Attimi di noi

focus di Maricla Pannocchia Storie di adolescenti con tumore Attimi di noi Un’associazione accompagna gli adolescenti nel momento...

focus
di Maricla Pannocchia

Storie di adolescenti con tumore

Attimi di noi

Un’associazione accompagna gli adolescenti nel momento terribile e delicato della malattia, ma che può aprirsi alla speranza e alla conquista dei veri valori della vita. E ha raccolto in un libro le loro esperienze.


Ogni anno in Italia si ammalano di cancro 800 adolescenti (15-19 anni) e 1.000/2.000 giovani adulti, a seconda del limite di età che vogliamo prendere in considerazione. Molti di questi ragazzi arrivano alla diagnosi più tardi rispetto a un bambino, questo perché c’è ancora scarsa informazione e sensibilizzazione sul cancro nell’adolescenza. 
Nel nostro Paese esistono due reparti oncologici a misura di adolescente e – sebbene sempre più realtà del mondo dell’oncologia si stiano accorgendo dei bisogni dei giovani pazienti – molti ragazzi non hanno ancora occasioni per conoscere altri giovani in situazioni simili, e per partecipare a iniziative di svago e aggregazione adatte alla loro fascia d’età.

Ragazzi speciali
Gli adolescenti che ricevono una diagnosi di cancro sono “ragazzi speciali”: hanno dei bisogni e dei desideri unici, diversi da quelli dei bambini e degli adulti. I loro bisogni sono complessi proprio perché la malattia avviene in un periodo della vita delicato e complicato come l’adolescenza. La malattia mette sottosopra il mondo dei ragazzi che ne sono colpiti. Tutto cambia: la quotidianità, i rapporti con gli altri, la percezione di sé, l’aspetto fisico, la sicurezza in se stessi, i livelli d’indipendenza raggiunti. Inoltre la malattia li mette davanti alla possibilità della morte. 
Nella raccolta digitale Attimi di noi - Storie di adolescenti con tumore, realizzata dall’Associazione di volontariato Adolescenti e cancro e scaricabile gratuitamente dal loro sito, possiamo leggere le parole di diciannove dei ragazzi dell’Associazione e avere un’idea di che cosa voglia dire affrontare il cancro durante l’adolescenza o la giovinezza. 

Forza e sorrisi
Maricla Pannocchia a sinistra
con Francescapaola
Nonostante le avversità che sono costretti ad affrontare, gli adolescenti e i giovani adulti colpiti dal cancro sono una fonte inesauribile di positività, forza e coraggio. Leggendo le parole dei giovani autori della raccolta Attimi di noi, possiamo percepire la loro forza nell'affrontare la malattia, nel voler raggiungere l’ambita vittoria ma anche i loro momenti di debolezza. Non si tratta di supereroi ma di ragazzi comuni che si ritrovano a dover affrontare una grave malattia. 
I “giorni no”, le lacrime, lo sconforto e i momenti di debolezza sono perfettamente normali, eppure non sono quelli a rimanere impressi nelle persone che hanno la fortuna di passare del tempo con loro o di leggere le loro parole. Questi ragazzi ci ricordano che cosa conta davvero nella vita, quanto ogni momento sia importante e speciale, e quanto sia stupido focalizzarsi su aspetti della vita che sono, in realtà, futili. Le loro storie ci ricordano quanto tutto sia precario eppure allo stesso tempo ci rammentano non solo tutto quello che siamo ma anche quello che possiamo essere e come possiamo diventare la migliore versione possibile di noi stessi. 

Mai più soli
Nessuno può capire un adolescente con il cancro meglio di un altro adolescente con il cancro. Lo sanno bene i ragazzi dell’Associazione di volontariato Adolescenti e cancro che, pur abitando in diverse zone d’Italia, si sentono regolarmente tramite Facebook e Whatsapp, supportandosi nel percorso di malattia ma anche parlando di tutt’altro.
Inoltre, i ragazzi s’incontrano di persona nelle loro città oppure quando partecipano alle iniziative organizzate dall’Associazione. L’amicizia e il supporto di altri ragazzi aiutano moltissimo sia durante le terapie sia una volta raggiunta la remissione. Spesso pensiamo che, una volta arrivato alla remissione, il ragazzo sia pronto a tornare alla “vita normale” con un semplice schiocco di dita, ma non sempre è così. Per questo l’Associazione è aperta sia ai ragazzi in terapia (inclusi quelli con diagnosi terminale) sia ai ragazzi in remissione. È un gruppo giovane, amichevole e informale dove ognuno può essere se stesso. 






Di seguito, si possono leggere gli estratti di alcune storie presenti nella raccolta Attimi di noi - Storie di adolescenti con tumore







Shelbèe, 21 anni

Quello della possibilità di una recidiva è una sorta di pensiero fisso, è sempre da qualche parte nell’anticamera del mio cervello. Mi chiedo: «E se il tumore tornasse? E se stavolta non potessero fare niente per curarlo?». Ma poi penso che ho avuto una vita meravigliosa: anche se ho solo ventuno anni, ho fatto un sacco di cose che la maggior parte delle persone sogna soltanto di fare.
Affrontare il cancro è difficile, molto difficile ma tutto dipende da come guardi la situazione, per tutta la durata del mio trattamento ho sempre riso riguardo a quello che mi stava succedendo. Sin dal giorno della diagnosi ho sempre detto che essere triste non avrebbe spinto il mio tumore a dispiacersi per me e non lo avrebbe fatto smettere di crescere quindi riderci su rende la battaglia più semplice da combattere. 
Perdere i capelli può essere molto difficile ma può essere anche qualcosa su cui scherzare. Quando mi sono caduti i capelli, facevo impazzire tutti a forza di fare battute al riguardo. Parlavo con qualcuno e a un certo punto dicevo: «Mi piacciono i tuoi capelli… un tempo li avevo anch’io». Era spettacolare vedere le loro facce: se conoscevano il mio senso dell’umorismo, ridevano e mi dicevano di piantarla, ma se non mi conoscevano vedere le loro espressioni non aveva prezzo. (pag. 61)

