Un pianoforte per amico

Emozioni distillate in punta di dita. Sono quelle che scorrono sui tasti che danno vita alle composizioni di “Giocando con i bottoni”...



Emozioni distillate in punta di dita. Sono quelle che scorrono sui tasti che danno vita alle composizioni di “Giocando con i bottoni”, positivo debutto di Giulia Mazzoni.

“Oggi non alziamo più gli occhi nemmeno verso il cielo perché assorti da mille pensieri”.

Un album di ricordi dove al posto delle fotografie ci sono le note musicali.
È questa, in estrema sintesi, lidea alla base di Giocando con i bottoni, debutto discografico di Giulia Mazzoni, 24 anni da Prato, che la vede da sola inseguire sui tasti del pianoforte sensazioni, immagini, suoni, stati danimo.
Un cd figlio della storia della musicista, di unamicizia per il pianoforte scoppiata alle scuole elementari che non è più svanita.
Anzi, si è saldata via via che cresceva, con studi appassionanti e faticosi, con la frequentazione del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, ancora in corso. Intanto, sparse qui e là, esperienze diverse.
Collaborazioni ad alcuni progetti cinematografici, concerti da solista, uno spettacolo teatrale, Il viaggio: dialogo tra musica, pittura e parola,   che riscuote giudizi lusinghieri.
E adesso questo passo, Giocando con i bottoni, quattordici composizioni per solo pianoforte, pastelli legati dal filo della memoria che scavano dentro allemozione.

L’“innamoramento” per il piano è sbocciato alle scuole elementari. Com’è andata?
Durante la ricreazione, ho sentito provenire da unaula un suono meraviglioso e ho scoperto che era di un pianoforte. Mi ha davvero rapita e da quel momento, appena potevo, ho iniziato ad andare in quella stanza per mettere le mani sopra i tasti. Naturalmente, lapproccio era a livello inconscio, ma quel primo incontro ha determinato il mio percorso. Crescendo, i genitori mi hanno fatto prendere lezioni private e poi mi sono iscritta al Conservatorio.

Il pianoforte non è uno strumento facile. Non hai mai avuto la tentazione di lasciar perdere tutto?
Tante volte, e mi accade ancora oggi. Il suo studio ti mette spesso davanti ai tuoi limiti, tecnici ma anche nervosi e mentali. Quando un passaggio non ti riesce, insisti decine di volte, e questo assorbe molte energie. Da ragazzina, sovente ho rinunciato ad andare a giocare con le amiche perché dovevo esercitarmi, ma nonostante tutto la musica vinceva sempre sui disagi. Ci vuole calma, volontà e passione.

Qualcuno dice che il Conservatorio ingabbia la creatività, anche se non pare il tuo caso.
C’è questo rischio?
Non penso. Dipende da come affronti il percorso. Lo studio è fondamentale e, nel mio caso, mi aiuta e mi ha aiutato tantissimo. Mi sta dando degli strumenti importanti di lavoro che posso decidere o no di utilizzare, e sviluppa la mia capacità critica musicale. Se domani volessi scrivere una fuga o un concerto per orchestra, posso farlo. È unoccasione in più per migliorarmi e, in particolare, nel Conservatorio di Milano non ho trovato atteggiamenti di chiusura. Per esempio, tempo fa, si è analizzato un passaggio di un brano di Bjork, non proprio unautrice classica.

Perché non hai seguito la carriera di concertista?
Ho voluto seguire il mio spirito creativo piuttosto che essere uninterprete della tradizione che, comunque, mi interessa e sto studiando. In questa fase della mia vita, però, ho sentito lesigenza di comunicare il mio mondo interiore, senza pormi il problema di limitare i generi. Volevo solo esprimere con naturalezza i miei stati danimo con i linguaggi che conosco, quindi con la classica, ma anche il pop, il jazz e così via. Non mi piacciono gli steccati nelle sette note e credo non ci sia musica di serie A o B, bensì musica fatta bene o male.

Suonare ti fa scoprire aspetti di te che non conoscevi?
Senza dubbio. Il gesto del suonare non è solo tecnico: un passaggio difficile, in qualche modo, riesci a risolverlo, magari provando e riprovando. Ma quando vuoi esprimere unemozione, la cosa è più complicata. Escono parti di te nascoste perché ti guardi dentro, e talvolta è devastante. È insomma un processo intenso.

Cosa ispira una tua composizione?
Unimmagine, un pensiero, una frase... Mi siedo al piano e cerco di darle forma. È come una fotografia, che metto a fuoco un po alla volta. Poi, è chiaro che ognuno, ascoltando un mio brano, prova qualcosa di diverso da me, ma è la magia della musica.

L’atmosfera generale del cd sembra nostalgica. È una chiave di lettura delle tue composizioni?
È un po il filo conduttore dellalbum, in molti  brani affiora spesso il ricordo dellinfanzia, fin dal titolo. Da bambina giocavo per ore con dei bottoni colorati che per me erano magici. E tutti noi, da piccoli, abbiamo avuto degli oggetti che ci parevano magici, e che sono un po una metafora della meraviglia e della semplicità che provavamo a quelletà. Oggi non alziamo più gli occhi nemmeno verso il cielo perché siamo assorti da mille pensieri e problemi.

Nei brani sono evitati i virtuosismi per dare quasi risalto alla singola nota o alle progressioni di accordi. Una scelta voluta?
Sì, ho volutamente privilegiato la semplicità e listinto, desideravo fermare lemozione provata nel momento stesso in cui mettevo le mani sui tasti. Ho preferito concentrarmi sul timbro, sui colori delle note, sulla dinamica piuttosto che sulla ritmica o sui passaggi complessi. Daltra parte, la fisionomia che ha preso lintero lavoro mi ha guidato verso questo tipo di composizioni.

C’è chi ti ha definito la Giovanni Allevi al femminile. Un paragone fastidioso?
Non mi dà alcun fastidio, anche perché non ci posso fare niente: se qualcuno mi accosta ad Allevi o anche a Ludovico Einaudi, pazienza... Credo però che ognuno abbia la sua specificità, un suo modo di esprimersi differente, un proprio mondo musicale.

I tuoi compositori preferiti?
Nel classico, prediligo il romanticismo e limpressionismo; amo Chopin su tutti, poi Satie, Debussy. Nella contemporanea, seguo il minimalismo, dunque Michael Nyman, Philip Glass, Ludovico Einaudi. E poi ascolto di tutto, compreso il pop: quando un pezzo è interessante, vale sempre la pena di ascoltarlo.

Cos’è il pianoforte per te?
Il mio migliore amico.


Claudio Facchetti

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