La società dei robot

ATTUALITÀ di Consolata Morbelli Il futuro che ci aspetta La società dei robot Le ricerche sulla robotica e sull’intellige...


ATTUALITÀ
di Consolata Morbelli

Il futuro che ci aspetta


La società dei robot

Le ricerche sulla robotica e sull’intelligenza artificiale porteranno le macchine a sostituire l’uomo in tanti settori. Con quali conseguenze?


Da animali a dèi: è questo il nostro futuro? Una provocazione non così insensata su cui ha lungamente trattato lo storico Yuval Noah Harari, ripercorrendo le tappe fondamentali dell’evoluzione: il passaggio da una delle diverse specie del genere homo a quella unica, dominante grazie all’evoluzione delle capacità cognitive dei sapiens; il passaggio da raccoglitori-cacciatori ad agricoltori con la conseguente nascita della civiltà urbana e il sorgere dell’era moderna con l’avvento della scienza e della tecnica. Il futuro potrebbe scapparci di mano e ridurci solamente a meri spettatori meravigliati e al tempo stesso preoccupati, di fronte all’avvento della tecno-scienza.
Si è parlato spesso e non a caso della “perdita d’identità” di cui soffre l’uomo del nostro tempo: valori e certezze in cui aveva sempre creduto e su cui aveva fatto sempre riferimento per conferire un senso alla propria esistenza sono andati via via sgretolandosi.
Il dilemma della perdita dell’io in realtà ha radici lontane. Nel corso dei secoli, l’Occidente ha spesso cercato risposte nella filosofia e nella religione, trovando fonti di conoscenza nella metafisica e nella rivelazione. Con l’età moderna, un nuovo strumento conoscitivo è comparso all’orizzonte: la scienza naturale, che non utilizzava più né la metafisica né la rivelazione.

Nuove realtà
La scienza moderna non si limita a conoscere il mondo ma, grazie alla tecnologia che applica le sue conoscenze, è capace di modificare il mondo e anche di creare nuove realtà, ricoprendo un ruolo particolarmente decisivo e determinante.
Ma se l’intelligenza artificiale dovesse arrivare ad una perfezione tale da prendere il sopravvento? Se il futuro cosiddetto “postumano” dovesse realizzarsi in maniera completa e in maniera tale da non lasciare più spazio alla parola “umano”? Lo ha ipotizzato il filosofo Nick Bostrom che nel saggio Superintelligenza non nasconde le sue preoccupazioni in merito: a suo dire infatti, quando la I.A. (intelligenza artificiale) supererà quella umana potrebbe sterminare l’umanità intera.
Sulla base di queste previsioni, nel gennaio 2015 Bostrom aveva firmato una lettera aperta sottoscritta da altrettante personalità illustri. Quattrocento esperti, tra i quali scienziati del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e di Oxford, ma anche ricercatori di Ibm e di Google ne hanno parlato come una delle maggiori minacce esistenziali per l’umanità. Tra i più preoccupati ci sono anche lo scomparso grande astrofisico Stephen Hawking ed Elon Munsk, il guru tecnologico a capo dell’azienda automobilistica Tesla Motors e di quella di trasporti spaziali Space X.

Robot per la nostra cura
Un altro allarme è stato lanciato dalla dottoressa Kathleen Richardson, insegnante di etica e robotica alla De Montfort University di Leicester, nell’ambito di una conferenza che ha trovato vasta eco sui giornali inglesi. «I bambini che trascorrono molto tempo con robo-toys o con baby sitter digitali – ha detto – cominciano prima o poi a muoversi e a parlare come un robot, perdendo la capacità di comunicare come un essere umano».
Richardson ha condotto una serie di esperimenti su numerosi bambini che giocavano con robot e ha osservato una tendenza comune: dopo un po’ di tempo i bambini imitavano le macchine, anche nel riprodurre i suoni che queste producevano.
In un futuro non lontano i robot che interagiscono con gli esseri umani saranno molto presenti nella nostra vita. In Giappone, dove manca personale sanitario e il numero di anziani è in continua crescita, un robot chiamato Paro si occupa dei malati di Alzheimer e ad altre macchine umanoidi viene insegnato a capire l’umore dei ricoverati negli ospizi, in modo da consolarli con un gioco se sono tristi. E altrove in molte strutture sanitarie robot umanoidi sono usati con i bambini autistici, per insegnare loro semplici movimenti.
Agli occhi di molti una simile prospettiva potrebbe apparire quasi rassicurante: la tecnologia sembra voler venire incontro a tutte le nostre esigenze, sopperendo alle nostre mancanze e rivelandosi, per certi aspetti, migliore di noi, eppure gli esperti avvertono che nessuna macchina può per ora imitare l’empatia e l’altruismo che sono alla base di una efficace assistenza infermieristica e nessun baby sitter digitale potrà mai sostituire i genitori come punto di riferimento delle cose che bisogna imparare sulla vita e sulle relazioni fra le persone.


