Macché lingua morta!
curiosità di Nicola Di Mauro Le nostre radici Macché lingua morta ! Il latino, che tanti ritengono super...
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curiosità
di Nicola Di Mauro
Le
nostre radici
Macché
lingua
morta!
Il latino, che tanti ritengono
superfluo, è più vivo che mai
e per nulla noioso. Lo dimostra in
un bel libro Nicola Gardini, docente all’Università di Oxford.
Alzi la
mano chi non ha mai tremato davanti a una versione di latino, per un
compito in classe, di Cicerone o Tacito o Tito Livio, per citare solo alcuni
degli autori classici latini che si studiano a scuola, e chi non abbia mai
gradito i professori che ne parlano a lezione.
Il latino: croce e delizia degli studenti dei licei. Ricorre
spesso, non solo tra gli studenti un po’ svogliati, ma anche tra gli adulti,
una domanda un po’ irriverente: «A che serve?».
Una
materia inutile?
Già! A che pro studiare ancora una lingua morta come il latino (e si
potrebbe anche aggiungere: come il greco)? In un mondo dove la tecnologia fa
passi da gigante, sembra non esserci bisogno di scomodare Virgilio oppure
Orazio. Così il latino si rivelerebbe alla stregua di una materia superflua,
non necessaria.
A quella domanda alcuni rispondono che il latino, come la matematica, la
fisica, la chimica, serve a formare la mente, a ragionare, a pensare. È
una vera e propria palestra per l’intelletto delle giovani menti degli
studenti, anche per quelle costantemente distratte dalle playstation,
gli smartphone e Internet.
Quelli che, invece, ne negano l’utilità a scuola, sostengono che il
latino ha perso la sua funzione didattica e pedagogica. Si può togliere
dai programmi scolastici, senza che ciò penalizzi l’istruzione. Inoltre, ci
sono insegnanti che trattano il latino in modo autoreferenziale, ne limitano
cioè il valore formativo, obbligando gli studenti a imparare a memoria nozioni
di grammatica, finalizzate a tradurre brani di autori classici, con l’unico
risultato di terrorizzare o tediare l’intera classe.
Non ci siamo! Non è così che si studia il latino! E non è affatto una
lingua morta, ma è più viva che mai! Il latino è ben altro che nozioni grammaticali
da memorizzare e versioni da tradurre. Ad affermarlo, è Nicola Gardini,
che insegna Letteratura Italiana comparata nella celebre Università di Oxford,
in Inghilterra.
42 anni, ha scritto di recente un libro, Viva il Latino. Storie e
bellezza di una lingua inutile (Garzanti), dove dichiara semplicemente
che «il latino è bello!». Potrebbe sembrare un’opinione scontata di un “addetto
ai lavori”, ma nelle pagine l’utilità del latino è sviscerata con passione e
analizzata in profondità, sino a far sorgere il dubbio che la lingua parlata da
Orazio abbia tanto da dire a tutti, non solo a studenti e professori.
L’autore precisa che non è di grammatica o sintassi che vuole trattare,
ma di coloro che il latino lo hanno scritto e parlato, masticato e
interpretato, esaminato e adottato. Un’indagine davvero affascinante sulle
origini del mondo latino-romano, e non solo. A partire da Catone il Censore,
per esempio, fino a Sant’Agostino e san Girolamo, analizzando, con vivezza di
approfondimenti etimologici, storici e umani, nonché di aneddoti e curiosità,
quanto hanno scritto i grandi scrittori del calibro di Cicerone, Ovidio o
Seneca.
Ma anche il latino orale, quello parlato, con le sue varianti gergali
(gli slang, diremmo oggi), e quello che è diventato il substrato delle
lingue neo-latine o romanze, sono oggetto delle sue argomentazioni. Trovano
posto l’amicizia e l’amore, che rappresentano il soggetto letterario e umano di
molti scrittori e poeti latini, di cui Gardini propone una lettura assai
stimolante. Racconta, per esempio, di come egli stesso s’innamorò dei versi
di Catullo quando s’imbatté in un suo componimento di 18 versi sulla morte
di un passero, “deliciae meae puellae” (delizia della mia ragazza).
Non mancano le parolacce che usavano i latini (vedi Catullo,
Plauto o Apuleio, per esempio), tuttora in uso e agli studenti ben note, di cui
ne studia addirittura l’etimologia più remota. Affiorano ovviamente anche altri
temi esaminando ogni singolo autore latino: la guerra, la pace, l’onestà, la
corruzione, la giustizia, la povertà, la ricchezza e così via.
Ogni capitolo è infatti dedicato a uno o più di quegli spauracchi
degli studenti, che devono affrontarne la traduzione di testi come l’Eneide
di Virgilio, il De Bello Gallico di Cesare, il De Rerum Natura di
Lucrezio, le Epistolae di Cicerone, i Carmina di Catullo, le Odi
di Orazio, per fare riferimento solo ad alcuni dei numerosi illustri pilastri
del mondo latino-romano.
Alla
base
dell’identità
europea
L’idea che il professore di Oxford vuol far passare è che questa lingua –
come dimostrano i documenti di coloro che con essa hanno scritto e parlato e
che si studiano a scuola – fa parte della nostra più intima identità culturale
europea, è fondamento essenziale della nostra civiltà occidentale, sorta
con la nascita e la decadenza dell’impero romano e trasformatasi nel corso dei
secoli fino a noi.
Il latino si trova alla radice di ogni nostro modo di pensare, parlare e
agire. Scrive Gardini infatti: «Nel latino sono scritti i segreti della nostra
più profonda identità e quei segreti si vuol poterli leggere». Il fatto di
tenere presente questa verità mantiene la lingua latina viva, bella, utile,
perché conoscerla significa comprendere di più noi stessi come persone,
come cittadini e come europei, cogliendo di noi le sfumature più diverse,
raffrontando in modo critico e positivo il passato con il presente.
Non voler accogliere il latino dunque può pregiudicare la nostra stessa
identità umana e culturale. Intellettuali come Dante, Boccaccio, Petrarca,
Machiavelli, Voltaire, Shakespeare, Goethe, Leopardi, Nietzsche e altri lo
avevano intuito e avevano fatto del latino «il più fondamentale monumento
alla civiltà della parola umana». Tocca ai giovani recepire questo messaggio, rivisitando
il latino da questa nuova prospettiva. La loro vita se ne gioverà di certo.
Ora, forse, il compito in classe farà meno paura! <