La parola all’avvocato
di Sagida Sayed Incontro con il penalista Marco Borgarelli La parola all’avvocato Entriamo nel mondo della legge, di chi la int...
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di Sagida Sayed
Incontro
con il penalista Marco Borgarelli
Entriamo nel mondo della legge, di chi la interpreta e
di chi la applica, per accostarci ad una figura professionale che attira
migliaia di giovani speranzosi di affrontare una scelta difficile ma ricca di
gratificazioni.
Chi ha familiarità con la storia avrà sentito parlare del diritto
romano, ovvero il pilastro su cui si regge la moderna legislazione
applicata in Italia e in altre nazioni, creata dai nostri avi nel periodo
storico in cui Roma dominava l’Europa, l’Asia e l’Africa.
L’avvocato moderno, pur senza dover essere un principe
del foro (o un Azzeccagarbugli nella sua accezione di manzoniana memoria), deve
sapersi muovere con destrezza e competenza nell’intricata matassa di leggi,
in un Paese come il nostro dove la legiferazione è molto alta, soprattutto se
vuole farsi spazio tra la concorrenza.
I primi passi
Ad illuminare una materia ostica per i più ma necessaria
per tutti, è l’avvocato Marco Borgarelli. Gli chiediamo come sia
maturata questa passione che lo ha portato, dopo la maturità, a scegliere la Facoltà di Giurisprudenza
di Pavia: «Già ai tempi del liceo scientifico mi immaginavo nel ruolo di
avvocato e di difensore; inoltre ero attratto dallo studio in generale e dalla
lettura in particolare. All’università, ho dovuto affrontare esami molto
impegnativi accanto ad altri meno utili dal punto di vista pratico per
l’esercizio della professione ma la mia alma mater, mi ha fornito un’ottima
preparazione».
Completato l’iter universitario, Borgarelli ha realizzato il suo
desiderio non risparmiandosi la gavetta: «Dopo la laurea bisogna
sostenere l’esame di Stato che fu introdotto durante il Fascismo ed è
condizione ineludibile per l’iscrizione all’Albo degli Avvocati e quindi per
avviarsi alla carriera legale in Italia. Si può tentare una volta all’anno,
affrontando la prova scritta in diritto civile, penale e nella redazione di un
atto giuridico; se superata, poco meno di un anno dopo bisogna sostenere quella
orale, che consta di cinque materie oltre a deontologia professionale che è
obbligatoria. All’esame si accede dopo il periodo di tirocinio presso uno
studio già avviato e, nel frattempo, è possibile patrocinare cause fino ad un
limitato valore sotto il profilo civilistico o per un esiguo numero di reati
per quanto riguarda l’aspetto penalistico».
o magistrato?
Questa laurea prepara ad altri due sbocchi
professionali: quello notarile e quello in magistratura. «L’esame nazionale
è obbligatorio anche per diventare notaio – continua l’avvocato Borgarelli – e
il primo ostacolo è una preselezione informatica che screma i potenziali
candidati per la prova scritta ed orale. Il numero dei notai dipende dal numero
degli abitanti su di un determinato territorio e per questo l’esame nazionale
non si ripete ogni anno;
è particolarmente
difficile nell’ambito del diritto civile perché comporta la conoscenza del
funzionamento della macchina burocratica sotto il profilo legislativo. Infine,
vi è la carriera in magistratura per la quale il candidato all’esame
deve dimostrare la più completa conoscenza della materia giuridica, posto che
il magistrato statale è l’interprete autentico della legge e deve quindi essere
pronto ad ogni quesito che gli venga sottoposto».
Non si scherza, dunque, e la materia non è per chi ha
lacune negli ambiti della grammatica e del lessico (è l’arte della retorica) o
per chi soffre di vuoti di memoria frequenti (spesso bisogna rifarsi a casi
precedenti). Tuttavia, secondo l’avvocato non esistono corsie preferenziali
come il liceo scientifico o classico (anche se la conoscenza del latino è un
vantaggio), bensì, oltre alla voglia di studiare sodo, servono doti di
coraggio per schierarsi dalla parte dei propri assistiti, di onestà
e di una certa dose di altruismo avendo in mano, in definitiva, il
destino delle finanze delle persone o della loro libertà.