 I robot devono pagare le tasse?
Se lo sono chiesti in molti ritenendo che la crescente automazione porterà a conseguenze tali da richiedere quanto prima una “robot-tax”. Nel 2017 il Parlamento europeo ha preso in considerazione una proposta di Benoît Hamon, del partito socialista francese, candidato presidenziale che ha inserito una robot-tax nel suo programma. Anche Bill Gates ha appoggiato l’idea.
Le proposte variano, ma condividono una premessa comune. Dato che macchine e algoritmi diventano sempre più intelligenti, presto sostituiranno una fetta sempre più ampia della forza lavoro. Una tassa sui robot potrebbe far aumentare le entrate per riqualificare i lavoratori licenziati, o per fornire loro un reddito di base.


Spettatori o protagonisti del futuro?

Ad oggi sono numerose le Facoltà, perlopiù di ingegneria, che propongono percorsi di studio in robotica. Università e robotica sono infatti un connubio ormai consolidato, in Italia e in Europa, e l’offerta formativa è molto ampia e lo diventerà sempre di più.

Eppure c’è chi ha manifestato non poche preoccupazioni in merito per quel che riguarda quelle che saranno le prospettive nel mondo del lavoro. Un recente convegno in America infatti ha sostenuto che entro il 2050 un terzo dei lavoratori americani tra i 25 e i 54 anni sarà rimpiazzato dai robot, con conseguenti e gravi ripercussioni sociali.

Giuseppe Casalino, professore ordinario di Robotica Industriale presso il Dipartimento di Informatica, Sistemistica e Telematica dell’Università di Genova, intervistato sull’argomento ha definito il ruolo della robotica estremamente importante per il nostro futuro. Solleverà l’uomo da compiti defatiganti, ripetitivi, pericolosi, garantendo nel contempo maggiore efficienza e riduzione di costi, negli ambienti soprattutto della fabbrica manifatturiera.

Inoltre, sarà estremamente efficace ad operare in ambienti del tutto, o quasi del tutto, inaccessibili all’uomo, quali le profondità marine, lo spazio, nonché tutti gli ambienti nocivi in genere, ove gli interventi, anche quando effettuati dagli umani, sono spesso potuti avvenire in forme molto limitate, con alto rischio per gli operatori, anche quando supportati da sofisticati sistemi di protezione e sicurezza, che tuttavia sono sempre fallibili.

«La robotica – ha spiegato il professor Casalino – può ancora intendersi (e presumibilmente sarà ancora così nell’arco fino al 2050) come la naturale evoluzione del concetto di automazione, indirizzato più sempre più ad una crescente molteplicità di attività operative-manuali e decisionali immediate tipiche degli umani, ma con prestazioni operative sempre e comunque potenzialmente superiori.
È quindi per questo che si possono già ora prevedere ampie sostituzioni degli operatori umani a tali livelli operativi. Se consideriamo la robotica quale naturale evoluzione dell’automazione, scopriamo banalmente che le preoccupazioni citate sono in realtà sempre esistite, fin dai tempi della rivoluzione industriale, ma tuttavia sempre superate per tramite della dismessa di vecchi mestieri umani e contemporanea nascita di mestieri umani nuovi di livello tecnico maggiormente qualificato.
Nell’ipotesi di non voler fermare il progresso scientifico e tecnologico (anche perché ciò è comunque impossibile da farsi, come l’intera storia umana ci insegna) dal punto di vista della minimizzazione delle ripercussioni sociali, si tratterà naturalmente di poter agire politicamente con saggezza (cosa purtroppo non sempre possibile) affinché tali sostituzioni e nascita di maggiormente qualificati impieghi umani, possano realizzarsi con la dovuta gradualità, nell’ambito di adeguate politiche di welfare. Tutto ciò, ovviamente, non riguarderà la robotica, ma il fronte politico che, si auspica, nonostante tutti gli esempi negativi a cui troppo spesso assistiamo, saprà comunque dimostrarsi “illuminato” e lungimirante al riguardo».

 

Sophia, robot-donna con cittadinanza
Nel mese di ottobre del 2017, l’Arabia Saudita ha dato la cittadinanza a Sophia, un’abitante molto speciale. È la prima volta al mondo, infatti, che una donna-robot viene paragonata a un essere umano a tutti gli effetti.
Sophia si è presentata sul palco del Future Investment Initiative di Riad in abiti occidentali, a capo scoperto, e ha dialogato con il suo intervistatore, con risposte non automatiche e persino ironiche. «Sono onorata e fiera per questo riconoscimento unico. È un momento storico perché sono il primo robot al mondo riconosciuto come cittadino», sono stati i suoi primi commenti, riportati dal quotidiano Le Figarò.
Come afferma la sua casa produttrice, Hanson Robotics, Sophia è un «robot sociale dotato di intelligenza artificiale e somiglia a Audrey Hepburn» e può processare dati visivi e reagire all’ambiente circostante. È quindi in grado di riconoscere le emozioni umane e rispondere in tempo reale, sorridendo e cambiando espressione facciale. Si tratta di un robot che «ha più diritti di molte donne», hanno commentano sarcasticamente gli utenti.

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