Rapsodia per una rockstar

CINEMA Claudio Facchetti Un biopic regale Rapsodia per una rockstar Eccentrico, magnetico e geniale, ma anche fragile, Freddie M...

CINEMA
Claudio Facchetti

Un biopic regale
Rapsodia per una rockstar

Eccentrico, magnetico e geniale, ma anche fragile, Freddie Mercury ha segnato la storia del rock come leader dei Queen. Ora rivive la sua vita sul grande schermo.

È il 23 novembre del 1991 quando uno scarno comunicato ufficiale annuncia che Freddie Mercury è gravemente malato, colpito dall’Aids. Lo ha voluto lo stesso artista, che fino a quel momento aveva taciuto della sua malattia, benché tanti sapessero delle sue condizioni di salute. La notizia rimbalza come una pallina da ping pong su tutti i media: Freddie è una superstar del rock, conosciuto ai quattro angoli del mondo come leader dei Queen, una delle band più fenomenali che abbiano mai calcato le scene.
Non c’è nemmeno il tempo di metabolizzare la news. Il giorno dopo arriva un altro drammatico comunicato: Mercury è volato in cielo, lasciando nello sgomento milioni di fan sparsi per il pianeta. Si spegneva così una delle stelle più fulgide dell’universo musicale, “vittima”, per certi versi, della sua vita disordinata che, a un certo punto della sua strada, nel 1982, gli aveva fatto contrarre l’HIV, il virus responsabile dell’Aids.

Da solo
Benché la sua carriera sia legata a filo doppio con i Queen, Freddie Mercury si è preso un paio di… vacanze dal gruppo. La prima nel 1985, quando pubblica il suo unico album da solista, Mr. Bad Guy, orientato verso la pop dance, di buon successo.
La seconda collaborando con la celebre soprano spagnola Montserrat Caballé per il cd Barcelona, firmato da entrambi gli artisti. Un lavoro interessante e coinvolgente, con brani pop-classicheggianti, arrangiati con l’orchestra e strumenti elettrici, su cui volavano le loro voci d’oro.

Sul palco del Live Aid
In quel freddo giorno di novembre, se ne andava così uno dei cantanti e compositori più iconici e celebri del panorama rock che, insieme ai suoi amici Brian May, Roger Taylor e John Deacon, ovvero i Queen, ha lasciato brani immortali come We are the champions, Somebody to love o Bohemian Rhapsody, ieri come oggi sempre attuali.
Un’attualità dovuta alla capacità del gruppo di reinventare il rock contaminandolo con generi diversi e che gli ha garantito un successo clamoroso nel tempo, con oltre 300 milioni di dischi venduti nel mondo. A caratterizzare le loro canzoni svettava poi l’incredibile voce di Freddie Mercury e la sua eccezionale presenza scenica sul palco. Sotto i riflettori era audace, trascinante, eccessivo, in grado di tenere in pugno platee oceaniche.
Insomma, una vera forza della natura il cui ricordo, anche dopo la sua morte, è sempre rimasto intatto, tanto che ora arriva sul grande schermo un film che ne ripercorre la vita, intitolato come uno dei suoi brani più celebri, Bohemian Rhapsody.
La pellicola traccia la storia di Freddie da quando il cantante, nato come Farrokh Bulsara a Zanzibar, sbarca a 18 anni a Londra con i genitori. Sa già cantare e suonare il pianoforte, e nella capitale inglese i fermenti musicali sono più vivi che mai.
Lui ci si butta a capofitto, fino a quando non incontra gli amici con cui forma i Queen. I primi anni non sono semplici: il successo stenta ad arrivare, ma nel 1975, dopo tre album, la band pubblica A night at the Opera che deflagra come una supernova nell’universo della musica, guidato dal singolo Bohemian Rhapsody, una sorprendente mini suite che incolla insieme magistralmente ballad, rock e ricami operistici.
Da quel momento, lo scettro del successo verrà tenuto saldamente nelle mani dei Queen fino al triste epilogo. Tuttavia la pellicola si ferma al 13 luglio 1985, altra data da segnare in rosso sul calendario, quando i Queen salgono sul palco del Live Aid, la manifestazione organizzata per raccogliere fondi da destinare al popolo etiope colpito dalla carestia, che riuniva in contemporanea negli stadi di Londra e di Philadelphia (USA), un incredibile concentrato di stelle del pop e del rock di allora.
È una scelta non casuale: i Queen avevano a disposizione venti minuti, uno spazio di tempo in cui fecero fuochi e fiamme sonore che si scolpirono nella storia della musica, con un Mercury al massimo delle sue possibilità che lo trasformò definitivamente in performer leggendario. E proprio qui si chiude il film, quasi a rendergli onore.

