Lotta nel mare della vita
di Paolo Morelli Un film senza dialoghi, ma avvincente Lotta nel mare della vita Un uomo s...
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di Paolo Morelli
Un film senza dialoghi, ma avvincente
Lotta nel mare della vita
Un uomo solo in balia della tempesta cerca di
sopravvivere tra le onde. Una prova d’attore magistrale per il grande Robert
Redford.
Un film di due ore senza un dialogo e con
poche sporadiche battute può intimorire lo spettatore, ma dopo pochi minuti di All Is Lost, seconda opera di J.C. Chandor, presentata alla 31a
edizione del Torino Film Festival (che si è svolto dal 22 al 30 novembre 2013),
si capisce subito che le parole non sono
importanti.
Nella pellicola,
un uomo a bordo di una barca a vela solca il mare e arriva al largo dell'Oceano
Indiano, un Noè dai capelli rossicci con il volto di Robert Redford, solo di fronte alle avversità dell'oceano, dove l'Arca
è la sua forza di volontà.
Mancano i
dialoghi, c'è un solo personaggio. Il protagonista, che non ha un nome (non
serve), si trova su uno yacht in viaggio verso una direzione sconosciuta, ma
deve confrontarsi con diverse difficoltà di navigazione. Dopo una collisione
con un container abbandonato alla deriva in mare, l'uomo deve riparare la
propria barca tamponando una falla nello scafo e utilizzando quindi competenze
tecniche di alto livello, che una persona poco esperta normalmente non
possiede, fino a riscoprire il primordiale istinto di sopravvivenza che è poi il motore primario di ogni azione. La sua
barca finisce con il rovesciarsi a causa di una tempesta e lui cade in mare, aggrappato soltanto a un canotto gonfiabile di
salvataggio, che da quel momento diventa il suo nuovo mezzo di trasporto. Come
spesso accade in Natura, non è detto che un organismo più complesso ed evoluto
sopravviva più a lungo rispetto a organismi più semplici.
Lo stesso accade
in questo film, in un momento in cui la Natura ristabilisce l’equilibrio primario: lo yacht elaborato e solido diventa inutilizzabile,
mentre si rivela inaffondabile e fondamentale un 'semplicissimo' canotto
gonfiabile. È la condizione umana che viene fuori energicamente in questa
pellicola, come si legge nella sinossi: «Col solo uso di un sestante e di carte
nautiche per seguire la sua deriva, [l'uomo] è costretto ad affidarsi alle
correnti dell'oceano per portarlo verso un rotta commerciale di navigazione
nella speranza di incrociare una nave di passaggio. Ma con il sole che non dà
tregua, con gli squali che gli girano intorno e con le poche
scorte che stanno per esaurirsi, il pur sempre ingegnoso navigante ben presto
si trova faccia a faccia con la sua mortalità».
Una trama audace
J.C. Chandor, che
aveva già ricevuto una candidatura all'Oscar per la sceneggiatura con il suo
primo film, Margin Call (2011), ha pensato a All Is Lost per gli ultimi sei
anni. Una gestazione
lunghissima che ha prodotto un acuto ragionamento sullÕessere umano, come
spiega lo stesso regista: «È la storia molto semplice di un tipo avanti con gli
anni che esce per un viaggio su una barca a vela per quattro o cinque mesi.
Interviene il destino, l'imbarcazione ha un incidente e di fatto lo seguiamo in
un viaggio di otto giorni mentre lotta per la propria sopravvivenza».
Proprio quando
sembrava che nulla potesse guastare la quiete di un viaggio in barca a vela, è
il destino a metterci del suo per testare la resistenza dell'uomo. Non possiamo
sapere se il protagonista del film avesse sottovalutato o meno il rischio di
incontrare una tempesta, ma forse non ha nemmeno importanza stabilirlo. «Ho
letto la sceneggiatura e ho trovato che fosse audace e quasi sperimentale - ha dichiarato Robert Redford in un'intervista a Panorama lo scorso dicembre - . Il fatto che ci fosse un unico
personaggio e che non ci fossero dei dialoghi era una scelta coraggiosa ed
emozionante».
