Prima della fine

di Paolo Morelli È il caso cinematografico dell’anno Prima della fine Costato solo 70 mila euro, con i soldi raccolti attravers...

di Paolo Morelli


È il caso cinematografico dell’anno
Prima della fine
Costato solo 70 mila euro, con i soldi raccolti attraverso il “crowdfunding” e un cast di attori sconosciuti, E fu sera e fu mattinaha sbancato i botteghini. Con il passaparola.

Produrre un film con il crowdfunding può essere una sfida talmente ardua da indurre a lasciar perdere prima di cominciare, ma è solo provandoci e credendo in un progetto che si può portare a casa un risultato e, di conseguenza, vincere una sfida. Deve aver pensato una cosa del genere Emanuele Caruso quando ha deciso di buttarsi nell’avventura della raccolta fondi online per realizzare il suo primo lungometraggio, E fu sera e fu mattina.
Grazie alla piattaforma web Produzioni dal basso (www.produzionidalbasso.com) è stata aperta una raccolta fondi che ha consentito ai donatori di “comprare” una parte degli incassi futuri del film con una quota di 50 euro. Il denaro raccolto ha consentito di avviare immediatamente la produzione che è durata circa un anno. Ora il film sta girando l’Italia ed è un vero successo. «Abbiamo già recuperato tutti i soldi investiti» ci ha rivelato il regista. Ma veniamo all’opera.

Se il sole si spegne
Avila, piccolo paese (inventato) delle Langhe piemontesi, è una comunità ristretta nella quale dominano gli stereotipi e i giovani faticano ad esprimersi. La pellicola si concentra inizialmente sulle vicende di una coppia di conviventi (interpretati da Sara Francesca Spelta e Simone Riccioni), che viene tenuta in disparte poiché i due fidanzati vivono insieme senza essere sposati.
In occasione della festa patronale, don Francesco, parroco del paese – protagonista del film, interpretato da Albino Marino, alla sua prima esperienza cinematografica – inaugura la manifestazione in compagnia del sindaco, dopodiché si ritira verso la propria Chiesa ma viene fermato da un compaesano: un’edizione straordinaria del telegiornale sta comunicando che il sole, secondo i calcoli degli scienziati, sta per spegnersi e concludere il proprio ciclo vitale, trasformandosi in una Supernova che distruggerebbe la Terra.
Tutto il paese è davanti al tubo catodico, sconvolto dalla notizia. Restano solo 50 giorni prima della fine. Che cosa fare dei pregiudizi, dei luoghi comuni e dei preconcetti dai quali la comunità non riesce ad allontanarsi? Il percorso religioso di don Francesco è pieno di luci e ombre. Una vecchia storia d’amore mai risolta lo rende troppo irrequieto per essere un parroco modello, secondo i dettami classici o, più semplicemente, secondo quello che la comunità si aspetta da lui.
Il fatto, poi, di ospitare Gianni (Lorenzo Pedrotti), un ragazzo problematico – incolpato dai compaesani della scomparsa della sua fidanzata – non lo rende ben visto. Eppure la Fede può superare anche questo, secondo quanto don Francesco dimostra con le proprie azioni, a costo di allontanare metà della comunità, la quale sembra andare a messa e pregare più per abitudine che per reale convinzione. Come l’uomo che si presenta ogni giorno (in certi casi anche due volte al giorno) in chiesa o a casa di don Francesco per confessarsi e chiedere l’assoluzione per i propri peccati: «Ti sei confessato due ore fa, ma che puoi aver fatto in due ore?» commenta, esausto, il parroco.
La fine del mondo che incombe spinge alcuni a rassegnarsi, altri a risolvere le ultime cose in sospeso prima di abbandonarsi, leggeri, verso la fatalità. Altri ancora impazziscono e arrivano a uccidere per pura avidità. Un perfetto teatrino di vizi e virtù umane. «Le conoscenze religiose che ho inserito nel film – ha spiegato il regista Emanuele Caruso – facevano parte del mio bagaglio personale. L’idea però è arrivata dal mio aiuto regista (Beppe Masengo, ndr) nel 2010. Lui stava vivendo la situazione che avvia al film: conviveva con una ragazza pur non essendo sposato ed era mal visto in paese per questo motivo. Alla vicenda, che naturalmente nel film è stata un po’ romanzata, ho cercato di aggiungere tutte le domande che mi porto dietro da tempo».

