Interroghiamo la Chiesa

HASHTAG di Elena Giordano Ricominciamo   Interroghiamo    la Chiesa   Siamo ormai “ben oltre” il Sinodo dei ...


HASHTAG
di Elena Giordano








Ricominciamo



  Interroghiamo   la Chiesa  
Siamo ormai “ben oltre” il Sinodo dei giovani: chi è pronto a passare dalla teoria alla pratica? Riuscirà la Chiesa a parlare ai giovani interessati a parlare con la Chiesa?

Il solicello è ben caldo, si respira aria di vacanza, gli universitari si concentrano per gli ultimi esami, i liceali intravedono la pausa: scenario meraviglioso. Cosa c’entra la Chiesa, in fase post

-Sinodo dei Giovani, in tutto ciò? Facile: se aria di cambiamento ci deve essere, per davvero, possiamo iniziare a smettere, tutti insieme, di associare la Chiesa al Natale, all’incenso, al solo pentimento. Dobbiamo volare tutti un po’ più in alto, o comunque iniziare a volare e non a muovere passetti da tartaruga assonnata.


Con il “Documento finale del Sinodo dei Vescovi sui Giovani, la Fede ed il Discernimento Vocazionale” e poi con l’Esortazione post-Sinodale “Christus vivit”, papa Francesco, insieme alla Chiesa tutta, ha voluto mettere un punto fermo: ci siamo, cari giovani, siamo qui per voi, e soprattutto siamo in ascolto per davvero (e non per finta o per atteggiamento di facciata pro-telecamera).

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Chi ha paura del discernimento?
C’è un piccolo problema: la parola “discernimento” fa una paura pazzesca, specie ai ragazzi che frequentano abitualmente parrocchia, associazione o comunità cristiana in generale.
 
C’è sempre la sensazione che “qualcuno” (in primis preti e suore) vogliano spingerci verso il seminario o avviarci a un percorso di vita consacrata. Questa incomprensione dura da decenni. È ora di dire basta. Usiamo la parola nel suo senso reale: discernere significa trovare la propria strada, la propria realizzazione, come persone e all’interno della comunità cristiana (se lì ci troviamo).Quando Gesù esorta: “Vieni e seguimi”, non precisa “Vieni e fai voto di castità, povertà, obbedienza”. Propone una scelta di vita all’insegna del Vangelo. Tutti siamo chiamati alla santità, ma i carismi sono tantissimi, così come i ministeri. Insomma, in maniera molto “laica”: siamo tanti e tutti diversi e tutti chiamati a ruoli diversi.




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Da dove eravamo partiti?
Davvero da molto lontano: da una realtà religiosa arroccata su posizioni considerate distanti, specie dai ragazzi. Bufere di ogni genere – scandali, denaro, poteri oscuri, antichi rancori, pedofilia, correnti abbatti-papa – avevano peggiorato progressivamente la situazione.
Da una parte le parrocchie, con il loro impegno quotidiano, sufficientemente accettato dai giovani, dall’altra i palazzi romani, che parlavano un’altra lingua, di temi assurdi e lontani anni luce dalla quotidianità (fatta di lavoro, famiglia, scuola, relazioni sociali, sessualità, integrazione…).
Per fortuna lo Spirito Santo ha realmente soffiato e il Sinodo si è trasformato in un’occasione di vero rinnovamento da tanti punti di vista. Su tutti: il desiderio di avvicinarsi un po’. Di capirsi.

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Togliamo qualche sassolino?Tutti amici, va benissimo, ma occorre che qualcuno prenda posizione, su alcuni temi non si può più attendere. Ecco tre argomenti spinosi, che i giovani additano con forza e la Chiesa si sta sforzando di comprendere.

1 Vedi il mio talento?I giovani vogliono diventare protagonisti positivi del futuro e della società. Hanno gli strumenti per farlo. Attualmente molti non hanno alcun tipo di rapporto con la Chiesa (non correlano la propria vocazione a Cristo), considerata “non significativa”.2 Basta “dimenticare” donne e ragazzeVa bene che Gesù aveva solo discepoli maschi, ma è possibile che la donna non possa essere riconosciuta nel suo ruolo specifico e coinvolta maggiormente nella vita della Chiesa? Davvero è capace solo di stirare e inamidare le tovaglie dell’altare?3 Basta farci la paternaleI pulpiti non si usano già da un po’. Sino a che i sacerdoti non si abitueranno a essere più inclusivi, a creare comunità in cui tutti possono partecipare e sentirsi importanti… e non “vasi” da riempire di prediche… il cambiamento non potrà nemmeno iniziare. ______________________________________



