Tesori e segreti
di Leo Gangi Nelle sale della Biblioteca Reale di Torino Tesori e segreti Una splendida mostra svela disegni, bozzetti, codici min...
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di
Leo Gangi
Nelle sale della
Biblioteca Reale di Torino
Tesori e segreti
Una
splendida mostra svela disegni, bozzetti, codici miniati, carte nautiche,
manoscritti “firmati” da grandi artisti:
Leonardo,
Raffaello, Rembrandt, Van Dyck, Tiepolo.
Una
collezione non sempre accessibile al pubblico.
Un po’ Il nome della rosa, un po’ Una notte al museo. E un
po’ un viaggio nel mistero. Sono molte le sensazioni che provo entrando nella Biblioteca
Reale di Torino. Un ambiente non troppo grande ma dal sapore antico, quasi
leggendario, che adesso acquista una nuova dimensione grazie al tesoro che
porta nelle sue “segrete”: si tratta dei disegni di Leonardo e di altri
artisti che spaziano dal Cinquecento all’Ottocento.
Non solo:
nei due caveau ricavati al piano seminterrato sono stati sistemati anche
numerosi codici miniati ricchi di figure e abbellimenti risalenti a
molti secoli fa. Ma ci sono anche due enormi mappe nautiche che mostrano
la geografia ai tempi di Vespucci. Una, in particolare, realizzata da Giovanni,
figlio di Amerigo, era per l’epoca un documento segretissimo, perché descrive
per filo e per segno tutti i porti sicuri e quelli da evitare sulle rive del
mondo conosciuto. Oltre a mostrare per la prima volta (o quasi) le terre che si
affacciano sull’Oceano Pacifico.
Tutto
questo è messo in mostra per la prima volta nel doppio caveau della
biblioteca (la seconda sala è frutto di un intervento recentissimo). Il titolo
dell’esposizione è Leonardo e i Tesori del Re e non è che un assaggio.
Storie
di un altro mondo
La prima
impressione che si ha entrando nella Biblioteca Reale è di essere catapultati in
un altro mondo. Basta superare l’ingresso e l’anticamera – dove un video
illustra le attività della biblioteca e due monitor interattivi forniscono
altre informazioni sul polo reale – per accorgersene: di luoghi così se ne
vedono solo nel film di Harry Potter o in qualche maestoso castello europeo.
Ed è
appunto ai grandi Paesi del Vecchio Continente che guarda re Carlo Alberto
quando chiede all’architetto e pittore di corte Pelagio Palagi di realizzare una
sala monumentale per accogliere i libri della sua collezione. Qui urge una
breve parentesi storica. Siamo nel 1831: il sovrano di casa Savoia, salito da
pochissimo al trono di Sardegna e del Piemonte, ha un problema: il suo avo
Vittorio Amedeo II ha donato tutti i volumi più importanti alla Regia
Università di Torino. Per rimpinguare gli scaffali mezzi vuoti, recupera la
dotazione della nonna Giuseppina di Lorena-Carignano e manda una task force di
esperti in missione in Europa alla ricerca di opere d’interesse scientifico o
culturale.
Nel
frattempo, pensa alla sede che dovrà accoglierli: un ampio corridoio con tanto
di raffinato parquet e scaffali in legno massello. Il posto giusto è un locale
di servizio nell’ala di levante di Palazzo Reale, che Palagi trasforma in
un’opera d’arte: due piani di librerie in noce e ballatoio interno in
ferro battuto, oltre a un soffitto a volta affrescato in un unico colore con
scene allegoriche e personaggi tratti dalle arti e dalle scienze. E con qualche
curiosità, come la maggiore evidenza data al matematico torinese Lagrange
piuttosto che al fisico inglese Newton. Un dettaglio forse politically
uncorrect ma molto sabaudo.
Tanti capolavori
Dopo aver
viaggiato in lungo e in largo per l’Europa, i cercatori di Carlo Alberto
trovano una miniera d’oro: è della collezione di disegni d’autore appartenente
a Giovanni Volpato di Riva di Chieri (nel torinese). In essa sono presenti 13
fogli di Leonardo da Vinci, fra cui il famosissimo autoritratto, ma anche
opere di Rembrandt e di altri maestri italiani e internazionali dal
Quattrocento al Settecento. Il re non si fa sfuggire l’occasione e prende
tutto.
Oggi la
collezione fa parte dell’allestimento permanente della Biblioteca Reale. E,
trattandosi di un tesoro, è esposto nei due caveau sotterranei. Tuttavia, non
è sempre accessibile al grande pubblico: per questo la mostra che terminerà
a metà gennaio è un’opportunità da non perdere per gustarne la bellezza.