Francescapaola,
24 anni

Man mano che passavano i giorni la mia faccia e il mio corpo somigliavano sempre più a quelli di un malato di cancro ma ciò che mi distruggeva più della malattia e dei miei cambiamenti era vedere gli altri stare male per me. Sì, perché io sono quella che sorride sempre, quella che vuole rassicurare tutti, che un problema non è mai un problema e un tumore non avrebbe modificato il mio modo di essere. Avevo un tumore, ma davo la forza a tutti!
Non sono arrabbiata con la vita per avermi fatto vivere questo male, anzi la ringrazio per avermelo donato e non poteva fare scelta migliore, perché per me il tumore è stato un dono, un DONO SPECIALE!  
A volte abbiamo bisogno di fermarci, di stare seduti, di osservare e di essere spettatori per capire e riflettere e se non c’è una forza maggiore che ci obbliga a fare tutto questo, noi non lo facciamo. La vita è piena di cose positive e negative, il segreto sta nel guardare di più le cose belle e quando queste cose belle diventano ai nostri occhi un po’ invisibili bisogna trovare il bello anche in quelle negative. (pag. 38)

Anna, 19 anni


Quando iniziai la prima terapia, ero praticamente terrorizzata.
L’infermiera m’inserì un ago cannula nella vena del braccio, al quale si attaccava una flebo collegata a un macchinario. Ricordo come se fosse ieri: faceva un caldo tremendo, io ero su un letto, ero stanca, la notte prima non avevo chiuso occhio, ma rimasi sveglia comunque, ero curiosa, volevo sapere di cosa si trattasse e come avrebbe reagito il mio corpo.
Già sapevo che la chemio è un forte medicinale che ti fa perdere i capelli e ti fa vomitare, quindi psicologicamente ero pronta a tutto. Tornando a casa, mi accorsi che non avevo più niente al collo. Non potevo crederci, già aveva funzionato, e avevo fatto solo la prima. Il giorno dopo già accusavo gli effetti collaterali: vomito, bolle in bocca, il gonfiore del cortisone e i capelli che cadevano a ciocche, fino a quando non diventai completamente pelata. 
I sei mesi passarono in un soffio, avevo fatto tutte le terapie nella vena periferica del braccio, ed ero già in remissione dal secondo mese. Ogni seduta di terapia non era poi così noiosa, avevo conosciuto tantissimi ragazzi come me, mi piaceva confrontarmi con loro, e anche fare progetti per il futuro. 
Iniziai le radioterapie, sedici in tutto. Ogni giorno vedevo la fine sempre più vicina, un’emozione indescrivibile. 
Durante le cure facevo una vita normale, anche se mi consigliavano di rimanere a casa per via dei valori bassi, quindi non mi mancava niente della mia precedente vita, tranne la scuola e il fatto che ero ingrassata parecchio. 
Chi ne ha risentito parecchio del fatto che ero una malata di cancro, è stata mia sorella Ilaria, che all’epoca aveva dieci anni. Mi sento ancora in colpa nei suoi confronti, le ho tolto mamma quando lei ne aveva bisogno molto di più essendo piccola poi, anche se è brutto a dirlo, lei associava il tumore alla morte, come darle torto? Anch’io tutt’oggi penso ancora che potrei morire. (pag.15)

Melissa, 18 anni

Combatto, giorno dopo giorno, con una malattia strana, che a volte ti fa sentire tre metri sopra il cielo e poi ti fa sentire tre metri sotto terra, una malattia a cui non ti abitui mai. Quando mi hanno detto quelle tre parole: «Hai la leucemia», il mio mondo ha cominciato a tremare, mi sono sentita morire dentro e ho tentato di farlo, più di una volta. Credevo di essere in un film, perché queste cose si vedono il più delle volte lì... certe cose dovevano e potevano capitare agli altri, non di certo a me. 
Ho pianto, tanto, forse troppo! Ho cercato invano un aiuto da parte di coloro che reputavo amici, ma nulla... La mia vita era insensata, vuota. 
Poi, un giorno, non so cosa sia successo, so solo che una mattina, guardandomi allo specchio, ho provato un forte desiderio di spaccarlo, farlo in mille pezzi ed è stato lì che ho capito che non dovevo rompere lo specchio, dovevo essere io a cambiare. Ed ecco che Melissa cambia. Melissa riesce ad affrontare otto cicli di chemioterapia, analisi, esami, ricoveri, febbre da cavallo, notti insonni, vomiti, eppure, a questa malattia devo molto, ne sono grata. Perché è la cosa migliore che mi sia successa, perché senza di lei non avrei mai scoperto la parte migliore di me. 
La gente come me, come chi è malato di leucemia o di qualsiasi altra malattia, ha la fortuna di aver toccato il fondo più profondo e sa cosa conta, cosa vale la pena vivere e sentire. È vero, forse non bisogna mai andare troppo a fondo alle cose, restare in superficie in modo che anche il resto del mondo ce ne sia grato, ma per noi è diverso. Ci sarà sempre qualcuno che non ci capirà, che avrà qualcosa di più, che crederà di farci del male ridendo di noi e delle nostre vite che solo apparentemente sono normali, ma abbiamo superato tanti dolori, chemioterapie estenuanti e niente ci può scalfire. (pag. 45)

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