Marika, 14 anni, Catania
Destinataria: Marika, 14 anni, Catania Mittente Sofia, studentessa di V liceo, Verbania Ciao Marika, tu non mi conosci, io sono una dell...
https://www.dimensioni.org/2014/09/marika-14-anni-catania.html
Destinataria: Marika, 14 anni, Catania
Mittente Sofia, studentessa di V liceo, Verbania
Ciao Marika, tu non mi conosci, io sono una delle tante lettrici di questo mensile, che arraffo dalla posta appena arriva, perché mi fa pensare, ridere e piangere a ogni pagina.
Voglio raccontare brevissimamente la tua storia, condividerla con gli altri lettori e poi provare, insieme a te, a guardare avanti.
Marika, la scorsa estate, ha subito un accoltellamento da parte del padre, che nella stessa notte ha anche
ucciso la sua sorella minore. Marika è fuori pericolo, ma le ferite, come dicono i medici, non sempre sono visibili e curabili con cerotti e medicine.
Cara Marika, mentre leggevo la tua storia, riportata dai giornali, mi facevo un sacco di domande, più o meno stupide, più o meno intelligenti. Domande del tipo: «Come si fa a reagire a un fatto del genere? Perché gli adulti a volte compiono gesti assurdi? Come si può perdonare, e poi dimenticare?».
E poi ancora, con pensieri sempre più grandi: «Perché Dio permette una cosa del genere? Perché rovinare la santità della famiglia? Di chi ci possiamo fidare, se non di mamma e papà?».
Dopo averle snocciolate tutte, mi sono guardata allo specchio con sguardo metà assorto e metà idiota: non avevo nemmeno uno straccio di risposta che fosse uno! Zero, come se la mia mente si rifiutasse di commentare fatti del genere. In fondo chi ero, io? Una tra tanti, alle prese con un problema gigantesco, irrisolvibile: spiegare l’esistenza del male nel mondo. Niente da fare, mi sono arresa: non al male, alla sua
comprensione.
Ho scelto un’altra via, quella della carta e della penna, e ora sono qui a scriverti, non per dirti che alla fine del tunnel c’è sempre il sereno, ma che il sole rimane sempre a scaldarci la pelle, anche quando è coperto dalle nuvole. In poche parole, oggi siamo nel pieno di una tempesta sconvolgente, il tuo corpo e la tua mente sono flagellati da pioggia battente, vento forte.
La fatica ti impedisce anche solo di cercarlo, il sole.
Un giorno – io però non so quando – questo mega-temporale se ne andrà. Ti ritroverai in mezzo a un prato verde, ti verrà voglia di correre per sentirti libera e per sentire sotto ai piedi il frizzicorino dell’erbetta.
Il tuo cuore non avrà dimenticato, ma avrà imparato a convivere con i ricordi. Come faccio a essere certa che questo accadrà? Gli adulti lo chiamano “istinto di sopravvivenza”: è qualcosa più forte di noi, che ci tiene aggrappati alla vita, e che ci impedisce di sprofondare.
Ora mi aggrappo per te, tu nel frattempo riposa!
Mittente Sofia, studentessa di V liceo, Verbania
Ciao Marika, tu non mi conosci, io sono una delle tante lettrici di questo mensile, che arraffo dalla posta appena arriva, perché mi fa pensare, ridere e piangere a ogni pagina.
Voglio raccontare brevissimamente la tua storia, condividerla con gli altri lettori e poi provare, insieme a te, a guardare avanti.
Marika, la scorsa estate, ha subito un accoltellamento da parte del padre, che nella stessa notte ha anche
ucciso la sua sorella minore. Marika è fuori pericolo, ma le ferite, come dicono i medici, non sempre sono visibili e curabili con cerotti e medicine.
Cara Marika, mentre leggevo la tua storia, riportata dai giornali, mi facevo un sacco di domande, più o meno stupide, più o meno intelligenti. Domande del tipo: «Come si fa a reagire a un fatto del genere? Perché gli adulti a volte compiono gesti assurdi? Come si può perdonare, e poi dimenticare?».
E poi ancora, con pensieri sempre più grandi: «Perché Dio permette una cosa del genere? Perché rovinare la santità della famiglia? Di chi ci possiamo fidare, se non di mamma e papà?».
Dopo averle snocciolate tutte, mi sono guardata allo specchio con sguardo metà assorto e metà idiota: non avevo nemmeno uno straccio di risposta che fosse uno! Zero, come se la mia mente si rifiutasse di commentare fatti del genere. In fondo chi ero, io? Una tra tanti, alle prese con un problema gigantesco, irrisolvibile: spiegare l’esistenza del male nel mondo. Niente da fare, mi sono arresa: non al male, alla sua
comprensione.
Ho scelto un’altra via, quella della carta e della penna, e ora sono qui a scriverti, non per dirti che alla fine del tunnel c’è sempre il sereno, ma che il sole rimane sempre a scaldarci la pelle, anche quando è coperto dalle nuvole. In poche parole, oggi siamo nel pieno di una tempesta sconvolgente, il tuo corpo e la tua mente sono flagellati da pioggia battente, vento forte.
La fatica ti impedisce anche solo di cercarlo, il sole.
Un giorno – io però non so quando – questo mega-temporale se ne andrà. Ti ritroverai in mezzo a un prato verde, ti verrà voglia di correre per sentirti libera e per sentire sotto ai piedi il frizzicorino dell’erbetta.
Il tuo cuore non avrà dimenticato, ma avrà imparato a convivere con i ricordi. Come faccio a essere certa che questo accadrà? Gli adulti lo chiamano “istinto di sopravvivenza”: è qualcosa più forte di noi, che ci tiene aggrappati alla vita, e che ci impedisce di sprofondare.
Ora mi aggrappo per te, tu nel frattempo riposa!