Nessuna imitazione
Il fatto che si chiuda il sipario dopo l’esibizione al Live Aid ha lasciato perplessi alcuni, che avrebbero preferito invece ripercorrere il cammino di Mercury anche negli ultimi anni della sua vita, ma non era questa l’intenzione di chi ha messo in piedi il progetto, in primis Brian May e Roger Taylor, chitarrista e batterista della band.
Un progetto nato in origine nel 2010 e che ha dovuto superare parecchi ostacoli prima di arrivare al primo ciak, tra cambi di sceneggiatori, attori e registi. Dopo varie false partenze, nel 2016 sono finalmente iniziati i lavori, sotto la regia di Bryan Singer (X-Men, Superman Returns). Tuttavia, dopo due terzi di riprese, è stato sostituito da Dexter Fletcher, che ha portato a termine la pellicola.
«Ero già stato preso in considerazione dalla produzione – rivela Fletcher – per dirigere il film, ma purtroppo non avevamo trovato l’intesa. Dunque, conoscevo bene la “materia” e anche se sono subentrato, ho accettato volentieri. Non ho dovuto reinventare nulla, ho concluso la pellicola e lavorato in fase di montaggio. Alla fine, quello che conta, è che sia stato realizzato un grande film».
Nessun cambio in corsa, invece, per l’attore scelto nel difficile compito di interpretare Freddie Mercury, il bravissimo Rami Malek, già apprezzato per la serie tv Mr. Robot. Un compito non facile. La rockstar aveva una personalità complessa: nel privato era sensibile, fragile e non nascondeva la sua omosessualità; sul palco era sfrontato e magnetico.
«Non avrebbe avuto senso farne un’imitazione – commenta Malek – ; a quel punto, meglio vedersi in dvd un suo concerto. Invece, ho cercato di scavare dentro l’uomo Freddie Mercury, di comprendere i suoi stati d’animo. Solo allora ho poi costruito lo showman, con quella sua straordinaria fisicità di stare sul palco».
Alla fine è scaturito un biopic non privo di lacune, ma convincente e spettacolare, che fotografa bene le difficoltà incontrate da Freddie e i suoi amici nell’inseguire un sogno, superate solo con grande determinazione, un pizzico di fortuna e tanto talento. Quel talento che, a un certo punto, ha fatto diventare i Queen una macchina perfetta, ma con un cuore pulsante: quello di Mercury. In fondo, la Regina è sempre stato lui.


I Queen dopo Freddie
Dopo la morte di Mercury, non tutti i Queen hanno appeso gli strumenti al chiodo. Mentre il bassista John Deacon si è ritirato a vita privata, il chitarrista Brian May e il batterista Roger Taylor hanno tenuto in piedi il marchio di fabbrica. Dal punto di vista discografico, pubblicando varie antologie con qualche inedito d’archivio, mentre dal punto di vista dei concerti facendo vari tour di successo, consapevoli dell’impossibilità di sostituire Mercury.
In particolare, si segnalano l’esperienza con il cantante Paul Rodgers (2004-2009), che ha dato vita anche a un album, The Cosmos Rocks, e negli ultimi anni le esibizioni con Adam Lambert, vocalist emerso dal talent American Idol, capace di replicare, tecnicamente, le evoluzioni canore di Mercury.

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