“Possiamo fare meglio”
La Chiesa ha compreso che non sempre è stata una buona ascoltatrice. A volte ha prevalso: “(…) la tendenza a fornire risposte preconfezionate e ricette pronte, senza lasciar emergere le domande giovanili nella loro novità e coglierne la provocazione”.
Questa autocritica è un buon punto di partenza, un modo per “svecchiare” i rapporti e lasciare finalmente i giovani liberi di parlare… in un contesto che però diventa capace di ascoltarli, e che non li fa diventare panda in estinzione in mezzo a una giungla di adulti-anziani.
La Chiesa mette a disposizione, per questa delicatissima ricucitura dell’amicizia, non solo i sacerdoti, ma anche i tanti laici, uomini e donne, che vuole “qualificati” (ossia si attende che le persone siano preparate per confrontarsi con le nuove generazioni).

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Ricolleghiamoci a GesùEra giovane, un po’ ribelle, determinato, coraggioso. Gesù ancora oggi sarebbe il perfetto protagonista di un film di supereroi. È arrivato il momento di togliergli la patina da sacrestia per riportarlo al centro della fede di noi giovani.In realtà c’è ben poco da rinnovare, innovare, sistemare. Le parole di Gesù sono sempre state molto schiette e dirette e vanno dritte al cuore proprio dei giovani, che hanno domande di senso talmente profonde che raggiungono le viscere della Terra.
  •  Non sai dove andare? Chiedi a Gesù.
  • Non sai cosa diventare, che adulto rappresentare, quale strada seguire, quale vocazione? Chiedi a Gesù (anche tramite la Chiesa).
  • Vuoi capire il senso del mondo, del male, del tuo ruolo nella società? Chiedi a Gesù.
Il Vangelo sconvolge tutto e tutto ammanta. Ed è la bussola attorno a cui ruota la realizzazione di ogni persona (familiare, lavorativa, religiosa…).
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“Possiamo prenderci cura”
Il giovane è un indiviso, ovviamente: io non sono solo uno studente, ma anche un ragazzo che fa sport, che ama la fidanzata, che va a trovare i nonni, che si impegna nel volontariato, che cerca un rapporto privilegiato con Dio. La Chiesa riconosce, però, che ogni aspetto della vita va conosciuto, sostenuto e accompagnato. Specie in un periodo in cui tutti viaggiamo ai 200 all’ora, complici la globalizzazione e il web.
L’affettività, il tema dei migranti, del digital con le sue parti “dark”, gli abusi di ogni genere (da quello economico a quello di potere o sessuale) sono tutti sul piatto. Anche in questo caso, il Sinodo rimarca che non sempre le risposte fino a oggi fornite sono state puntuali, precise e di vero aiuto.
Non solo chi vive fuori dalla Chiesa, ma anche chi segue un percorso di fede profondo esprime “il desiderio di ricevere dalla Chiesa una parola chiara, umana ed empatica”, per esempio per quanto riguarda l’affettività. Bene, forza allora, dalle parole ai fatti: noi giovani siamo in attesa.



Finestre aperte, aria pulita!“Tutti i giovani, nessuno escluso, sono nel cuore di Dio e quindi anche nel cuore della Chiesa. Riconosciamo però francamente che non sempre questa affermazione che risuona sulle nostre labbra trova reale espressione nella nostra azione pastorale: spesso restiamo chiusi nei nostri ambienti, dove la loro voce non arriva, o ci dedichiamo ad attività meno esigenti e più gratificanti, soffocando quella sana inquietudine pastorale che ci fa uscire dalle nostre presunte sicurezze”, si legge nel Documento Finale.Non sentite anche voi aria di pulizia? Come se di punto in bianco, in un vecchio palazzo chiuso da tempo, qualcuno avesse spalancato le finestre per far entrare aria e sole? “Il Vangelo ci chiede di osare e vogliamo farlo senza presunzione e senza fare proselitismo, testimoniando l’amore del Signore e tendendo la mano a tutti i giovani del mondo”: Ottimo! Quando si comincia?Da parte nostra, in quanto giovani, possiamo impegnarci a:- Parlare e chiedere (se teniamo tutto in testa, il dialogo non ricomincerà mai).- Essere aperti e partecipare (se ci sono iniziative rivolte a noi, proviamo ad andare, potrebbero nascere situazioni interessanti).- Accettare le responsabilità (se crediamo in noi stessi, non dobbiamo tirarci indietro nel momento in cui ci viene chiesto di ricoprire una carica all’interno della comunità).- Mostrare i nostri talenti (se il don si ostina a farci giocare a pallone coi più piccoli, ma noi vorremmo insegnare loro a suonare la chitarra… forse è meglio farsi sentire).- Non avere paura: di affrontare con il don o gli educatori anche temi “forti” (come quello della sessualità) e costruire un dialogo aperto.

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