Aggiornarsi sempre
Chi intraprende questa strada deve avere la capacità di affrontare responsabilità
che possono essere totalizzanti ed invadere spesso la vita privata. «Spesso
bisogna sacrificare i fine settimana e una fetta del proprio tempo va dedicata
all’aggiornamento che, peraltro, è obbligatorio per legge», aggiunge infatti
Borgarelli.
Dove affonda le radici l’antico mestiere dell’avvocato? «Il diritto
romano è alla base della nostra legalità – spiega l’avvocato di origine
tortonese – ed è uno dei due principali sistemi
costituzionali e legislativi più diffusi ed utilizzati nel mondo, accanto a
quello di stampo anglosassone. Quest’ultimo prevede la trasmissione orale delle
leggi e talora anche di consuetudini. Per giudicare i casi presenti bisogna
rifarsi ai precedenti storici che rappresentano un punto di riferimento
imprescindibile. Ecco perché un mio collega anglosassone deve avere una buona
memoria nel ricordare le precedenti sentenze affinché, sottoponendole al vaglio del magistrato, esse possano rendere
vincente la propria tesi confutando quella dell’accusa o
dell’avversario. Il diritto romano che si studia nelle università italiane è il
miglior costrutto di leggi e regole che sia mai stato redatto: era del
tutto completo e riusciva a risolvere qualunque caso senza dilungare i tempi
del processo. Le regole erano malleabili ed adattabili al caso concreto che
veniva sottoposto al magistrato. A quell’epoca, vi era il massimo rispetto per
questa figura e al contempo l’avvocato aveva un peso che si è perso nel tempo».
Un livellamento verso il basso, sembra di intuire ma, naturalmente, come
in ogni campo, esistono le persone che svolgono il proprio lavoro in base a
regole deontologiche personali, prima ancora che professionali. Ecco anche
perché non tutti gli avvocati si arricchiscono, contrariamente a certi detti
popolari e molti di loro vedono nel cliente un essere umano in difficoltà
anziché un pollo da spennare. Molti avvocati hanno coltivato interessi legati
alla letteratura, altri sono diventati filosofi, altri (non dimentichiamo il
Mahatma Gandhi che era avvocato civilista) hanno dimostrato un’umanità che,
corroborata dalla preparazione tecnica della materia, ha lasciato un segno nel
tempo.
Due rami di un solo albero
I due rami in cui si divide l’avvocatura sono
principalmente il diritto civile ed il penale e Borgarelli, con un incantevole
uso della nostra lingua che rende l’argomento particolarmente attraente,
continua il viaggio nei meandri della legge: «Il ramo civile, riguarda i
cittadini, i “cives”, e regolamenta tutti i rapporti tra i privati, tant’è vero
che il settore più ampio è proprio il diritto privato, che può riguardare
l’ambito delle obbligazioni, della contrattualistica, delle società, degli
immobili e delle ipoteche, dei metodi di pagamento, ecc... Il diritto civile
regolamenta anche i rapporti in cui rientra lo Stato, come le donazioni, il
matrimonio, le successioni, le tutele ecc. Il diritto penale, invece, deriva
dallo Stato e disciplina il comportamento dei cittadini ed eventuali
comportamenti illeciti: i reati (delitti o contravvenzioni), vengono
evidentemente puniti dopo un processo dove due tesi differenti, quella
dell’accusa e quella della difesa, si contrappongono affinché il magistrato che
funge da tertium genus possa decidere quella da accogliere e pronunciare
l’innocenza o la condanna».
La laurea in giurisprudenza prepara anche per la
carriera all’interno dell’organigramma statale, come i consoli e gli
ambasciatori ed è richiesta per chi vuole diventare commissario di polizia,
questore, prefetto o ufficiale nel campo della Guardia di Finanza o dei
Carabinieri.
L’avvocato oggi, dunque, può offrire sbocchi nel mondo del lavoro. E in
un mondo pieno di ingiustizie (da che mondo è mondo) c’è sempre più bisogno di
avvocati uomini e donne preparati, seri e per i quali il valore etico
non sia una cavillo di secondaria importanza.
Che cosa avrebbe fatto Borgarelli se non fosse diventato avvocato? «Il
medico o l’architetto» risponde, forse attratto dalle doti di umanità del primo
e di ricerca della bellezza e dell’armonia del secondo. Doti che, secondo noi,
si sposano con l’arte della parola e con l’ideale di giustizia. <