Migrante
dwords di Elena Giordano Migrante Definizione Colui che si sposta (Dizionario Sabatini Coletti) Chi sono, da dove veng...
https://www.dimensioni.org/2016/03/migrante.html
di Elena Giordano
Migrante
Definizione
Colui che si sposta (Dizionario
Sabatini Coletti)
Chi sono, da dove
vengono, dove vanno e, soprattutto, cosa vogliono da noi italiani? E perché ne
abbiamo paura? Con ordine.
Chi sono?
I migranti (o emigranti)
sono persone che si spostano. Punto. Si muovono per migliorare la loro
condizione di vita, lasciando la patria e andando verso un altro Paese.
All’interno dei migranti vi sono i rifugiati, che invece scappano da una
situazione di pericolo.
Quanti sono?
Lo scorso anno è
arrivato, via mare, in Europa, un milione di migranti. Quasi la metà proveniva
dalla Siria, uno su cinque dall’Afghanistan.
Dove vogliono andare?
Stando alle richieste di
asilo, soprattutto in Germania e Ungheria.
Cosa vogliono da noi italiani?
Transitare, ossia
passare nel nostro Paese, per poi raggiungere la loro meta.
Perché ne abbiamo
paura?
Sempre per i motivi meno
edificanti: tutto ciò che è esterno e diverso da noi ci disturba. Temiamo –
anche grazie a campagne mediatiche e politiche create ad arte – di essere
invasi. Temiamo di non poter circolare liberamente. Di essere obbligati a
cambiare abitudini e religione. Temiamo che ci portino via il nostro posto di
lavoro. E poi hanno un altro odore della pelle, mangiano in modo diverso, non
si sanno comportare...
La realtà è ben
diversa dalla paura. Gli stranieri residenti
in Italia, dato relativo al gennaio 2015, erano circa 5 milioni, l’8% della
popolazione residente. Quindi il “pericolo
invasione” è di certo scongiurato. Così come le paure irrazionali di non essere
più “padroni a casa nostra”, come recita un triste slogan di partito.
La situazione si sta
però complicando, perché la ricca Europa non può più vivere nella sua torre
d’avorio: è arrivato il tempo della
condivisione e dell’accoglienza. Nel
rispetto dei diritti dei migranti (che non sono bestie e non possono dormire
sui binari delle stazioni mentre i politici decidono cosa farne), dei cittadini
(che non vogliono vedere sprechi o sfruttamenti legati a queste persone, ma
efficienza e serietà) e delle comunità. Forse è il momento che il termine
stesso “migrante” non sia più così spaventevole.
I maestri
Curiosate, per gioco, nel vostro albero genealogico.
Troverete di certo un parente che, a fine Ottocento, a causa della pessima
condizione economica che lo affliggeva in Italia, decise di riempire la sua
famosa valigia di cartone, di affrontare un lungo e
periglioso viaggio e di sbarcare in America.
Questi italiani sono i nostri maestri di oggi. Fulgidi
esempi di migranti coraggiosi. Che andarono dall’altra parte del
mondo certi che sarebbero stati accolti. Che avrebbero trovato – faticando con
il sudore – casa e lavoro. E così infatti avvenne. Perché ai migranti di oggi
non concediamo la stessa speranza?
Fra il 1880 e il 1915 approdarono negli Stati Uniti quattro
milioni di italiani, provenienti soprattutto dal Meridione, ma anche da
Veneto, Friuli Venezia Giulia e Piemonte. Intendiamoci: giungere negli States e
iniziare una nuova vita non fu semplice, specie per gli italiani più poveri,
umiliati, ghettizzati, sottoposti a umilianti visite mediche e spesso rispediti
in patria. Eppure la comunità italiana crebbe e contribuì a fare degli Stati
Uniti la potenza che oggi tutti ammirano.
Curioso che, memori di quanto accaduto ai nostri parenti
decine di anni fa, non riusciamo a rendere migliore
l’accoglienza che − come popolo italiano − riserviamo ai moderni
migranti. Davvero siamo un popolo senza memoria?