’è nessuna
canzone dedicata a qualcuno. La dedica è riduttiva, secondo me. Prendiamo Angelo:
fu un enorme successo per me. Se la proponessi adesso non credo sortirebbe
alcun risultato perché quell’esito positivo arrivò da una serie di eventi che
si erano messi in fila quasi per caso. Nel contesto attuale, ci vorrebbe un
lavoro scientifico per ottenere quella combinazione di fattori. Passati 11 anni
da quella canzone è cambiato tutto, il tempo modifica il nostro modo di
proporre la musica. Comunque, Angelo non è dedicata a mia figlia
Jolanda, anche se voi lo pensate.
Parli di te in queste canzoni,
ma non le hai scritte da solo: hanno collaborato diversi tuoi colleghi, tra cui
Nek.
Non
smetterò mai di ringraziare tutti i miei collaboratori e chi ha scritto con me.
Il fatto di aver lavorato con loro mi ha dato modo di concentrarmi sul canto e
sulla voce, che è andata a sposarsi con una scrittura più contemporanea, più
moderna, più nelle corde di questi tempi e del mercato. Stilisticamente questo
è in assoluto il disco più proiettato nel futuro che abbia mai fatto, lo
definirei una fotografia in divenire: rappresenta il Francesco Renga che verrà.
Dal punto di vista musicale il cd è eterogeneo, unisce elettronica e qualcosa
di più classico. Grazie alle tante parole e alle strofe serrate dei testi, il
mio canto si è asciugato, è diventato preciso e diretto. Ho la consapevolezza
di aver fatto un gran bel lavoro; è la prima volta nella mia carriera in cui
non cambierei una virgola delle canzoni che ho fatto.
Addirittura?
Non dico che mi annoi a riascoltarmi ogni volta che
finisco un disco, ma... stavolta, invece, no. Di questo album mi piacciono gli
arrangiamenti, le soluzioni di scrittura scelte. Io arrivo da un mondo diverso,
ormai. È stato importante lavorare con altre persone.
Com’è stato interagire con una
squadra così numerosa e anche eterogenea?
Ho dato
fiducia al produttore e agli autori, ma le scelte finali sono sempre state mie.
In passato sono stato autore più per necessità che per virtù. Io faccio il mio,
uso la capacità (che so di avere) di distinguere una canzone bella da una
brutta. Dopo di che, vedo di cantarla dignitosamente. Strumenti? Sono negato,
non ho mai suonato niente. Cerco qualcuno bravo e gli dico: «Per favore, suoni
bene questa cosa per me». Mi sembra la scelta migliore.
Che musica ascolti?
Molta
radio quando sono in auto. Non credo però ci siano grandi cose in giro, a
livello compositivo. I brani migliori vengono dai producer e da certi nuovi dj,
perché è cambiato il modo di fare questo lavoro. Non esiste più il grande
autore che compone in autonomia ma esistono équipe che lavorano in sinergia.
Sta alla lucidità dell’artista circondarsi di autori e produttori, creando un
team per fare bene quello che ha in mente.
L’anno scorso hai
preso parte al talent show Amici: come ti sei trovato nei panni di
giudice?
Molto
bene. Non sono tornato ad Amici perché dovevo occuparmi del mio disco ma
è un’esperienza che rifarei mille volte. Ho imparato tantissimo anche sulla tv,
che era un mezzo di comunicazione che mi spaventava perché non ero in grado di
gestirlo. Fare televisione come lavoro mi ha fatto comprendere meccanismi che,
da esterno, mi sfuggivano. E ovviamente mi sono anche divertito. <