Vieni Spirito Santo
di Domenico Sigalini Vieni Spirito Santo La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo ...
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di Domenico Sigalini
Vieni
Spirito Santo
La sera di quel
giorno, il primo della settimana,
mentre erano chiuse le porte del luogo dove
si trovavano i discepoli per timore dei Giudei,
venne Gesù, stette in mezzo e disse loro:
«Pace a voi!».
Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco.
E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi!
Come il Padre ha mandato me,
anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro:
«Ricevete lo Spirito Santo». Gv 20, 19-22
Gesù si presenta
con i segni della sua crocifissione e morte: mani violentate dai chiodi e
squarcio nel cuore. È
lui in persona,
non è una immagine, un pensiero o un ricordo, ma è in uno stato diverso, è la vita nuova, definitiva: non ci sono porte chiuse che
non gli permettono di entrare; anche tutti i muri dell’umanità sono violabili
dal Risorto e nessuno di essi sarà definitivo. Si sbrecceranno i muri delle
prigioni, come dimostreranno gli Atti degli Apostoli, verranno costruiti ponti,
saranno solcati i mari. Niente sarà mai definitivo di ciò che divide gli
uomini, perché il
Divisore, il diavolo è stato vinto. Ecco perché tutti i papi invitano i potenti a fare
ponti e a distruggere muri.
Ma questo
Gesù risorto vince anche un altro grande limite dell’umanità e soprattutto dei
credenti: la paura, la
paura di dichiararsi per Gesù. Il risultato di questa paura è la fuga, il tradimento,
la superficialità, la
collocazione della vita in un buco, da cui è difficile uscire, è perdere la libertà, è
adattamento. Queste paure sono la nostra fotografia, anche noi non vogliamo più
prendere la parte di Gesù, stiamo impauriti a porte chiuse. Ci costruiamo i
nostri fortini per non metterci la faccia e intanto vince il male. Siamo capaci
di dire tante parole tra di noi: amiamoci gli uni gli altri, perdoniamoci a
vicenda, creiamo spazi interiori di comunione tra noi, ma fuori non ci siamo.
La
Pentecoste è la
partenza per la missione. Papa Francesco ce lo ripete sempre: uscite, andate
nelle periferie esistenziali.
Uscire
per annunciare,
andare per soccorrere e condividere, lasciare per proporre e offrire speranza.
Donare le parole di Dio e la sua stessa vita, dare la vita: sono tutti i
sinonimi dell’obiettivo di questa missione.
E qui appare
in tutta la sua potenza e definitività lo Spirito Santo, che Gesù invia con quel gesto bellissimo che è il suo soffio di vita. E allora la nostra mente va al soffio
creatore di Dio, alla presenza dello Spirito che aleggia sulle acque
primordiali, al soffiare di Dio nelle narici dell’uomo la vita, all’aura
leggera che consola il profeta Elia nella grotta, al vento che immette vita
nelle ossa aride ricomposte e innervate della visione del profeta
Ezechiele, al vento che squarcia i
pensieri malvagi degli uomini, all’ultimo respiro del Redentore sulla croce, a
questo soffio, regalo
infinito del Risorto.