Una sfida vinta
Un film sullo scetticismo che nello scetticismo si è mosso, in prima battuta nel cercare fondi. «Eravamo un gruppo di giovani sconosciuti – racconta Caruso – e all’inizio nessuno voleva darci credito. L’unico modo per finanziarci è stato il crowdfunding, grazie alla piattaforma Produzioni dal basso che ci ha permesso di raccogliere una discreta somma iniziale, indispensabile per iniziare a lavorare. Durante la raccolta fondi scrivevamo la sceneggiatura».
Anche il Comune di La Morra (in provincia di Cuneo), che ha ospitato le riprese, dapprima si è mostrato un po’ freddo, secondo quanto racconta il regista, salvo poi sposare in pieno il progetto in un secondo momento, dando lo sprint definitivo per la realizzazione della pellicola. Dei circa 2700 abitanti del paese, si sono presentati al casting in quattro o cinque. «Gli abitanti ci hanno accolti con scetticismo – confessa Caruso – o almeno, questa è stata l’impressione». Uno scetticismo che si riflette anche nella sceneggiatura di quest’opera che fa ruotare la vita dei protagonisti intorno a questa sensazione, talvolta tra maldicenze, talvolta tra insicurezze.
Come quando Luisa (Francesca Risoli), una delle pochissime in paese a rivolgere la parola a Gianni, decide di andarsene, in preda al panico dovuto alla fine del mondo. Vale la pena privarsi dell’affetto dei cari negli ultimi (presunti) momenti disponibili per via di incertezze personali?
Senza avere distribuzione, E fu sera e fu mattina ha iniziato un tour in tutta Italia. Il grande lavoro di promozione richiesto per ogni singola uscita ha indotto la produzione a spostarsi di città in città, un po’ per volta. «Le città più calde? Roma e Torino – commenta Caruso – e in particolare il capoluogo piemontese: dovevamo rimanere una settimana e invece, per il pubblico accorso soprattutto per il passaparola, siamo rimasti sei settimane vendendo circa 11mila biglietti».
La pellicola, che finora ha staccato 33mila biglietti, mostra anche una piccola parte del territorio piemontese, con bellissime immagini delle Langhe e molti dialoghi in piemontese (sottotitolati, niente paura). Dopo una pausa estiva, il film tornerà nelle sale a settembre (per sapere dove sarà proiettato, settimana per settimana, si può consultare il sito web www.efuseraefumattina.it).
«Una sfida – si legge nel comunicato di presentazione – quella di fare un intero film con 70 mila euro, 79 tra attori e protagonisti e piccoli ruoli e 500 comparse. Una pazzia: quella di avere come produttori, giovani, studenti, pensionati, persone comuni, che hanno deciso di comprare delle quote dell’opera prima che si concretizzasse, spinti dal passaparola, dalla fiducia o dal semplice desiderio di “investire nella cultura o in un progetto”». Una sfida, possiamo dire, vinta. Se le istituzioni faticano a sostenere la cultura, ridotta a un ruolo marginale, allora la soluzione può essere quella di chiedere un sostegno diretto al pubblico. La cultura dà lavoro e fa pensare, pone questioni e affronta tematiche di vita quotidiana. Se poi, a questo, si unisce la promozione del territorio, un prodotto come E fu sera e fu mattina si può definire un successo dal punto di vista progettuale, imprenditoriale e – ovviamente – culturale. <


Piccole quote
Il crowdfunding (dall’inglese crowd = “folla” e funding = “raccolta fondi”) è un sistema di finanziamento che si è diffuso negli ultimi anni. Consiste nel proporre un progetto e chiedere un finanziamento ai privati cittadini per realizzarlo, che mettendo insieme tante piccole quote riescono ad accumulare somme rilevanti. Esistono diverse piattaforme online che se ne occupano, spesso utilizzando “premi” per gratificare il donatore.

Il crowdfunding trae la propria origine dal crowdsourcing, processo di realizzazione collettiva di un contenuto (ad esempio, la produzione di informazioni sul web da parte dei singoli utenti poi organizzate in un blog). Il principio è creare forza dal pubblico, in un processo che non considera più gli utenti come utilizzatori passivi, ma come creatori attivi. Con modalità diverse, a Torino, si sono mossi prima Palazzo Madama e poi, in queste settimane, il Museo Nazionale del Cinema, che ha aperto un sito web (www.makingof.it) per proporre progetti in crowdfunding per il cinema. Ora è attiva una raccolta fondi per il restauro del film L’udienza di Marco Ferreri, opera del 1972.

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