Il regista ha
contattato direttamente l'attore, premio Oscar alla carriera nel 2002, dicendogli
che ha scritto il film pensando a lui. «È difficile inquadrare questo film - ha
spiegato ancora Redford - ma proprio per questo mi è piaciuto, di solito c'è la
tendenza a etichettare le cose con troppa facilità e con quest'opera non si
riesce a farlo. In questo caso, dal punto di vista dell'attore, la pellicola
racconta il momento in cui la vita diventa
troppo difficile e ti arrendi. Ci
sono invece alcune persone che vanno avanti comunque perché è l'unica cosa da
fare. Il mio personaggio può solo continuare, la storia è tutta incentrata su
ciò che fa quest'uomo per non arrendersi».
Anche quando
tutte le probabilità sembrano essere sfavorevoli, andare avanti lo stesso è la soluzione per superarle. Per
interpretare questo film, Robert Redford si è trasformato in uno skipper e ha
imparato a guidare una barca a vela. Come ha dichiarato, dopo unÕinfanzia di
nuoto agonistico si era già confrontato con le barche, ma non con quelle a
vela.
Senza controfigure
Qui emerge tutta
la competenza del regista J.C. Chandor che, da marinaio esperto, ha raccontato
in maniera dettagliata cosa succede in mare quando le condizioni atmosferiche
sono complicate e che cosa si deve fare per affrontarle. Per questo motivo,
all'origine, Robert Redford era previsto solo nei primi piani, con due
controfigure pronte a sostituirlo nelle scene più impegnative. «Poi qualcosa mi
è scattato dentro - ha rivelato l'attore - e ho deciso di provare finché fossi
in grado. Dopo un poÕ mi sono reso conto che stavo girando la maggior parte delle scene. È una bella soddisfazione».
Redford
sottolinea poi i due estremi che tengono in sospeso l'intero film: la bellezza del mare e la sua brutalità. «Ci sono poche
cose al mondo più emozionanti di un tramonto sul mare calmo, ci sono poche cose
più violente di una tempesta in mare». È la Natura a dominare tutto: l'uomo si
riscopre una pedina, per quanto possa costruire o distruggere qualcosa sul
pianeta, gli elementi naturali saranno sempre superiori a lui.
La dualità di
quest'opera si esprime quindi anche con un'altra contrapposizione, già emersa
con forza: quella tra uomo e Natura. In essa, nonostante gli sforzi del
primo, è sempre la seconda a prevalere, un rapporto subordinato e perfetto che
diventa distruttivo e letale nel momento in cui avviene una forzatura.
Ma torniamo al
film. La prima presentazione è avvenuta al Festival di Cannes il 22 maggio
2013, per poi uscire nelle sale cinematografiche statunitensi, prima mondiale,
il 25 ottobre. Al momento vanta due
nomination ai Golden Globe
per la migliore colonna sonora (composta da Alex Ebert) e per il miglior attore
protagonista (Robert Redford). I Golden Globe, insieme agli Emmy Awards e agli
Oscar, costituiscono il maggiore riconoscimento per le opere cinematografiche e
televisive al mondo. Redford, 77 anni, non ha mai ricevuto un riconoscimento
come migliore attore nella sua carriera. Questa potrebbe
essere una valida occasione per ottenerlo, anche perché non è detto che
continui con la sua attività di recitazione invece di dedicarsi alla regia (per
la quale ha già ricevuto un Oscar per Gente
comune nel 1981).
Intanto i primi
pareri della critica sono positivi, così come la risposta del pubblico, anche
se si tratta di un'opera forse non facilmente fruibile dal grande pubblico. È
un'occasione per ragionare e aprire
la mente, per capire che
non bisogna arrendersi mai se si vuole continuare a vivere. E nel frattempo si
possono passare due ore al cinema in compagnia di un ottimo film.