Abiteremo in una "Smart City"
Abile, acuto, alla moda, brillante. Sono alcune delle possibili traduzioni del termine inglese Smart. Sempre più le città ambiscono ad esse...
https://www.dimensioni.org/2014/01/abiteremo-in-una-smart-city.html
Abile, acuto, alla moda, brillante. Sono
alcune delle possibili traduzioni del termine inglese Smart. Sempre più le
città ambiscono ad essere così. Nuove tecnologie tra le mani e un cuore
pulsante e responsabile renderanno possibile il cambiamento.
Interattiva, sempre connessa, open data, green. In una
parola: smart.
È questo l’aggettivo che più si addice alla
città di domani. Dopo decenni tra code del traffico e mille
problemi di centro e periferia, ora punta a diventare co-protagonista della
nostra vita. Sarà un luogo
intelligente, in grado di interagire con i propri abitanti e di farli
comunicare tra loro in modo semplice e immediato.
Solo un sogno, o prossima realtà?
Una rivoluzione
Nella metropoli del futuro non ci saranno teletrasporto
o astronavi. La vera rivoluzione è nel concetto di
centro urbano, che passa da semplice “luogo” a “contesto”: un ambiente che
dialoga in tempo reale con i suoi abitanti e facilita la vita.
Pensiamo alle numerose applicazioni su iPhone e Android:
per segnalare guasti, ma anche per orientarsi in musei e fiere o per spostarsi
da un capo all’altro della metropoli. O, ancora, per pagare il biglietto del
bus con moneta elettronica, magari da casa. Le ipotesi di sviluppo offerte
dalle nuove tecnologie – non solo informatiche – sono vastissime.
Siccome però bisogna
ragionare in concreto, gli esperti hanno individuato gli ambiti in cui una città moderna può mettere alla prova
la propria “smartness”.
Scuola.
Pagelle e registri elettronici sono già una realtà per molti, come anche le lavagne LIM, sincronizzate con
il computer. Per non parlare dei tablet che in futuro alleggeriranno le
cartelle di milioni di studenti.
Salute.
Le aziende sanitarie si stanno attrezzando per arrivare alla cartella clinica
digitale, introdotta per legge già nel 2012. Con
questo strumento, i pazienti possono sapere in temi più rapidi e “a km zero” i risultati di un esame e
portarseli dietro inseriti nella tessera sanitaria. Molto meglio dei soliti
dossier carichi di fogli.
Anagrafe e servizi al pubblico. Si possono effettuare on line registrazioni,
variazioni, pagamenti e ottenere certificati dimenticando le file davanti allo
sportello.
Mobilità. Anche il tram si
ammoderna, con i biglietti elettronici e i ritardi previsti al secondo da
pannelli di fianco alla fermata, aggiornatissimi. In più, è favorita l’intermodalità: cioè, l’uso integrato
sullo stesso percorso di bici, treno e bus. E per sapere dove ci si trova,
molti Comuni si sono dotati di punti informativi con mappe touch screen. Per
non parlare di car e bike sharing (auto ecologiche e bici a noleggio), che si
stanno diffondendo a macchia d’olio, soprattutto tra i giovani.
Infrastrutture. L’illuminazione pubblica consuma meno se è “a led” o se è alimentata dai
pannelli solari. Quanto alla fibra ottica, è iniziata l’era
della Banda Ultra Larga e del wi-fi accessibile gratuitamente a tutti. Due
ingredienti che, insieme, permetteranno di viaggiare su una vera e propria
autostrada del web.
Gestione delle risorse naturali. Acqua, terra e aria stanno diventando beni sempre più preziosi e scarsi. Riuscire a utilizzarli al meglio,
riducendo al minimo l’inquinamento e gli sprechi, è un comportamento intelligente. Anche su questo fronte
molte città si stanno attrezzando e cercano sistemi innovativi per
riciclare i rifiuti, o per trasformarli in energia.
