LASSU' IN DANIMARCA A SCOPRIRE IL GIRO D'ITALIA

Scatta con un trittico di tappe in Scandinavia la novantacinquesima edizione della “corsa rosa” Centonovantotto corridori di ventid...

Scatta con un trittico
di tappe in Scandinavia
la novantacinquesima
edizione della “corsa rosa”



Centonovantotto corridori di ventidue squadre diverse, lanciati a perdifiato in una nordica terra dipinta di rosa, circondata dal mare, e attraversata in filigrana da pedali e raggi di bicicletta. Con le silhouette dell’italiano Vincenzo Nibali e del lussemburghese Andy Schleck a stagliarsi su tutto il gruppo per indicare due potenziali favoriti della vigilia.
Così un artista grafico può divertirsi a rappresentare la Danimarca, piccolo grande Paese del nord Europa da dove partirà, il prossimo 5 maggio, la novantacinquesima edizione della “corsa rosa”, il Giro d’Italia. In una nazione la cui capitale, Copenhagen, con i suoi quattro milioni di velocipedi distribuiti fra cinque milioni di abitanti, è anche ”Capitale mondiale delle Biciclette”. Lo ha stabilito nel 2011 l’Uci, l’Unione Ciclistica Internazionale, premiando nel modo più significativo la politica ambientale e urbanistica grazie a cui la “penisola dello Jutland” può oggi sfoggiare 10mila chilometri di piste ciclabili su una superficie di 43mila metri quadrati, che è come dire due volte la Toscana.
Che, in questi tempi di grave crisi economica e politica, ci sia molto da imparare dai danesi, a cominciare dalla politica fiscale, è un dato di fatto di grande attualità nel nostro Paese. Grandi doti di preveggenza ha allora dimostrato la macchina organizzativa del Giro, fissando da tempo la partenza in Danimarca per l’edizione 2012. Ciò significa prologo a cronometro nel circuito della città di Herning, seconda tappa di 206 chilometri con partenza e arrivo sempre a Herning, e terza tappa di 190 chilometri con partenza e arrivo nella città di Horsens.

Queste sono le scalate più dure del mondo
Da un punto di vista spettacolare è un trittico che riserverà immagini di enorme suggestione, inquadrando i corridori in paesaggi fatti di distese sconfinate, scogliere battute dal vento, piccoli borghi incantati come ai tempi delle fiabe di Andersen. Nello stesso tempo, entrando nello specifico agonistico, non saranno semplici esibizioni in puro stile promozione turistica. Si tratterà piuttosto di un primo atto assolutamente degno della manifestazione giunta a fregiarsi – cosa recente – della definizione di “corsa a tappe più dura del mondo”.
Approfittando di un contemporaneo annacquamento della corsa in giallo, il Tour de France, divenuta troppo elefantiaca per garantire emozioni forti in grande quantità, negli ultimi anni gli organizzatori italiani si sono impegnati a rendere sempre più selettivo e improbo il percorso del nostro Giro. Ciò vuol dire moltiplicazione di salite, dislivelli da cuore in gola, arrivi in quota, massacranti tappe a cronometro, traguardi per velocisti ridotti al minimo sindacale. Così è stato nel 2011, nel terribile Giro vinto dall’italiano Michele Scarponi in seguito alla squalifica retroattiva comminata per doping allo spagnolo Alberto Contador, maglia rosa sul traguardo finale di Milano, e costretto a disertare le corse fino al prossimo agosto.
L’edizione 2012 del Giro, anche se definita “meno impossibile”, poco si discosta da questa falsariga. Una volta in Italia dopo il lungo prologo danese, la battaglia tra i “girini” si snoderà attraverso altre diciotto tappe, fino alla consueta conclusione, prevista il 27 maggio a Milano, dopo avere toccato in tutto diciassette regioni, e avere coperto una distanza totale di 3mila476 chilometri e 400 metri. Ben sei sono gli arrivi in salita, destinati a lasciare tracce importanti in classifica generale, compreso quello agli oltre 2mila700 metri del passo dello Stelvio, quest’anno la cima Coppi, come viene chiamata la vetta con la massima altitudine del percorso.
Restando ai valori altimetrici, si lascia segnalare la diciassettesima tappa, che il 23 maggio porterà i ciclisti da Falzes a Cortina, coprendo 187 chilometri distribuiti attraverso quattro cime fra i 1600 e i 2300 metri, per un totale di quasi 5mila400 metri di dislivello, tanto da far dire a qualcuno che in un solo giorno di Giro si sale come nell’intero Tour 2012.

La sfida che tutti sognano fra Nibali e Andy Schleck
E’ proprio questo alto tasso di asperità a far prefigurare una corsa tagliata apposta sul talento e la forza di Andy Schleck, ventisettenne corridore lussemburghese, “figlio d’arte” nel più eclatante dei modi, se consideriamo che suo padre Johny negli anni sessanta e settanta è stato pregiatissimo gregario di campioni come il francese Jacques Anquetil e il belga Eddy Merckx. In questa prima parte di carriera Andy ha già saputo arrivare più in alto di lui, imponendosi con quel tratto da passista classico – forte a cronometro, e sempre fra i primi in montagna – grazie a cui il suo palmares annovera il Tour de France del 2010 (sempre a causa della squalifica di Contador) e il secondo posto in quello del 2011, dove finisce dietro l’australiano Cadel Evans, e davanti al fratello Frank, campione a sua volta, ma con una più netta propensione per le scalate.
Con la scusa che il Tour non è più lo spauracchio di una volta, a quello della prossima estate sta pensando molto seriamente Vincenzo Nibali, ciclista messinese di 27 anni, deciso a mettersi sulla scia del compianto Marco Pantani, ultimo italiano capace di vincere la corsa in giallo, nel 1998. Obbiettivo prestigioso, anche se molti preferirebbero vedere Nibali completare il crescendo iniziato con il terzo posto nel Giro del 2010, e continuato con il secondo del 2011. Una progressione che sembra dire vittoria in questo 2012, tanto da far profetizzare una corsa dominata dalla sfida fra Nibali e Schleck, con ruolo da terzo incomodo conteso fra il redivivo di casa nostra Ivan Basso, il grande vecchio di Spagna Joaquim Rodriguez e il più giovane talento della Repubblica Ceca Roman Kreuziger.

Tasse ben pagate dove si pedala meglio
In attesa di vedere quale verdetto decreteranno le strade italiane, ci sarà modo di gustarsi il lungo prologo delle tre tappe danesi. In un Paese i cui abitanti pagano tasse superiori solo alle nostre, con la significativa differenza che, secondo recenti sondaggi, si dichiarano felici di onorarle. Per il semplice motivo che lassù, a differenza che in Italia, ogni anno di imposte versate si trasforma non in fumo ma in servizi. Ovvero ospedali più efficienti, scuole più aggiornate, asili e istituti per anziani più accoglienti. E centinaia di chilometri di nuove, stupende piste ciclabili aperte a tutti.

Stefano Ferrio

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