Un lavoro tutto social
di Patrizia Spagnolo Nuove opportunità ancora da sfruttare Un lavoro tutto social La rete e i social network offrono nuovi sviluppi...
https://www.dimensioni.org/2014/06/un-lavoro-tutto-social.html
Nuove
opportunità ancora da sfruttare
Un lavoro tutto social
La rete e i social network offrono nuovi sviluppi
lavorativi,
ma non basta passare del tempo in rete, occorrono
competenze specifiche e molto impegno. E in Italia i giovani non ne sanno
ancora approfittare.
Ormai siamo tutti in “rete”. Beh, non
proprio tutti. Diciamo meno della metà. Insomma, come al solito l’Ocse
(Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è stata impietosa
con l’Italia: non abbiamo i saperi essenziali per orientarci nel terzo millennio. Oltre a piazzarci in fondo alla
classifica (su 24 Paesi) per competenze in lettura e al penultimo per quelle in
matematica, non sappiamo nemmeno usare le tecnologie digitali e quelle offerte dalle reti internet “per acquisire
informazioni, comunicare e svolgere compiti pratici”.
Una
domanda sorge spontanea: se il collegamento alla rete offre maggiori
opportunità di trovare lavoro, perché nel nostro Paese ad essere esclusi dal
mercato oggi sono soprattutto i giovani, esattamente quel 40% della popolazione
che invece la rete la usa eccome? Forse la usano male? Non la usano abbastanza? Come la usano?
Cercare e trovare sui social
I
risultati della recente ricerca Dalla scuola al lavoro, attraverso i social condotta da Fondazione Sodalitas e Randstad Italia ci dicono che nel nostro Paese chi ha meno di 30 anni e
vuole lavorare si rivolge al web, consultando i siti dedicati alla domanda e
all’offerta, i siti aziendali e i social network, Linkedin in testa seguito da
Facebook. L’esplorazione
di pagine e profili aziendali, in particolare, si rivela proficua: una volta su
quattro le candidature ottengono risposta.
C’è da
dire che il campione raggiunto dalla ricerca è costituito da 700 giovani dai 22
ai 30 anni (il 10% tra i 18 e i 21), soprattutto donne, con un livello
formativo medio alto, dalla laurea di primo livello in su. Considerando che in
Italia i laureati costituiscono appena un quarto degli under 34 (e l’8% dei più
“vecchi”), è evidente che si sta parlando di una “elite” della popolazione
italiana. Ciò significa che il web 2.0 rappresenta una grande opportunità, sì, ma solo per chi ha un bel bagaglio
sulle spalle: non bastano un computer e il collegamento a Internet, serve prima
di tutto la materia prima, cioè formazione e competenze professionali.
Oltre ai
canali web tradizionali dedicati al lavoro, quasi la metà dei 700 giovani
intervistati utilizza i social network e li considera efficaci, a patto che si
sia in grado di individuare
gli ambienti giusti (pagine e profili aziendali più che gruppi o spazi di discussione, ad
esempio). Linkedin è più utilizzato dai laureati (soprattutto
donne), Facebook più dai diplomati e Twitter (risultato il meno efficace per trovare lavoro)
soprattutto da uomini in possesso di una laurea di primo livello. Ancora, su
Linkedin sono più numerose le offerte di lavoro per professionisti con molta
esperienza, mentre su Twitter si cercano soprattutto profili junior.
A livello
mondiale, sono oltre 2,6 milioni le aziende presenti su Linkedin. Secondo
l’indagine Social
Recruiting Survey 2013 condotta da Jobvite (piattaforma che offre tecnologia e
servizi per il reclutamento online) su 1600 professionisti di 50 diversi
settori, il 94% delle aziende utilizza o intende utilizzare i social media per
cercare nuovi collaboratori, mentre il 78% di cacciatori di teste ha già
assunto dipendenti tramite questi canali.
E se
pensate che le vostre attività
di svago sul web
non siano importanti ai fini della ricerca di un’occupazione, vi sbagliate di
grosso. Il 42% degli intervistati ha ammesso di aver riconsiderato –
positivamente e negativamente - la posizione di un candidato in base a qualche
ricerca sui social media. Oscenità, riferimenti a consumo di droghe o uso di
armi, contenuti sessuali ed errori grammaticali non depongono a favore, mentre volontariato e donazioni ad associazioni
benefiche (oltre
ovviamente a esperienze professionali, preparazione culturale e competenza)
incidono positivamente. È bene, inoltre, stare attenti alle foto potenzialmente dannose e non eccedere nella presenza sui social.
Sul piano
professionale – e non solo – i social network grazie alla loro viralità sono
quindi uno strumento
potente di diffusione, di conoscenza, una grande piazza in cui esporre la propria mercanzia. A
patto che ci sia della mercanzia da vendere e che questa soddisfi la richiesta.
In
Italia, alcuni settori tradizionali sono in calo ma cresce la domanda di competenze informatiche, linguistiche, soprattutto tecniche e
tecnologiche. Peccato che il sistema formativo non sia in grado di rispondere
alle nuove esigenze.
Italiani poco competitivi
Da una
recente indagine condotta dal Censis sulle imprese guidate dai Cavalieri del
lavoro emerge che i giovani italiani, rispetto a quelli stranieri, hanno una preparazione tecnica non sempre all’altezza delle aspettative del mercato: soltanto il
12,2% degli imprenditori ritiene i giovani italiani competitivi, mentre il
65,5% preferisce i giovani di altri Paesi.
Buone
prospettive occupazionali offre, neanche a dirlo, il settore dell’economia
digitale, altrimenti detto web economy, Internet economy, nuova economia. L’economia del futuro, insomma,
quella delle reti infrastrutturali di nuova generazione, del commercio
elettronico, dalla elaborazione intelligente di grandi masse di dati, dello
sviluppo degli strumenti digitali, dei servizi innovativi di comunicazione… C’è
bisogno di giovani “artigiani digitali” che abbiano e-skill qualificate per far
nascere ed evolvere start-up. In Italia, come rileva l’Ocse, siamo un po’ indietro, e a confermarlo è il fatto che il numero
di laureati in discipline collegate all’ICT (Tecnologie dell’informazione e
della comunicazione) è rimasto più o meno stabile, mentre altrove cresce sempre
più.
Ma ci
rifaremo, le teste le abbiamo. <