Il segreto di un buon lavoro
lavoro di Leo Gangi Guardando al futuro Il segreto di un buon lavoro App developer, data scientist, light designer, health co...
https://www.dimensioni.org/2014/08/il-segreto-di-un-buon-lavoro.html
lavoro
di Leo Gangi
Guardando
al futuro
di un buon lavoro
App developer, data scientist, light designer, health
coach…
Sono alcuni dei mestieri del prossimo domani.
Che richiedono tanta creatività e buone competenze.
C’è un filo sottile che scorre tra parole
come community manager, chief risk officier, educational consulant. E
non è la lingua inglese. Si tratta della “creatività”.
È questa, insieme a una buona dose di competenze (o skill)
e a un entusiasmo senza frontiere, l’asso nella manica dei lavoratori del
futuro. Merito della tecnologia informatica, che nell’ultimo decennio ha
fatto passi da gigante, abbassando l’età di chi riesce a interpretarne meglio
le ricadute.
Così, al
contrario di quanto accadeva fino a qualche anno fa, al centro delle nuove
professioni non ci sono più i macchinari e la produzione, ma il cosiddetto
“capitale umano”.
Non è il
caso di scomodare Zuckerberg per scoprire giovani talenti e nuove
professionalità. L’interesse delle multinazionali si rivolge già adesso al
mondo della “Ict”, la tecnologia della comunicazione multimediale. Che
si traduce in applicazioni per smartphone, tablet e computer: le App, un
universo in cui la creatività è fondamentale.
Come per
il diciottenne australo-inglese Nick D’Aloisio, che con il suo “Summly” ha
ottenuto molta visibilità e un impiego ben pagato. Pensare che tutto è
nato quando ancora aveva 15 anni e un gran bisogno di riassumere le pagine da
studiare. La soluzione l’ha trovata con un algoritmo in grado di raccogliere e
sintetizzare le informazioni su un argomento: lo ha adattato al sistema dei device
di ultima generazione, ha trovato un finanziatore ed è diventato così uno dei
più giovani App developer conosciuti.
A casa
nostra Gabriele Cirulli, goriziano di 19 anni, ha preso spunto da un gioco
per smartphone e ha ideato 2048, la App che intrecciando destrezza e calcolo ha
conquistato mezzo mondo. Molti altri “campano” sulle App, più o meno famose.
Semplici o complesse, l’importante è che siano funzionali: perché aiutano a
orientarsi in città, guidano nel tour museale, facilitano la scansione di
documenti o l’uso dei social, sono un dizionario-enciclopedia portatile.
Facili da
usare, costano qualche euro per il download oppure, se gratuite, si
ripagano con la pubblicità. E sono alla portata di tutti.
Dal
Medioevo al Web
È
addirittura leggendaria l’invenzione di un ingegnere di Ivrea, Massimo Banzi:
ha costruito con il suo staff in un quasi monolocale una scheda hardware e
software a sistema aperto. Si chiama Arduino, come il marchese d’Ivrea
divenuto per pochissimo tempo Re d’Italia. È la base per prodotti di ogni tipo,
dagli amplificatori ai minirobot agli strumenti di laboratorio.
Un oggetto pensato, realizzato e prodotto nel Belpaese e reso open
source. «Sono convinto che combinando design e tecnologia, in cui
abbiamo molto da dire come italiani, potremo toccare settori di mercato che non
immaginiamo nemmeno», ha detto Banzi.
Un’area
ancora non codificata, a dispetto delle formule matematiche, il Web. Ma proprio
per questo giovane e vitale, in cui impazzano mestieri come il web master,
che gestisce pagine e pagine di contenuti e grafica virtuale; il community
manager, che interagisce con il popolo dei social media moderando e creando
eventi a tema; il Seo (search engine optimizer), vero “mago”
della Rete, in grado di sfruttare i segreti di Google e degli altri motori di
ricerca per piazzare gli indirizzi che cura in pole position.
E chi non
è programmatore? Se ci sa fare con i numeri, non deve avere paura. Una figura
molto richiesta è quella del data scientist, esperto di statistiche
prestato a Internet. Suo il compito di estrapolare i dati necessari per predire
il futuro alle società che hanno chiesto la sua consulenza. Un indovino o un
profeta? Nulla di tutto questo. Solo uno specialista che riesce a capire, in
base alle informazioni a disposizione nel Web e con un pizzico di intuito, in
che direzione in quel momento sta viaggiando il mondo.
Più o meno ciò che facevano i talent scout e i cacciatori di tendenze
qualche tempo fa. Solo che allora si recavano materialmente nelle città più
avanzate (soprattutto a Londra o a New York), osservavano e appuntavano. Adesso
invece fanno tutto gli occhi diretti al monitor e le dita sulla tastiera.
