WhatsApp e il feticcio della privacy
dweb di Stefano Moro WhatsApp e il feticcio della privacy Privacy, privacy, privacy! In Italia, come un po’ in tutta Europa, ...
https://www.dimensioni.org/2015/02/whatsapp-e-il-feticcio-della-privacy.html
di
Stefano Moro
WhatsApp
e
il feticcio
della
privacy
Privacy,
privacy, privacy! In Italia, come un po’ in tutta Europa, le leggi sulla
privacy sono diventate particolarmente rigide e ci troviamo continuamente a firmare autorizzazioni al trattamento dei dati personali. Fatto
culturale o puramente normativo? Qualcuno impietosamente ci attribuisce la
filosofia del “meglio che gli altri non sappiano” ed è difficile dargli
completamente torto. Certamente però sono apprezzabili le strisce gialle in farmacia e agli sportelli pubblici
e perché disdegnare le class action contro gli operatori che ci
telefonano continuamente per proporci contratti più vantaggiosi o le società
che ci contattano via email. Ma diventiamo un po’ ridicoli quando abbiamo paura di essere intercettati e al
telefono con amici e colleghi ci mettiamo a parlare per enigmi senza fare nomi.
Sia chiaro,
la privacy è importante e la società del controllo e della sorveglianza è
quanto di meno auspicabile. La chiave semmai è trovare il punto di equilibrio tra privacy e trasparenza, tra diritti
personali e rispetto delle leggi. Ma ciò che davvero sorprende e fa sorridere è
come calpestiamo la nostra privacy nei nostri comportamenti quotidiani. Inorridiamo per l’impiegato che rilegge ad alta voce il
nostro numero di cellulare allo sportello della banca, ma poi scriviamo sui social network tutto quello che facciamo
minuto per minuto e mettiamo in piazza emozioni, sentimenti e informazioni
personali come se non avessimo di fronte migliaia di persone. Ci scandalizziamo
per i sistemi di localizzazione e sorveglianza di Echelon, e poi permettiamo a Google di condividere la nostra posizione
con tutte le app del nostro telefonino e inchiodiamo le nostre relazioni
personali alle spunte blu di WhatsApp.
Qual era il tempo di risposta per un SMS? Quale per la
richiamata dopo una telefonata non risposta? Cinque minuti, un’ora, anche un
giorno a volte! Potevi non aver sentito, non aver letto, essere
impegnato o persino esserti dimenticato. Oggi per il 60% degli Italiani, che
usa WhatsApp, la pacchia è finita e, con essa, un pezzo di libertà. È inutile
negarlo, l’aspettativa è sempre più stringente, amici genitori fidanzati mogli colleghi,
tutti, quando vedono che hai letto, esigono una risposta immediata. E più il
messaggio è delicato, richiedente, complesso, più sono lì a guardare lo schermo
e quella doppia spunta blu, immaginandosi le vostre reazioni e i vostri
pensieri nell’atto di rispondere. La società del controllo ce la siamo
costruita noi, non il Grande Fratello. E non stupisce che il Presidente
dell’Associazione degli Avvocati Matrimonialisti Italiani abbia dichiarato che
il 40% delle cause italiane di divorzio tirino in ballo proprio
WhatsApp.
Naturalmente
non è WhatsApp il problema, non cambia molto se parliamo di Facebook,
Messenger, Telegram o Skype. Il problema siamo noi, che in pochi anni siamo
passati dal rispondere al cellulare dicendo dove eravamo al rispondere ai
messaggi con uno “scusa non ti ho risposto prima perché…”.
Dall’auto-localizzazione all’auto-giustificazione, è questo il progresso?
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