Anche
perché con l’occasione si svela un segreto di questo luogo: per vedere i
disegni bisogna scendere nei sotterranei ma per farlo si deve prima attraversare
una parete. Si tratta in realtà di una porta mascherata da libreria, al
fondo del salone palagiano: ce ne sono quattro in tutto, ma solo uno è quello
utilizzato per il passaggio.
Una volta sotto, c’è mezz’ora di tempo in ognuna delle due sale per
riuscire a fissarsi in mente tutte le opere esposte. All’inizio sembra facile.
Ma gli occhi vengono subito rapiti da uno studio di Raffaello, e poi dai
ritratti degli allievi più bravi di Leonardo. E non è che l’inizio della prima stanza, la sala Leonardo. È
costellata di bozzetti del maestro fiorentino. Al fondo si trovano i due
gioielli della collezione: l’Autoritratto in sanguigna (la matita
dell’epoca) e il Codice sul volo degli uccelli, scritto nel suo
personalissimo stile rovesciato da destra a sinistra.
A mostra conclusa, il primo potrebbe essere sottoposto a una ripulitura
da alcune insidiose macchioline sulla carta. Una copia virtuale del secondo
invece è stata portata su Marte nel 2012 dalla sonda Curiosity. A proposito del
codice, si dice che nasconda un altro autoritratto dell’artista, da
giovane però. Un’ipotesi su cui gli studiosi sono molto cauti.
Anche
Piero Angela si è occupato del caso nel 2009, nella trasmissione Ulisse.
Fatto sta che Da Vinci era abituato a riutilizzare lo stesso foglio più
volte. Così, al fondo dello studio si trova in bella vista una nota spesa.
Ecologista ante litteram? Probabile. Ma soprattutto parsimonioso, visti i costi
esosi della carta ai suoi tempi.
Il
secondo caveau è la sala dei Codici: vi si trovano bozzetti di Van Dyck,
Tiepolo, Rembrandt, Van Wittel e vari artisti, ma anche manoscritti
medievali miniati, tra cui la
Bibbia , la Gerusalemme Liberata , il Codice Sforza. Uno dei
pezzi più belli della collezione resta il Theatrum Sabaudiae, un city
book di fine Seicento, che i Savoia hanno usato per mostrare ai regnanti
d’Europa la bellezza della loro Torino. L’immagine della città è curata nei
particolari, quasi come una panoramica di Google Earth. Ancora oggi è uno dei
simboli del capoluogo piemontese.
La vera
chicca è sistemata in mezzo alla stanza: tre portolani, le carte
nautiche dei tempi in cui non c’erano GPS e tecnologia satellitare. La nota di
mistero è data qui dalla segretezza con cui in certi casi venivano non solo
redatti (come per il Vespucci), ma anche conservati: al punto che, una volta
serviti allo scopo, per non cadere in mano nemica spesso venivano distrutti.
Possederne uno è una rarità.
Tutte le anime della biblioteca
Il tour
all’interno della Biblioteca Reale non è finito. Anche il salone palagiano si
presta a esporre opere rare, come la relazione commissionata dal primo ministro
dell’Istruzione d’Italia ad Alessandro Manzoni su come insegnare la
lingua italiana nelle scuole del regno (in un momento in cui si parlava solo in
dialetto e la lingua nazionale era un’illustre sconosciuta). A lato, prima di
entrare nel salone, lo scalone alfieriano riaperto da poco permette di vedere
una collezione di lapidi paleocristiane nella sistemazione voluta da Carlo
Alberto.
il direttore della Biblioteca Reale Giovanni Saccani |
Frammenti
di passato che rivivono e mostrano la doppia anima della biblioteca: allo
stesso tempo luogo di studio e museo. A cui si aggiunge il “fattore
caveau”: «Le due stanze sono state progettate per un duplice scopo: espositivo
e conservativo – spiega il direttore della Biblioteca Reale Giovanni Saccani –
. L’obiettivo è avere il salone palagiano a disposizione per esposizioni
gratuite. Inoltre, ha dotato la biblioteca di spazi in grado di ospitare mostre
con opere “prese a prestito”, dedicando la sala Leonardo al terzo degli scopi
per cui è stata costruita: come area di consultazione riservata».
A proposito di iniziative, a metà febbraio si terrà una nuova mostra con
disegni preparatori di Michelangelo sulla cappella Sistina. La Biblioteca Reale
possiede un bozzetto della Sibilla cumana. Per il resto si ricorrerà ad altre
collezioni. È il segno di una nuova vocazione della Biblioteca Reale: un
richiamo per la storia da imparare con gli occhi e non solo sulle pagine di un
libro. <