Ready Player One
cinema di Claudio Facchetti Arriva Ready Player One di Steven Spielberg Fuga dalla realt à Guerre, carestie e disas...
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cinema
di Claudio Facchetti
Arriva Ready Player One di Steven
Spielberg
Fuga
dalla realtà
Guerre,
carestie e disastri ambientali hanno reso il pianeta
un
luogo inospitale. L’uomo si rifugia così nel mondo virtuale
creato
dalla piattaforma OASIS. E qualcuno vuole impadronirsene.
Lo scorso
18 dicembre ha compiuto 71 anni ma Steven Spielberg non ha alcuna
intenzione di appendere la macchina da presa al classico chiodo. Anzi, negli
ultimi tempi il celebre e geniale regista non è mai stato così attivo e mentre
nelle sale si è appena esaurito il successo di The Post, film sulla
libertà di stampa con Tom Hanks e Meryl Streep, ecco pronta sulla rampa di
lancio una pellicola nuova di zecca: Ready Player One.
Tratto dal best seller fantascientifico scritto da Ernest Cline (in
Italia ripubblicato dalla DeAgostini) nel 2010 e originariamente intitolato Player
One, è stato oggetto di una lunga asta tra major cinematografiche
per accaparrarsene i diritti, asta vinta infine dalla Warner Bros.
È iniziata poi la stesura della sceneggiatura, che ha coinvolto lo stesso
Cline, con il massiccio aiuto dell’esperto Zak Penn, ma solo nel 2015 è
entrato in gioco anche Spielberg sia come regista che come produttore.
Una “discesa in campo” quasi naturale visto l’impianto narrativo su cui
si basa il libro che, certo, è proiettato in un futuro distopico ma con
numerosi rimandi a oggetti e ambientazioni degli anni ’80, ’90 e 2000,
con particolare rilievo al primo decennio. Un decennio che lo stesso Spielberg
ha segnato con i suoi film e che Cline cita spesso e volentieri nelle pagine
del suo romanzo. «È stato un sogno – dice lo scrittore – trovarmi a lavorare
con Steven, non potevo crederci».
Da parte sua, il regista, ha badato bene di eliminare
nel film quasi del tutto i riferimenti ai suoi lavori. «Amo gli anni ’80 e ho
scelto di girare Ready Player One perché mi proietta in quell’epoca e mi
permette di ricrearla, pur in un contesto futuristico. Ma ho volutamente tolto
la maggior parte dei rimandi alle mie pellicole che si trovavano nel libro: mi
sembravano troppo autoreferenziali. Anche senza di me, ci sono molte cose che
hanno reso quegli anni un bel periodo in cui crescere».
Sull’orlo
della catastrofe
È dunque il ping pong tra passato e futuro una delle chiavi di lettura
del film, perfettamente congegnato nello sviluppo della trama. Siamo infatti
nel 2045 e il pianeta non se la passa tanto bene. Lo sviluppo indiscriminato da
parte dell’uomo lo ha portato sull’orlo della catastrofe tra guerre,
carestie, disastri ambientali.
A “consolare” l’umanità da una quotidianità opprimente c’è però OASIS, un
universo virtuale creato dall’eccentrico miliardario James Halliday. Un
mondo “finto” in cui gli esseri umani si rifugiano per dimenticare la fosca
realtà in cui si dibattono e dove possono fare amicizia, innamorarsi, viaggiare
o vivere un’avventura ai confini dell’immaginazione. Proprio come fa Wade
Watts, il giovane protagonista che vive in una specie di caravan su
palafitte a Columbus, in Ohio, e che sarà coinvolto, suo malgrado, in una
fantastica caccia al tesoro.
Capita quando Halliday muore improvvisamente, senza lasciare eredi. Lascia però una complicata
serie di enigmi legati, in modo particolare, all’immaginario degli anni
’80, da lui tanto amato: chi riuscirà a risolverli potrà prendere il controllo
di OASIS. Cosa che fa gola anche alla IOI, spietata multinazionale guidata
dall’altrettanto spietato Nolan Sorrento.
Wade intuisce il pericolo e da appassionato della
cultura degli ’80, insieme ad alcuni compari (l’amica Samantha Cook, il
cacciatore di taglie i-R0K) si getta nella mischia. Nei panni del suo
avatar, Parzival, penetra così in OASIS, pronto a schivare i letali
tranelli dei nemici e a risolvere i rebus sparsi da Halliday. Perché lui è
l’unica speranza per l’umanità.
La
droga virtuale
Nella scelta del cast, Spielberg non ha chiamato consolidate star
hollywoodiane. È andato invece a pescare tra attori giovani ma con alle spalle
una solida carriera, come i due protagonisti principali: Tye Sheridan
(Wade Watts), che ha già lavorato con registi di vaglia (da Terrence Malick a
David Gordon Green), ma che è anche noto per il ruolo di Ciclope in X-Men
Apocalypse; e Olivia Cooke (Samantha Cook), emersa dalla serie tv Bates
Motel e vista in horror quali Le origini del male e Ouija.
Per entrambi è stato come toccare il cielo con un dito.
«Il primo provino – confessa Tye – non era andato bene. Ho poi avuto la
possibilità di farne un secondo, ma non nutrivo grandi speranze visto l’esito
del precedente. Invece mi ha scelto. Ero incredulo». Aggiunge Olivia: «Nel
cassetto dei miei desideri c’era quello di essere diretta da Spielberg: quando
l’ho saputo, mi sono data dei pizzicotti sul braccio, credevo di sognare».
Ready Player One non si risparmia sul piano degli effetti speciali, alzando ulteriormente
il livello di quanto fino a oggi raggiunto con la grafica computerizzata,
tuttavia per Spielberg è importante l’avviso “ai navigatori” che invia: «Credo
che certe cose che si vedono nel film entreranno nelle nostre vite prima
che ce ne rendiamo conto. Qui viene descritto un mondo virtuale che rappresenta
una fuga dalla realtà, ma è un mondo virtuale che si ciba dell’immaginario
collettivo».
La nostra società, d’altra parte, sembra correre in quella direzione:
sovraffollamento, inquinamento, crisi economiche, popoli affamati, guerre… In
un domani non troppo lontano la realtà virtuale potrebbe trasformarsi in una nuova
droga, sorta di rifugio per spegnere per un attimo i problemi.
In Ready Player One l’àncora di salvezza è lo sguardo al passato,
a quegli anni che nella pellicola Spielberg riempie di citazioni: il furgone
dell’A-Team, Gundam, l’auto di Ritorno al futuro, i giochi di ruolo come Dungeons & Dragons, Pac-Man,
le battute del film Wargames e così via. «È una storia che mette in
guardia – ha detto a USA Today – , ma anche un’avventura entusiasmante.
Quell’epoca era caratterizzata da una rinfrescante mancanza di cinismo
e, nella nostra storia, è a questo che la gente cerca di tornare». <