Fonti alternative. A proposito di
energia, sono molti gli enti pubblici che già utilizzano il
fotovoltaico o l’eolico per la luce e il gas naturale o il vapore acqueo per
scaldarsi.
Ambiente. Visto che una città è fatta anche di case, palazzi e fabbriche, si stanno
diffondendo piani regolatori improntati a un maggiore rispetto dell’ambiente.
Il che significa: più parchi, più piste ciclabili, centri storici pedonalizzati. L’obiettivo
è aumentare la “quota verde” del territorio e ridurre le
emissioni dannose.
Sul versante antisismico esistono fior di progetti per
abbattere i rischi da terremoto.
Qualche esempio
In molti si stanno dando da fare per mettere in pratica
i buoni propositi. Senza scomodarsi per andare a New York, anche in Italia gli
esempi non mancano. Se ne sono resi conto i visitatori dello “Smart City
Exhibition” di Bologna, tenutosi a metà ottobre, prima
manifestazione nazionale completamente dedicata al tema.
Tra i protagonisti c’era Torino, candidata a diventare
Smart City europea: per ottenere titolo e relativo logo il capoluogo piemontese
dovrà dimostrare di avere “smart economy, smart people, smart
governance, smart mobility, smart environment, smart living”, come richiede la
Commissione UE. In breve, dovrà ridurre
emissioni e consumi energetici, incentivare i trasporti “puliti” e offrire
servizi ai cittadini ad alto tasso di tecnologia.
C’era anche Vicenza, che ha ricevuto di recente un
considerevole finanziamento dal MIUR: merito del progetto REGAL (Rete di
Energia Generata e Accumulata Localmente), un sistema modulare per produrre
energia pulita “in casa” e condividerla con tutta la città.
Sul fronte della ricerca, CNR e ANCI (l’associazione che
riunisce i Comuni italiani) hanno scelto tre località di varie dimensioni in nuove tecnologie, per sviluppare
altrettanti progetti sulla sostenibilità energetica. Per
raggiungere l’obiettivo ciascuna città avrà a disposizione un milione di euro.
Democrazia partecipativa
Il vero miracolo dello stile “smart” è però un altro: quello
di abbattere le barriere tra la metropoli e il paesino dell’estrema periferia.
Le lunghe strade da percorrere non sono più un problema.
Grazie alla maggiore connettività, infatti, le
distanze si riducono e comunicare diventa semplice e immediato. E a costi
decisamente accessibili.
Risultato: svolgere un lavoro moderno o studiare anche
abitando in un Comune arroccato sui monti. Basta assicurarsi di essere “a
portata di satellite”. È un aspetto
importante, perché permetterà nel giro di qualche anno di rivitalizzare i territori
abbandonati all’epoca della grande industria.
Anche il cittadino deve fare però la sua parte. In particolare, deve trasformarsi da
utente passivo ad attore consapevole del cambiamento. Non basta dire: l’account
internet ce l’ho già. I residenti
delle smart city guidano auto elettriche e biciclette, pagano con moneta
virtuale, rispettano l’ambiente.
La cosa più difficile, anche
nell’era della tecnologia diffusa, è mettere tutti d’accordo.
Per questo gli stake holders, cioè i portatori di
interessi diversi (associazioni culturali, società sportive, enti, “semplici”
cittadini), devono imparare a coprogettare lo sviluppo urbanistico del contesto
in cui vivono, insieme a enti come Comune e Regione.
Gli esempi di democrazia partecipativa non mancano:
molti Politecnici hanno già avviato
laboratori di discussione, con tanto di digital design, che permettono di
visualizzare su maxi schermo l’impatto dei vari suggerimenti.
Bisogna però impegnarsi. Il
vero neo delle città del Terzo
Millennio è “il cuore”. Quello ce lo dobbiamo mettere noi. Se
sapremo riuscire nell’impresa, potremo dire davvero di vivere in una città hi-tech “a misura d’uomo”.