Gli open data, cioè le notizie che noi stessi inseriamo nella Rete
sotto forma di immagini, documenti e informazioni personali, costituiscono
un’ottima fonte di lavoro anche per investigatori privati 2.0, esperti
in risorse umane e giornalisti.
Non solo Web
Là dove la tecnologia va in soccorso dell’ambiente diventano protagonisti
i “green job”, come l’ecodesigner, che coniuga i principi
delle costruzioni con il rispetto del contesto naturale e le innovazioni più
recenti nel risparmio energetico. Fonti rinnovabili e sostenibilità di progetti
e materiali sono al centro dei pensieri anche dell’ingegnere ambientale.
In architettura è sempre più richiesta la figura del light designer:
è specializzato nel valorizzare monumenti, piazze, strade attraverso un uso
sapiente dell’illuminazione. Il che vuol dire progettare non solo la posizione
delle singole luci, ma anche il loro colore, l’intensità, i tempi
dell’illuminazione.
Tra le
professioni che si combinano con la scienza si trovano invece il bioingegnere,
attivissimo soprattutto in campo medico, e il climatologo, il guru delle
aziende agricole, specie in tempi di meteo bizzarro come questi.
Anche lo sport e il tempo libero hanno il loro spazio. Nella top ten stilata
dal social specializzato LinkedIn compaiono gli health coach,
degli allenatori qualificati sul piano della salute e della qualità della vita.
Mondo Glocal

Ma cresce
anche il numero delle startup made in Internet: società, in genere nel
settore dei servizi, che già in fase iniziale sfruttano l’ambiente virtuale e
una struttura snella (piccoli locali e molta tecnologia), per organizzare
attività e rete di vendita. Giungono in loro aiuto altri strumenti dell’era
2.0, come il telelavoro o, al contrario, il coworking.
Nell’ultimo
caso si tratta di condivisione degli ambienti da parte di
professionalità diverse. L’obiettivo è puntare alla contaminazione reciproca di
idee e magari di progetti, risparmiando sulle spese di gestione. E per
racimolare il capitale necessario all’avventura,
oltre ai fondi europei i nuovi imprenditori ricorrono al crowdfunding,
una specie di azionariato diffuso, in cui i piccoli finanziatori si mettono in
contatto tramite appositi siti con le società beneficiarie e ne traggono
benefit in varie forme.
Studiare sempre
I nuovi mestieri, per quanto seguiti, non hanno ancora sostituito quelli
vecchi. Ci si sono affiancati. Del resto, ogni impiego reagisce alla legge
della domanda e dell’offerta, che cambia a volte in tempi brevissimi. In questi
casi il consiglio degli esperti è di studiare molto seguendo le proprie
inclinazioni e, quando possibile, trasformarle in un lavoro.
Nel suo discorso del 12 giugno 2005, Steve Jobs si è rivolto ai giovani
neolaureati di Stanford con queste parole: «Stay hungry. Stay foolish».
Si può tradurre come «siate sempre molto curiosi (affamati) e molto creativi
(folli)». Lo ha ripetuto più volte, per essere certo che capissero.
Perché nel mondo che verrà i tipi di impiego potranno cambiare decine
di volte. E sarà sempre la creatività a fare la differenza. <
Tag, un giardino di talenti
Il primo punto
è nato nel 2011 a
Brescia, per sfida. Poi, in poco più di due anni, il Talent
Garden (Tag) ha aperto sette postazioni in altrettante città italiane (Padova,
Bergamo, Milano, Torino, Genova, Pisa, Cosenza), in grado di ospitare 445 menti
di alto profilo, e ora guarda all’estero. In primis New York, dove ha avviato
una sede ed è stato tra i finalisti di “Helm 2.0” , il concorso concluso lo
scorso novembre voluto dalla Grande Mela per la riqualificazione di Manhattan.
È l’evoluzione
del concetto di coworking in chiave altamente creativa. «Si tratta di un insieme
di spazi, e non solo di luoghi, aperti 24 ore per favorire la discussone. Il
fine è radunare i migliori talenti nazionali per favorire
lo sbocciare di idee e progetti concretizzabili sul territorio, proprio come in
un giardino. Per questo sono stati organizzati non solo “pensatoi” condivisi,
ma anche spazi gioco e iniziative a tema» spiega il suo fondatore, Davide
Dattoli.
Ora il Tag si
prepara a raddoppiare la sua presenza in Italia e a esportare il modello
“garden” all’estero: in proposito Dattoli e soci hanno già ricevuto una ventina
di richieste in diversi continenti.